Quello strano miscuglio di soggezione e nostalgica emozione. Passano gli anni, dalla gradinata (Messina-Cremonese 0-0, 17 marzo 1991) alla sala stampa, con la sensazione sempre viva di un luogo calcisticamente sacro. Messina-Como, la Serie A; quel momento in cui il Giovanni Celeste divenne il passato mai dimenticato di una passione che legò generazioni.
LA DECADENZA – Parte emozionale messa da parte, buona solo per introdurre un argomento che, oggi, torna vivo col progetto firmato Rocco Arena e la sua voglia di tornare a giocare al Celeste. Il trasloco pallonaro al San Filippo del 2004 fu necessario dopo la scalata in Serie A della società dei Franza, forse affrettato e con l’impianto del viale Gazzi lasciato con la promessa di farlo diventare la casa degli allenamenti. La storia è nota, tristemente composta di un lento abbandono se non per brevi parentesi utili a prolungarne l’agonia. Amministrazioni disinteressate e società senza un euro si sono susseguite, tutte complici del lento declino di un pezzo di storia da tutelare o, in maniera spietatamente britannica, da demolire. Le mezze misure non portano a nulla, anche in questo caso il risultato è stato quello di produrre un rudere buono per qualche parentesi sportiva, ma con il cattivo presagio che ogni pallone calciato potesse essere l’ultimo visto. Negli ultimi anni l’investimento più sostanzioso è stato quello del Città di Messina e della famiglia Lo Re, ultimo barlume di normalità ma momentanea. Basta poco, infatti, al Celeste per tornare ad appassire: si salva la sala dei ricordi dello storico Ciccio Currò, oasi in una desolazione che vede qualche luce in una palestra ripulita e qualche servizio attivo. Il resto? Un salasso, forse inutile ma che, dichiarazioni alla mano, l’Fc Messina di Arena intende sobbarcarsi, almeno in parte.
LA POLITICA – Finita con uno scontro dialettico la questione San Filippo, con l’Acr a prendersi la concessione e l’Fc a pagare il canone di affitto (fideiussione a garanzia ovviamente richiesta dal dg D’Arrigo); ora la società di Arena prova a giocare la carta nostalgica (non la prima) del Giovanni Celeste: chiavi consegnate dal Comune e permesso di far partire i cantieri. Lavori da valutare, pesare e analizzare: un progetto non nuovo quello che l’ingegnere Franco Mento racconta nel suo incontro con la stampa. Nel Paese, e nella città, dove tutti sanno far tutto (soprattutto sui social) potremmo anche noi fingerci ingegneri e spiegarvi per filo e per segno i pro e contro del progetto; la serietà ci impone di restare nel nostro terreno e puntare sulle tre/quattro cose che riusciamo a capire. Ironia, inutile, a parte la questione più importante resta quella economica: da valutare, infatti, c’è la disponibilità del Comune (che per gli impianti sportivi a fissato a zero la quota da destinare) ad appoggiare finanziariamente la società di Arena, di contro c’è anche da comprendere la convenienza della stessa a investire in attesa del bando sugli stadi. L’argomento è delicato: il rilancio degli Sciotto e la virata di Arena sul fu Città di Messina potrebbero anestetizzare parte dell’interesse sul produrre velocemente il bando in questione. La realtà finanziaria di Palazzo Zanca, però, non può far rallentare l’iter: le due strutture cittadine hanno bisogno di manutenzione continua e di importanti opere di ristrutturazione. Non solo, perché la cifra, sulla media nazionale, buona per vincere la gara per la concessione donerebbe liquidità importante al Comune oltre al volano economico che potrebbe produrre. Discorso già fatto e meno importante al momento; resta difficile pensare (ma forse non per questa amministrazione), però, che Acr e Fc possano, con concessioni annuali, sobbarcarsi spese ingenti nell’attesa di capire quale futuro burocratico verrà scritto sugli stadi. Qui sta il punto più importante: che convenienza può avere qualunque società a ristrutturare uno stadio se in un domani prossimo lo stesso potrebbe finire in concessione a un’altra società? Discorso valido per San Filippo e Celeste.
I LAVORI – Proviamo a entrare nel dettaglio mettendo da parte la prolissa premessa: il primo punto riguarda il terreno di gioco. Manto erboso lontano ricordo, al suo posto un terriccio pieno di erbacce e incuria che andrà scavato e smosso fino al cemento. Impianto di irrigazione, così dicono, funzionante e pronto per accogliere il nuovo terreno in erba naturale. Forse la cosa più semplice la parte legata al campo, il vero problema resta quello strutturale. Tra una ristrutturazione e un restyling ci passa un mare di differenza, il Celeste andrebbe analizzato nel profondo del suo cuore per capire la realtà di fondamenta e infinite lamiere presenti, figlie di anni meno “verdi” di quelli attuali. L’obiettivo dell’Fc, al momento, pare quello di sfruttare l’impianto come casa per gli allenamenti e solo in futuro puntare all’impiego domenicale. Sulla questione capienza si aprono svariati punti: seggiolini obbligatori nei settori aperti al pubblico, probabilmente Curva Sud e Tribuna Centrale; in quest’ultima occorre rivedere la solidità e le condizioni della copertura che pare segnata dal tempo. Impianto elettrico da valutare per le postazioni stampa, sulla creazione degli skybox soprassediamo vista la totale aderenza – almeno di chi scrive – a una realtà di Serie D che non dobbiamo mai dimenticare. Lavori strutturali anche in Tribunetta Valeria per gli ospiti, oltre a tutti i servizi igienici da adeguare e ben differenziare, pena la disputa a porte chiuse dei match, ma siamo già a un passaggio successivo. Il tutto da parametrare anche, e soprattutto, alla reale numero di presenti sugli spalti: difficile immaginare un fiume di persone, non una questione di campanile ma di semplice aritmetica. Per l’obiettivo allenamenti, infatti, il primo punto resta quello legato al terreno e alle strutture interne. Il sopralluogo della scorsa settimana ci ha dato modo di osservare zone di buona conservazione alternate ad altre da rivedere, non un lavoro così imponente quindi. Legandoci, nuovamente, al discorso delle concessioni annuali e pluriennali diventa chiaro come per l’Fc Messina potrebbe diventare più “conveniente” puntare a un restyling buono per allenamenti e nulla più. I costi? La risposta più ovvia la dovrebbe dare la disponibilità e il budget stanziato, tra l’altro non comunicato, ma la puntualizzazione sulla speranza di un appoggio comunale fa comprendere come non ci sia una strepitosa voglia di svenarsi. Sparare cifre, da parte nostra, diventa inutile, oltre che esercizio per cazzari pressapochisti. Il lavoro c’è: ampio, profondo e mediamente costoso. È iniziata la settimana decisiva per l’inizio dei cantieri (così pare): il presidente Arena ha parlato di un telecamera h24 puntata sui lavori, uno show poco attraente (guardare i cantieri in modalità 3.0, anziani con gli smartphone fatevi avanti) ma alternativo alla richiesta giornaliera di aggiornamenti in merito. Resta, comunque, lo scetticismo su tale possibilità. Si tornerà mai a giocare al Celeste? Difficile o facile non si sa – forse più impossibile che altro -, sicuramente costoso e forse specchio di questa spaccatura calcistica che Messina sta subendo: due squadre, due stadi, tanti appassionati, tanti interessati al male dell’altro e tanti, tantissimi incazzati e disillusi.