La colonna sonora che meglio sembra racchiudere il momento giallorosso andrebbe affidata a Riccardo Cocciante, il quale non avrebbe difficoltà a rispolverare una strofa di un suo successo degli Anni ’70: “Era già tutto previsto, fino al punto che sapevo…”.
VERSO IL BASSO – Che si tornasse, come ogni anno, allo scenario di una proprietà isolata e che procede in direzione ostinata e contraria rispetto a tutti (dirigenti – ormai ex – e tifosi) era sinceramente esercizio di pessimismo in estate, ma sostanzialmente certezza già dopo due mesi di campionato. Solo gli illusi infatti potevano non comprendere le decisioni di Sciotto, ed i conseguenti effetti, esplicitate nelle dichiarazioni post tracollo contro l’Fc. Quanto fossero avventate certe scelte lo dimostra l’ennesimo dato attraverso il quale si può leggere la discesa verso la bassa classifica di Crucitti e compagni. Proprio l’Fc, vinta quella partita, era a pari punti con i giallorossi. Anche loro hanno cambiato allenatore nel frattempo, ma la conclusione è che adesso sono 7 punti e 5 squadre più avanti, in piena zona playoff e con il terzo posto nel mirino. Se il paragone a qualcuno può sembrare malizioso, basta cambiare squadra: la Cittanovese, sempre alla 10° giornata, era 4 punti indietro e quint’ultima. Oggi è 5 punti avanti e a -1 dai play-off. Ancora più clamoroso quanto fatto dal Savoia: mentre Sciotto preannunciava l’apocalisse che sarebbe avvenuta a dicembre, i campani erano appena a +3 dal Messina, oggi continuano a giocarsi la promozione diretta.
OCCASIONI PERSE – Bastava crederci, insomma. Se non dopo la tempesta della stracittadina che aveva (comprensibilmente) gettato nella depressione più cupa tutto l’ambiente, almeno alla vigilia dell’apertura del mercato invernale, quando il Messina, battuto il Nola, era lì: ancora a -6 dal secondo posto e con la trasferta di Torre Annunziata da affrontare. Invece, apocalisse doveva essere ed apocalisse è stata. L’aziendalismo zemaniano ha attenuato i contorni di una campagna di (presunto) rafforzamento che, incassata anche la sconfitta di Acireale, costringe a riproporre le solite analisi: la squadra gioca soltanto un tempo, ha limiti di personalità e fisici, i singoli commettono inspiegabili errori individuali, sotto porta manca il giusto cinismo, ecc.. D’Arrigo & Co. hanno scelto un addio soft nei toni. La loro vera colpa è stata – in perfetta buona fede – quella di avere pensato, in estate, di avere lanciato una scialuppa di salvataggio al calcio messinese, ma in realtà la scialuppa è stata utilizzata dalla proprietà solo per superare l’impasse in cui si trovava in seguito alla frattura con la tifoseria organizzata.
GRANDI CLASSICI – Con l’uscita di scena dello staff ex Camaro, l’avvio della contestazione dei tifosi, però, si ripiomba nel solito labirinto. Qual è il futuro del calcio a Messina? Chi deve programmare cosa? Il sottile filo che oggi ci tiene legati al calcio giocato è rappresentato dalla calma di Zeman e dal suo volere concentrarsi soltanto sulle dinamiche del campo. Per il resto, la consueta valanga è partita. E fa sorridere amaramente ripensare ai discorsi di due settimane fa relativi all’affidamento del “Franco Scoglio” all’Acr anche per la stagione successiva, in ottica ripescaggio: ma mi faccia il piacere, direbbe Totò… Per chiudere il quadro dell’“era già tutto previsto”, in verità, mancano ancora la dichiarazione anema e core di Paolo Sciotto, l’appello ai tifosi e i proclami di rilancio, sempre però rigorosamente nell’ottica della spending review. Poi sarà la volta delle minacce di abbandono, ecc.. Per il finale, anche stavolta pochi dubbi. Cocciante sceglierebbe, ripensando al tempo e ai presidenti del passato (e senza alcun riferimento al quadro attuale, per non ingenerare equivoci): “Celeste nostalgia”…