Potrebbe sembrare un fulmine a ciel sereno, ma con protagonista Pietro Sciotto ci si trova di fronte all’ennesimo colpo di teatro ampiamente previsto. Un incontro – con qualche punto di vista differente di troppo – serve ad Andrea Gianni per abbandonare il ruolo di direttore generale: dimissioni immediatamente presentate.
EQUILIBRI SOTTILI – Tante anime e tanti caratteri da far andare d’accordo. Il quarto tempo della famiglia Sciotto alla guida del Messina nasce sotto auspici diversi: l’ingresso del sodalizio salernitano, col duo Del Regno-Bove capace di importare capacità gestionali e professionisti del settore. Il lavoro nell’ombra di Fabiani, l’arrivo di Andrea Gianni spinto dalle buone garanzie prodotte dal 30% non siciliano. Un paio di mesi di lavoro, però, bastano proprio al dg per comprendere che il vaso – almeno secondo il suo punto di vista – è già colmo. Visioni gestionali differenti, sicuramente condite da discussioni frizzanti, portano l’ex dirigente di Sambenedettese e Reggina a dire basta. L’ultimo incontro in terra salernitana, infatti, è anche la pagina finale del suo lavoro come direttore generale del Messina. Il secondo della stagione, dato che il ruolo era già stato abbandonato “per motivi logistici” da Pierluigi Di Santo. Un peccato evidente, dato che il lavoro di Andrea Gianni era stato utile a calmierare l’ambiente e organizzare senza inutili fuochi d’artificio. Un buon senso – come avevamo sottolineato – rotto da spigolature, forse, inevitabili. Si rompe, quindi, il primo equilibrio all’interno del Messina 4.0 e non si può far finta che il campanello d’allarme – anche conoscendo uno dei protagonisti – non assomigli più a un fragoroso rumore. Non è da escludere, infatti, che l’addio di Gianni sia il preludio a discussioni – o confronti – ancora più dirompenti. Da quanto accaduto, infatti, si potrebbe pensare che i rapporti tra Pietro Sciotto e i soci salernitani – al netto di possibili smentite di facciata – non sia scandito da visioni sempre condivise (cosa anche naturale tra esseri umani): sospetto (lecito) che nasce, soprattutto, se il primo a decidere di lasciare è proprio l’uomo incaricato a gestire e convogliare il pensiero delle due anime societarie.