C come… Messina

Pubblicato il 7 Luglio 2021 in Primo Piano

I riferimenti all’ultimo verso dell’Inferno della Divina Commedia – “e quindi uscimmo a riveder le stelle” – sono ormai slogan fisso di ogni promozione, figuriamoci nell’anno del VII centenario della morte del Sommo Poeta.

PRIMA LA STABILITÀ – D’altronde, mai come in questa stagione la D si è rivelata realmente una bolgia infernale e anche le temperature atmosferiche che hanno accompagnato le ultime, incredibili giornate di campionato ricordavano molto da vicino quel contesto. Altra caratteristica dei salti di categoria, almeno in piazze particolarmente ambiziose qual è storicamente Messina, è l’idea che la nuova serie non debba essere punto di approdo, ma semplicemente di passaggio. D’altronde, per chi ha vissuto la cavalcata dell’era Aliotta, è quasi naturale pensare che non possano esistere, tra D e C, annate da vivere in retrovia. Ma i tempi, ahinoi, sono profondamente diversi e, se non si è in grado di fare i conti con le reali dimensioni dello scenario in cui ci si muove, non si riuscirà mai a trovare quella dimensione di stabilità e programmazione indispensabile per mirare più in alto. Chiaramente non è in discussione la passione della piazza. Quella, anche in palcoscenici ancora più nobili, resterà sempre e comunque fuori categoria.

STRUTTURE NECESSARIE – Tuttavia, non è (solo) con la passione che si ottengono le promozioni. Occorre fare i conti con tanti altri fattori. Innanzitutto, un problema di carattere strutturale e, in tale prospettiva, forse non avremmo meritato nemmeno la D: prova ne sia il fatto che non si è riusciti a garantire l’accesso al pubblico anche quando era consentito, nonostante le dimensioni del “S. Filippo”. Per non parlare della necessità per il Messina di emigrare a S. Teresa durante la maggior parte della settimana, trovando libero un campo per allenarsi grazie anche al fatto che la squadra di casa è rimasta a lungo ferma a causa dello stop all’Eccellenza. C’è, ancora, la variabile legata alla continuità di un progetto tecnico. Su questo versante la base di partenza appare buona, ma comunque da verificare ex novo a un livello completamente diverso rispetto alla quarta serie.

LE BASI PER IL FUTURO – E, poi, c’è il fronte economico. Abbiamo visto, nell’era Stracuzzi-Proto, quale bagno di sangue sia in tal senso la C. È vero che alcune riforme hanno portato dei correttivi, la spesa a fondo perduto però resterà comunque notevolissima, specie se si considera il roster delle protagoniste ai nastri di partenza. Basta guardare le difficoltà che, da anni, stanno attraversando nella vicina Catania. Tra l’altro, i controlli sullo stato di salute finanziaria saranno continui e rigidi: niente a che vedere con la D. Eppure, c’è addirittura chi ancora pensa che Messina possa permettersi non una, ma addirittura due squadre anche in C! Follia. E, allora, bisogna prendere atto come in questo momento la terza serie sia un traguardo importante e, soprattutto, un patrimonio da difendere. È il palcoscenico, piaccia o no, adatto – nel momento storico che stiamo vivendo – a questa città. Almeno, per adesso. È pur vero che il calcio riserva sorprese e inattesi miracoli: in tal senso guai a non sognare. Contemporaneamente, però, la parola salvezza non suoni certo come vergogna.

*fonte foto: Acr Messina – ph. Furrer

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