Nel presentare questa sfida avevamo fatto una premessa importante: non conteranno nulla tecnica, tattica e valore. Quello che farà vincere il derby sarà l’approccio mentale. Tornando sulle pagine del pre dobbiamo ancora una volta scadere nella retorica da derby, perché pensare che una partita del genere possa essere digerita in poco tempo sarebbe un grave errore. Il Messina a Reggio perde durante la settimana, forse al triplice fischio di Messina-Siracusa perché lo sprezzante Pozzebon è il simbolo di un gruppo ancora troppo immaturo per una piazza che non ha nessuna voglia di perdere altro tempo. In principio fu Bertotto, l’ex tecnico che parlò di quasi derby. Nessuna croce addosso a chi non c’è più, ma era chiaro come ci fosse percezione dell’importanza dell’evento. Amen. Emotività a parte, avversario a parte, la cosa che spaventa del Messina di Reggio è il mutamento estremo rispetto alla prima uscita. Ad onor del vero sulla partita contro il Siracusa pesa un risultato finale pesante, oltre alla bella reazione caratteriale post rigore sbagliato. Il campo era stato severo già nei primi novanta minuti di campionato, perché di idee di calcio e di giocate se ne erano viste poche. Indubbiamente alcuni singoli fanno ben sperare, ma una squadra deve convincere di insieme e non per questo o quel giocatore. Potremmo riaprire un capitolo intero su Milinkovic, glisseremo perché sarà il Giudice Sportivo a pensare alla sua punizione. La sconfitta va caricata sulle spalle del gruppo, allenatore compreso: la squadra probabilmente non ha né la maturità né i leader per comprendere cosa sia il Derby dello Stretto. Marra, invece, paga nei confronti del collega Zeman. La Reggina (squadra tecnicamente mediocre) è messo meglio in campo ma, ben più grave, produce giocate di squadra. Il primo gol è l’esempio, ci dedicheremo un lungo focus per farvi comprendere la differenza anche tattica tra Messina e Reggina. Inutile soffermarci sui singoli, da bocciare ci sono tutti con una menzione speciale per chi dovrebbe dettare la linea ai più giovani. C’è da sgombrare la testa, domenica con il Francavilla serve il Messina degli ultimi quindici minuti col Siracusa.
PECCATO MORTALE – Animazione in cinque parti per analizzare al meglio l’azione che porta alla rete di Porcino e che, ovviamente, indirizza la gara. Partiamo dall’immagine “pulita” senza nostri interventi: al primo sguardo possiamo notare come l’atteggiamento del corpo dei giallorossi sia poco convincente. È palese l’affanno con cui viene giocata la fase di non possesso; prima parte grafica per dirimere il dubbio fuorigioco: posizione regolare, c’è De Vito (cerchio arancione e linea tracciata) a tenere in gioco Porcino. Terza parte: ci concentriamo sulle distanze. Foresta (freccia arancio) è lontanissimo da Bangu, ricordando che l’azione nasce da un lancio lungo della difesa amaranto, stupisce il tanto campo lasciato all’avversario. Frecce azzurre per Musacci e Capua che bucano totalmente la lettura sul movimento di De Francesco. Capua si fa tagliare fuori, Musacci non arriva mai in aiuto. Quarta parte: isoliamo proprio il centrocampista amaranto, il resto finisce in rosso. Focus su De Francesco per comprendere la facilità con cui il numero 6 della Reggina gioca il pallone più importante della gara: perfetto col corpo, taglia-fuori su Capua con controllo incorporato, testa alta e palla col contagiri nell’attacco della profondità di Porcino. Grande giocata? Ovviamente, peccato che manchi totalmente il contrasto avversario. Ultima parte: ingrandimento ed evidenza su Porcino e il largo spazio da attaccare. Il Messina vuol restare alto, sul lancio dalla difesa avversaria non rincula, sbaglia a non farlo quando De Francesco entra in possesso. Palese che ci sia indecisione: Mileto perde l’uomo, Maccarrone accorcia male e De Vito e Marseglia non sanno se salire o scendere, finendo per tenere in gioco Porcino. Brutta interpretazione del Messina, su palla scoperta sarebbe più giusto scappare che tentare il fuorigioco. Di giustificazioni (non il caldo però) ne potremmo trovare un centinaio, la più onesta è che questa difesa lavora insieme da troppo poco e che i meccanismi hanno bisogno di tempo. Il vero problema è un altro: chi la guida questa linea? Rea? Infortunio a parte, l’ex Avellino rimane un marcatore (lusso per la categoria), ma guidare è tutto un altro mestiere.
CILINDRO VUOTO – Nel post gara della sfida contro il Siracusa mister Marra ci mette pochissimo a sottolineare quanto fosse stato decisivo il passaggio dal 4-3-3 al 3-5-2, mossa secondo lui decisiva per aprire il gioco e dare spazio centrale a Pozzebon. Punti di vista, perché voler dare così tanta importanza ad una mossa tattica nella prestazione col Siracusa sembra un’esagerazione. Dal cilindro, in quel caso, Marra tira fuori una modifica che coincide con la vittoria e dargli torto sarebbe esercizio di pura presunzione. A Reggio il tecnico giallorossa cerca in profondità nello stesso cilindro: non appena passato in svantaggio allarga Foresta a destra e alza Marseglia. Pozzebon e Milinkovic fanno coppia con Madonia libero di cercare spazio interno (con Ferri in campo al suo posto si passerà ad un 3-4-3 spurio). Cambia pochissimo, anzi non cambia nulla se non nella grande occasione che capita sui piedi di Pozzebon: nel nostro fermo immagine vediamo la nuova disposizione tattica (linee azzurre), c’è Foresta largo a destro con Musacci che rimane basso e Capua che ha tagliato da destra per scaricare su Madonia. Vediamo come lui e Milinkovic non giochino più larghi, con l’ex Trapani che agisce tra le linee e il serbo in appoggio a Pozzebon. Concentriamoci sulla fase finale dell’azione: Madonia controlla e gioca di esterno nello spazio attacco da Pozzebon (freccia rossa), i tempi della giocata sono perfetti, favoriti anche dagli errori della difesa amaranto. I centrali sono fuori posizione, la diagonale non copre l’uomo ma guarda il pallone e per Pozzebon arrivare alla conclusione è semplice. Sarà bravo Sala in uscita, chiusura ottimale dello specchio con Pozzebon che non trova la giusta precisione col piede mancino.