Fc Messina, la lista dei colpevoli

Pubblicato il 19 Ottobre 2020 in Primo Piano

Se dovessimo compilare le pagelle della sfida del Football Club Messina, arrivati alla voce “Rigoli” saremmo costretti a un poco gradevole “non giudicabile”. Non una carezza speciale al tecnico, ma la presa di coscienza che un paio di allenamenti non possano dire, assolutamente, nulla.

LA SQUADRA – Le pagelle, però, non ci toccano. Allora, spostare l’attenzione dal tecnico alla squadra diventa esercizio necessario: l’esonero di Gabriele ha tolto via il paravento, è stata usata la buona scusa delle prestazioni e il cambiamento, nella storia del calcio, è spesso tornato utile per la famosa scossa. In Cilento, però, il Fc Messina non ha mostrato nessuna reazione emotiva. Tornando – per poche righe – a Rigoli possiamo notare che il suo tocco non sia stato morbido: cambio di modulo e, soprattutto, bocciature secche a partita in corso. Non possiamo, però, imbatterci nella superficialità di un’analisi basata su tattica e scelte. Quello che si chiedeva – o almeno lo chiedeva la società in primis – era una reazione mentale, da far riflettere nella prestazione, anche, andando oltre al risultato finale. Il pareggio senza reti, infatti, ha mille padri e da tanti punti di vista può essere accolto in maniera non devastantemente negativa. Il Santa Maria Cilento, infatti, è matricola solo di nome dato un tridente di tutto rispetto, a questo va aggiunta la difficoltà – che tornerà in stagione – di un campo di gioco minimalista. Come detto, però, non è importante lo 0-0 o un Balistreri chiaramente invisibile. A mancare – nel Football Club Messina – è stata, nuovamente, la capacità di mostrarsi squadra convinta e decisa. Tiri in porta non pervenuti, con i padroni di casa che – a conti fatti – possono recriminare per una bella parata di Marone e un fallo di mano di Aita pochi istanti prima del triplice fischio. Provando – a fatica – a tenere a bada l’istinto di analizzare gli episodi nel dettaglio ci si limita a constatare che le reti in trasferta, fin qui, sono 0. Stesso numero per quelle arrivate su azione manovrata: le 3 realizzate, infatti, sono figlie di due mischie da corner e un rigore. Per ritrovare una rete su azione – e anche qui sentiamo una sensazione di déjà-vu nel scriverlo – bisogna tornare al gol di Alessandro Marchetti nel 3-0 rifilato al Biancavilla il 26 gennaio 2020. Riflettere, allora, sul rendimento di una rosa incomprensibilmente impegnata nel compiere passi indietro non è così errato.

LA SOCIETÀ – Lo scorso anno, il Football Club Messina, aveva fatto 30. Nell’analisi generale i passaggi per andare oltre erano ben chiari. Invece di fare 31, però, Arena e compagnia hanno fatto 29. Tornare sulla costruzione, purtroppo, è obbligo necessario. Purtroppo, perché resta abbastanza noioso ripetersi. Analizzando tanti post gara del campionato passato – almeno qui – si sottolineava una certa sterilità offensiva. La soluzione, facile, era quella di un attaccante strutturato e su cui poggiare il gioco. Sbagliando, è facile pensare che la Serie D – intesa come categoria – incida sulla valutazione del gioco del calcio. Il calcio, però, è sempre lo stesso dalla Serie A alla Terza Categoria: a cambiare sono gli interpreti. Pur essendo la Juventus di Ronaldo e Dybala, infatti, i “grandi esperti” convenivano che la svolta per i bianconeri passasse da un riferimento offensivo diverso. Una punta su cui appoggiarsi, magari per dare il tempo alle mezze ali di accorciare, liberare spazio agli esterni e via dicendo. La deriva juventina potrà sembrare inopportuna – soprattutto parlando in casa di un torinista -, ma rappresenta l’esempio plastico di come nel calcio le cose fondamentali restano simili. Il centravanti nel Football Club Messina c’è, eccome se c’è. Il problema – come detto anche altre volte – resta la qualità. A Gabriele sono stati sottratti Brunetti e Correnti, non una banalità perché il suo 4-4-1-1 tutto coperture preventive e contropiedi mirati era pompato dalla benzina che questo tipo di calciatori sapeva far bruciare. La rosa è diventata profonda ma poco incline alle idee del tecnico. Lo stesso allenatore, poi, è stato sfiduciato negli atteggiamenti da ambiente e parte della dirigenza. I calciatori, spesso, sono spugne e, anche inconsciamente, assorbono. Il piattume prestazionale ha due colpevoli: l’incapacità di Gabriele di leggere la rosa e una rosa incapace di mostrarsi grande squadra. Il mezzo fallimento del campo (nelle prestazioni), però, ha un colpevole solo: la società.

