Un detto popolare raccomanda di non buttare via l’acqua sporca con tutto il bambino. Una metafora che sembra calzare a pennello per un Messina che si affaccia al mercato dicembrino, portandosi dietro una prima parte di stagione assai travagliata.
LA SCHIETTEZZA – Con risultati, però, migliori – è un dato oggettivo, che non può essere ignorato – rispetto alle due annate precedenti: una media punti di 1,64, contro l’1 e l’1,07 dei tornei passati, quando di questi tempi si pensava seriamente alla necessità di raggiungere la salvezza. A lanciare il tema è stato, dopo il sacrosanto successo con il Nola, il tecnico Zeman il quale, come da tradizione di famiglia, fa della schiettezza un suo punto di forza. “L’epurazione – ha detto – ci sarà, perché non sono io a comandare e i soldi non sono i miei”. Più controverso un altro passaggio: “Bisogna capire se vale la pena spendere tanto per arrivare quinti”. Andiamo con ordine, partendo dalla prima considerazione.
FIDUCIA IN ZEMAN – Qualunque sia l’etichetta con cui si vorrà fare passare un’eventuale strategia di mercato in cui si preveda il taglio dei contratti più onerosi – a prescindere da qualsiasi considerazione tecnica – e l’arrivo di giocatori con stipendi di livello ben inferiore, non c’è dubbio che si tratterà di ridimensionamento. Ci vengano risparmiati, in questo caso, equilibrismi linguistici (tipo “spending review”) e lezioni di economia aziendale, perché si rischierebbe di cadere nel ridicolo. Che alcuni elementi siano stati deludenti è indiscutibile; che tra questi ce ne siano diversi su cui la società aveva investito parecchio è altrettanto indubbio. Ma è contro la logica calcistica immaginare epurazioni di massa in una rosa che, comunque, ha la possibilità di raggiungere un obiettivo che, pur non essendo la vittoria del campionato (difficilissima da raggiungere già a inizio stagione, quando il Palermo venne inserito nel girone), potrebbe lo stesso portare il Messina in C. Soprattutto, una volta trovato l’allenatore in grado di dare alla squadra un’impronta vincente, non si può ragionare solo in termini economicistici. Che sia Zeman a dettare la linea del mercato: la fiducia, in un mese, l’ha guadagnata sul campo e ormai ha un quadro preciso della situazione. Gli si diano quegli strumenti che ritiene opportuni per fare esprimere il Messina al meglio, senza costringerlo a rivoluzionare quanto fatto in queste settimane (fruttato 3 vittorie su 4).
BASTA RIPARTENZE – Veniamo al secondo punto, quello relativo alla convenienza di fare investimenti per arrivare al quinto posto. Innanzitutto, non capiamo perché il Messina non possa puntare più in alto della quinta piazza. Poi, ricordiamo che – al di là della classifica – c’è una passione, di cui abbiamo avuto continue dimostrazioni dai tifosi, da rispettare. Volendo entrare nel dettaglio dei conti, infine, va affrontata una discussione magari impopolare, tuttavia necessaria: il monte stipendi del Messina quest’anno è pari – dato sventolato urbi et orbi al momento dell’esonero di Obbedio – a 600mila euro. Una cifra importante, ma inferiore a quella spesa da altre formazioni (sicuramente Palermo e Savoia, molto probabilmente Giugliano e Fc Messina). Una somma lontana da quelle che si stanziano per provare ad “ammazzare un campionato”. Nel calcio non sempre bilanci finanziari e tecnici vanno di pari passo, tuttavia sicuramente, se ridimensioni il budget, è più probabile che i risultati peggiorino piuttosto che migliorare. La famiglia Sciotto, d’altronde, dovrebbe avere ormai capito come le ripartenze da zero siano l’anticamera dell’insuccesso (si pensi a quanto accaduto dopo la gestione Modica).
*foto tratta dalla pagina Facebook ufficiale dell’Acr Messina