Un disastro, verrebbe da dire analizzando i risultati del settore giovanile. Ultimi o quasi nei rispettivi tornei, l’annata da incubo dei vari segmenti del vivaio peloritano induce a riflettere. Ma di mettere sulla griglia delle chiacchiere da bar giovani calciatori e staff tecnico proprio non ce la sentiamo. Scarsi? No, c’è altro.
ALLENAMENTI – Difficoltà eterne quelle delle società che si sono succedute nella città dello Stretto. Il punto della questione è sempre lo stesso: carenza di campi e infrastrutture che condiziona pesantemente il lavoro settimanale non soltanto del settore giovanile, ma anche della prima squadra. A pagarne maggiormente le conseguenze sono però i più giovani fra i calciatori giallorossi, costretti a spostarsi nella provincia (Venetico) per potersi allenare. Salti mortali quelli dei tesserati impegnati, non senza difficoltà, a far conciliare impegni di studio con gli allenamenti pomeridiani: a fare da spola tra la città e la provincia è un pulmino messo a disposizione dalla società (uno per tre squadre), sebbene lo staff lamenti considerevoli ritardi che vanno inevitabilmente ad incidere su qualità e tempi delle sedute. Per non parlare poi del periodo invernale quando, mancando l’illuminazione nell’impianto di Venetico, bisogna far presto, prima che faccia buio. Maglie contate, campi senza luce: il pallone chi lo porta?
LA PAZIENZA – Diplomatici sì, fessi no. Salvatore Principato, Giuseppe Spada e Antonio Crisafulli, rispettivamente allenatori di Berretti, Allievi e Giovanissimi, a passare per incompetenti non ci stanno. Non un j’accuse nei confronti della società, che anzi viene unanimemente assolta (per questa stagione) per le oggettive difficoltà legate alle vicissitudini che hanno preceduto l’ufficializzazione del passaggio di consegne da Pietro Lo Monaco a Natale Stracuzzi e che hanno rallentato un po’ tutto il carrozzone; tuttavia lecito è aspettarsi qualcosa di più nell’anno che verrà, anche perché continuare in questo stato non ha senso. “La problematica non è legata alla società Acr, logisticamente Messina non offre impianti tali da poter accogliere un settore giovanile degno di una società professionistica. Tuttavia – commenta Principato – queste difficoltà non permettono a noi allenatori di lavorare nei modi e nei tempi giusti. Se Messina avesse un centro sportivo le cose sarebbero diverse”. E invece, allo stato dei fatti, la Berretti ha dovuto allenarsi a Venetico in un impianto fatiscente e lontano dalla città, con evidenti ripercussioni sulla preparazione atletica. Tutto questo fino a dicembre, quando è stato raggiunto un accordo fra prima squadra e berretti per interscambiarsi al Celeste. “Certo, per il prossimo anno spero che sia già in essere un minimo di programmazione, se così non fosse non ci potremmo ritenere soddisfatti. Ritengo comunque che le competenze nella società non manchino, a partire dal nostro direttore sportivo Argurio. So che faranno il massimo in questo senso”. La chiosa del tecnico è un suggerimento alla proprietà: “Chi ama i colori giallorossi e approfondisce un po’ di più sa che il settore giovanile opera con difficoltà di non facile soluzione. La butto là, magari con l’esproprio di un terreno e la costruzione di un centro sportivo…”. Giuseppe Spada, che tiene a precisare di “non essere un ragazzino”, si accoda al pensiero del collega e non dà colpe a nessuno, facendo di necessità virtù: “Qui manca tutto, ma diamo tempo al tempo. Si può fare tanto anche con poco, credo che la cosa più importante sia la programmazione, almeno biennale. Nel passato abbiamo fatto veramente bene, soprattutto con la Berretti, poi è successo quel che è successo”. La strada però è solo una: “Bisogna cominciare a pensare ad un centro sportivo, quello è il futuro. Con tutto il rispetto per il “Celeste”, una cattedrale, ma è in condizioni inaccettabili. Giusto concentrarsi sulla prima squadra, ma le strutture sono troppo importanti. Spero che si prenda posizione in questo senso, se non per il prossimo anno, per il futuro a breve termine”. Sullo stesso binario, infine, il parere di Antonio Crisafulli: “Non è accettabile che nel 2016 non ci sia un centro sportivo a Messina, fermo restando che le colpe non sono della società attuale. Credo però che qualsiasi società voglia fare calcio debba procedere in questa direzione”. Irrintracciabile Roberto Buttò, responsabile del settore giovanile.
“CELESTE” O MARRONE? – Non è tutto fango quel che luccica. O forse sì. È marrone il colore del “Celeste”. Ossimoro? No, un dato di fatto dal momento in cui nel vecchio rudere che ha fatto la storia calcistica di questa città e che, impropriamente, continua a farla, piuttosto che spiccare il verde del prato è la terra nuda e cruda a far da padrona. Storia nota direte, eppure è li che prima squadra e Berretti preparano gli impegni del fine settimana o addirittura, come nel caso del settore giovanile tutto, si disputano le gare ufficiali. Un campo impraticabile, più volte documentato dal materiale fotografico di CornerMessina. Un terreno di gioco che diventa terreno di battaglia e non solo, purtroppo, metaforicamente.
MANFREDI – Se il direttore sportivo Christian Argurio preferisce posticipare le attenzioni sul settore giovanile per puntare i riflettori sul “primario” obiettivo salvezza della prima squadra, rimbalzando eventuali chiarimenti ai vertici giallorossi, è direttamente il direttore generale Raffaele Manfredi ad assicurare lo staff tecnico e esprimere la volontà di recuperare il terreno perduto: “Sarebbe troppo facile accampare scuse, ma vi assicuro che quando siamo subentrati non c’era neanche un pantaloncino da dare ai ragazzi. Nelle prossime settimane presenteremo un progetto dedicato esclusivamente al settore giovanile, del quale vogliamo avere grande cure. A partire dalla prossima stagione, infatti, abbiamo intenzione di recuperare delle strutture cittadine ad oggi in gran parte abbandonate, per le quali ci sarà un grosso investimento. Vogliamo che nel futuro almeno un quinto della prima squadra sia messinese”.
IL FUTURO – A fare la differenza sono progettazione, volontà e qualche quattrino. Puntare sulle risorse interne e guardare in casa propria, in un momento di forte recessione, sembra il minimo indispensabile. Così hanno fatto società come Trapani, Crotone, Benevento e tante altre realtà medio-piccole, senza dimenticare Catania e Reggina, realtà entrambe dotate di un centro sportivo all’avanguardia dove sono confluiti numerosi talenti messinesi. Messina, se vuoi navigare in questo mare tempestoso devi diventare nave e non restare zattera che imbarca acqua. Perché il calcio non è più il mare calmo della sera.