Conta solo vincere. Campionato arrivato nella fase di discesa verso il traguardo, il momento in cui i calcoli finiscono in soffitta. Il Messina sbanca Paternò grazie a un quarto d’ora da squadra di categoria superiore – frutto del contraccolpo di una necessaria sostituzione -, quanto basta per alimentare la classifica e tratteggiare la parola C.
TEMPO REGALATO – Sbaglia tutto Novelli nello scegliere Saindou in regia e rimandare il 4-2-3-1 ad altri momenti della sfida. Sbaglia perché il giovanissimo francese non ha ritmo partita, disabituato al campo e senza le qualità necessarie per venire fuori dalle sabbie mobili di una sfida tanto complicata. Il Messina passa un tempo a chiedere a Lomasto e Sabatino di trasformarsi in registi, il Paternò ci mette un attimo a stringere i suoi tre centrali su Foggia e lasciare alla periferia della partita Cunzi e Bollino. Un paio di palloni persi e Saindou non viene più coinvolto. Cristiani e Vacca provano a cucire, ma le distanze non ci sono. Pressa con vigoria la squadra di Catalano, ma è un pressing difensivo che vuole tenere lontano il Messina dalla porta di Cavalli. Le assenze pesano: quella di Aliperta sicuramente, quella di Giofrè di più. Perché dalla parte di Izzo si balla. De Marco sfonda senza problemi, diventando protagonista del remake del film visto col Dattilo quando a Pace bastarono due finte per disorientare il numero 34 giallorosso e pennellare per Di Giuseppe. Stavolta è Di Stefano a segnare, trafiggere un Caruso senza colpe e bruciare un Lomasto spiazzato dalla facilità con cui arriva il cross. Troppo facile incensare quando le cose vanno bene e dimenticare il processo inverso quando gli errori sono evidenti. Il Messina butta un tempo, soprattutto per colpa di Novelli: le assenze non dipendono da lui, le scelte sì. Il 4-3-3 senza la regia non funziona, nemmeno col tentativo di schermare con Saindou e impostare con Sabatino. Non funziona perché il Paternò sovrasta in intensità la mediana giallorossa e sfrutta la freschezza delle due punte per pressare.
TEMPO AGGREDITO – La confusione – stranissima – di Novelli dura un tempo. Saindou è bocciato – pagherà anche colpe non sue, ma tant’è -, entra Cretella e si passa a un quartetto offensivo libero da costrizioni tattiche. Conta poco, infatti, il punto di partenza di Bollino o Cunzi, perché le 4 punte hanno caratteristiche di grande mobilità. La ripresa inizia, quindi, cercando di togliere riferimenti agli etnei. Sembra cambiare poco, ma ci vuole tempo perché il vantaggio ha serrato la squadra di Catalano. La paura di vincere è il peggior alleato per chi non è abituato, così il Messina approfitta del bisogno del Paternò di portare a casa la vittoria e indossa gli abiti della pazienza. Giallorossi consapevoli della propria forza, consci che una volta aperta la falla sarebbe crollata la diga. Bollino balla in orizzontale per giocare in verticale: il suo movimento sposta e spazza via le le linee di Catalano, il resto è compito di Foggia. Il numero 9 non sembra capace di sbagliare sotto porta. Pareggio fa rima con vittoria: non può resistere il Paternò, lo suggerisce la maniera slegata con cui approccia all’azione della rete di Foggia. Persi riferimenti, distanze, fuori posizione ad ammirare la giocata di Bollino. Il numero 10 frusta un corner sul primo palo, Lomasto si fa perdonare della rete dello svantaggio e manda l’ennesimo messaggio stagionale: “Tutti utili, nessuno indispensabile”, perché questo Messina trova nella forza del gruppo il suo vero leader. Le assenze pesano nel momento di mettersi in campo. Quando, però, c’è da dare un pugno più dell’avversario nessuno si tira indietro per nascondersi dietro a facili scuse di repertorio.
*fonte foto: Acr Messina – ph. Furrer