I SINGOLI – Pino Rigoli non è stato fortunato. Arriva a settimana inoltrata e deve esordire su un campo che darà fastidio a molti. Quando può preparare la settimana tipo, poi, vede come traguardo la stracittadina contro un Messina gasato da prestazione e vittoria col forte Acireale. Non il quadro ideale per lavorare – e profondamente – su un gruppo che va ri-motivato e ritmato su idee di calcio nuove. Il rientro di Coria va forzato, perché la sfida contro la Polisportiva ha chiarito che di qualità a disposizione ce n’è poca. Oscillando – come amiamo fare – tra presente e visione generale, allora, pensiamo a un Rigoli che prende coscienza di calciatori a cui concedere una ventina di minuti. Gaspar, innocente vittima, paga l’estrosità di una costruzione di rosa che tende a sorprendere e scommettere. Se Bevis era stato un jackpot, osare nuovamente non era consigliabile. A queste operazioni esotiche, poi, va aggiunta una presenza di giovanotti del Torino che, palesemente, devono ancora calarsi in un campionato durissimo come questa D. Se su Ricossa si può già puntare, sembrano ancora acerbi Garetto e, soprattutto, Aita (per sacrificare Casella poi!). Ecco, allora, che il fiore all’occhiello della scorsa stagione – gli under – diventano un piccolo problema in questa. Girarci intorno, infine, è davvero inutile: il mercato del Football Club Messina è insufficiente. Se dopo quattro giornate, infatti, la lista dei difetti doppia quella dei pregi non c’è bisogno di aggiungere altro.

LE PAROLE – Per i processi è presto. Anzi, prestissimo e forse – a qualcuno – potrebbe sembrare eccessivo calcare così la mano. Il Football Club Messina, però, partiva col grosso vantaggio di aver confermato le certezze e di sapere – con estrema esattezza – dove intervenire. Il chirurgo, quindi, l’intervento non sembra averlo eseguito con precisione. Il paziente cammina, ma per correre ci sarà bisogno di una lunga fisioterapia. Rigoli deve gestire un gruppo dal potenziale importante, nonostante pecche palesi e calciatori che rischiano seriamente di essere lasciati per strada. Il suo compito deve, poi, andare oltre alle parole e ai proclami macchiettistici che hanno accompagnato il Football Club Messina in questo anno e qualche mese di corso areniano. Fissare come obiettivo la vittoria del campionato è lecito oltre che giustissimo. Una società ambiziosa, infatti, non deve nascondersi dietro il basso profilo quando soldi e prospettive (vedi bando Scoglio) dicono altro. Le parole, però, non basta incorniciarle bene in una presentazione di inizio anno o gettarle, un tanto al chilo, su qualche social. Le parole, quelle concrete, vanno dette oggi che le cose non vanno come proprio la società aveva immaginato. Rigoli si è presentato con accanto il solo Grabinski – sempre gradevole -, un po’ troppo poco per chi sventola un organigramma tanto strutturato.

*foto tratta dalla pagina Facebook ufficiale del Football Club Messina

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