Che succede al Messina? Probabilmente nulla di gravissimo, ma sottovalutare gli indizi è il primo passo verso una catena di errori. Rende un indizio, Ragusa una prova: questo campionato non ammette pause o blackout. Neanche contro le ultime della classe.
TROPPO FORTI – Il dominio assoluto del primo tempo della squadra di Raffaele Novelli è evidente, innegabile e non palesava nessuna crepa concreta verso la rimonta ragusana. Semplicemente più forte il Messina, nonostante la superficialità con cui Cretella regalava un rigore. Lai stava a guardare, forse primo sintomo di un pomeriggio di ingiustificato assopimento. Nulla di cui preoccuparsi, almeno questo indicava il tris – immediato – fabbricato dal duo Cristiani-Arcidiacono. A proposito di duetti: che spettacolo il vantaggio col triangolo, aggraziato dal colpo di tacco del numero 9, tra Foggia e Arcidiacono. Freddo Sabatino quando c’è da sbattere in rete il raddoppio, e squadra con quella faccia cattiva che sembra chiudere ogni discorso. Il primo tempo non può essere buttato via, non deve essere dimenticato per quanto accaduto nella ripresa. Il Messina è aggressivo sin dall’inizio, pressa forte e – come visto col Troina – vuole indirizzare subito la sfida. Ci riesce, perché all’intervallo la sensazione è quella che la distanza potesse essere ancora maggiore. Un primo tempo fatto di giocate di tecnica, di squadra e con la capacità di coinvolgere tutti i protagonisti in campo. La crepa, invece, c’era e rimaneva nascosta nella mente emotiva di una squadra non sempre continua.
TROPPO BRUTTI – Interruttore schiacciato e Messina spento. La gestione delle sfide diventa un problema per la squadra di Novelli: incapace di reagire, immediatamente, ai problemi a Rende e senza alternative contro la muraglia del Licata. Piccoli sintomi, ancora, perché il primato in classifica dice che i giallorossi abbiano più pregi che difetti. Questi, però, vanno pesati e mai sottovalutati. Facile, oggi, gettare la croce sul giovane Lai: portiere mediocre ma che non può e deve sopportare il peso della mancata vittoria. E, invece, dai social arrivano spifferi e sentenze ineleganti su un ragazzo di soli 20 anni. Un portiere che dovrebbe rimettere in fretta i guantoni e non venire travolto dall’onda emotiva. La papera è tale, inutile girarci intorno, ma lasciava il Messina in vantaggio di un gol. L’atteggiamento, però, era già cambiato: squadra più bassa, meno cattiva, campo lasciato agli avversari e Novelli che inizia a pescare difensori e mediani dalla panchina. Troppo impaurito? Facile dalla poltrona, ma il polso della squadra – probabilmente – suggeriva al tecnico campano di serrare le fila senza troppi fronzoli. Non è bastato, perché era il cuore della squadra a essersi fermato. Gli sprazzi ci sono stati, col palo di Vacca a gridare vendetta, ma la facilità con cui il Marina di Ragusa ha trovato il coraggio di andare a giocare negli ultimi 25 metri della capolista resta evidente. Il 3-3, alla fine, premia la volontà di fare contro quella di rimanere a galla.
COLPA DI TUTTI – Pochi i 5 punti nelle ultime quattro uscite, soprattutto perché gli avversari sul cammino non erano di quelli impossibili. Un solo punto tra Rende e Ragusa è, obiettivamente, poco con l’aggravante delle 6 reti subite. Come gli zero tiri in porta contro il Licata. La gara col Troina, però, non era un’oasi in un deserto di prestazioni: prestazione vera, dura, concreta, cattiva dal primo al novantesimo. E allora? Ci sono anche gli altri in campo, cosa che dalle parti di casa Messina sembra aver capito solo Novelli. Il tecnico, infatti, segnala sempre i pregi degli avversari e non si sorprende quando li vede colpire. Più sorpreso, a volte, nell’assistere ai passaggi a vuoto dei suoi ragazzi. Incolpevole? Impossibile, perché il calcio è gioco di squadra totale e l’allenatore conta. Novelli le sue pecche, comunque, le mostra nel momento di un undici iniziale senza rotazioni. Da Rende a Ragusa i cambi, infatti, sono pochissimi e quasi tutti per squalifiche e acciacchi. Rispetto al Licata, poi, l’unica differenza è il rientro di Lomasto dopo la squalifica. L’allenatore è Novelli, decide lui perché allena e vede i ragazzi. Premessa fatta, però una rosa così profonda – sulla carta e nelle parole di chi l’ha costruita – andrebbe sfruttata in maniera meno avara. Un pareggio con il retrogusto della sconfitta, che deve alzare l’asticella dell’attenzione ma che non può e non deve lasciare spazio a drammatizzazioni tipiche dei gruppi affetti da fragilità (anche social). Caratteristica che, questo Messina, non aveva mai mostrato fin qui.