Atto primo, il tocco di Re Artù: note positive dal match di Monopoli

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Pubblicato il 21 Settembre 2015 in Primo Piano

Dal “Veneziani” di Monopoli al “Vigorito” di Benevento.  È già transizione, un passaggio lampo dalla prima alla seconda uscita stagionale del Messina. In mezzo due giorni per metabolizzare i contenuti di un esordio che porta in dote un punto e una bilancia che pende dalla parte delle cose buone. Nessuna illusione, sia chiaro: quella di Di Napoli è una squadra in divenire, un gruppo alla ricerca di punti saldi, di leader a cui dare un nome e un volto. E poi di un’ossatura di base. Piedi per terra, quindi. Anche perché c’è un altro aspetto che non va sottovalutato: il Monopoli di Tangorra, nel girone C di Lega Pro, era il miglior avversario che si potesse affrontare, almeno per il momento. Soprattutto se la tua è una macchina in pieno rodaggio e col freno a mano tirato per via di una condizione fisica approssimativa e di un’impalcatura tattica ancora da assimilare, e in parte da delineare.

PROGETTO DI NAPOLI – Eppure quelli che erano a caccia di un barlume d’identità tattica, ieri non sono rimasti a bocca asciutta. Il Messina, andato in scena con l’ormai consueto abito tattico a tre punte, ieri a tratti ha dato un assaggio di un pranzo domenicale che potrebbe diventare consuetudine per la tifoseria giallorossa. Due situazioni in particolare, che peraltro il nostro Francesco Certo aveva già preventivato nel suo pezzo di tattica della vigilia. Primo minuto: Bramati riceve sulla trequarti e scodella in diagonale senza guardare. Pronto a ricevere c’è Fornito, che arriva bene all’appuntamento col pallone ma non trova la coordinazione ottimale per piazzare la stoccata. Dinamica simile, almeno nella parte finale, all’azione che porta alla traversa di Carmine Giorgione.  Burzigotti lancia lungo per la “torre” Tavares. Spizzata per Dario Barraco, che apparecchia con stile e precisione per l’accorrente Giorgione. Poi la traversa, ma questo c’entra poco. Quello che conta è la trama. E poi due o tre cose interessanti. Primo: Di Napoli là davanti vuole una squadra che attacchi almeno con cinque pedine; secondo: in quest’ottica diventa fondamentale la licenza di offendere consegnata senza remore ai due interni di centrocampo, slot ieri occupati da Fornito e Giorgione, guarda caso. Terzo: per dare sostanza a questa idea di base era necessario dotarsi sulle corsie alte di due esterni “impuri”. Il Messina dal mercato ha pescato bene: Padulano e Barraco (senza dimenticare Gustavo) sono fondamentalmente due trequartisti prestati alle fasce. Che anziché cercare la profondità sugli esterni, provano sempre ad accentrarsi, per fare densità nella zona di fuoco e aprire corridoi alle velleità offensive dei centrocampisti. Ed è per questo che “Re Artù” li schiera a piede invertito. L’ingranaggio è ancora in rodaggio, ma la sensazione è che possa funzionare.

Monopoli-Messina

TERZA LINEA IN CHIAROSCURO – Tutto qui? No, perché dal match di Monopoli possiamo estrapolare qualche altro elemento che alimenta se non i sogni di gloria, almeno la consapevolezza crescente che questa squadra possa raggiungere anche un buon livello di solidità. Capitolo strettamente connesso alle prestazioni della retroguardia. Prendi Berardi: ieri il portiere romano ha risposto presente, e in occasione del goal di Croce poteva fare ben poco. È esente da colpe. Da rivedere gli esterni bassi, ma ci sono alternative a iosa e il tempo utile per raddrizzare quello che non va. In mezzo? Martinelli ha fatto bene, Palumbo anche. Poi l’ingresso di Burzigotti, macchiato da un’espulsione evitabile, ma indirizzata verso il cartellino rosso da una sorte avversa. Ingenuo il primo fallo, sfortunato il secondo, perché in quell’occasione l’ex Grosseto è incappato in uno scivolone. L’alibi c’è, e va considerato.

PAGINA DUE – Valigie pronte, direzione Campania. Col Benevento cambiano le proporzioni, perché l’asticella della difficoltà teorica schizza irrimediabilmente verso l’alto. Tra il Monopoli e la squadra di Auteri balla una distanza di oltre tre milioni nel valore complessivo dei rispettivi organici, cartellini alla mano. Eppure proprio la recente storia del Benevento insegna che in terza serie il livello della spesa non è sempre garanzia di successo. Ieri a Monopoli un altro indizio ha finito con l’alimentare questa tesi. In riva allo Stretto aspettavamo famelici il nome da copertina: Sforzini, Guazzo, Evacuo, addirittura Vukusic. Alla fine è arrivato Diogo Tavares da Lisbona. E alla prima palla utile, l’ha messa nel sacco senza pensarci due volte.

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