Messina-Catania, il peccato fu creder speciale una storia normale
Pubblicato il 28 Febbraio 2017 in Tattica
Poteva essere un pomeriggio di entusiasmo estremo, un derby da vincere per regalare nuova linfa ad un ambiente svilito da anni di pressappochismo e di nessuna speranza verso il futuro. Una giornata speciale: la prima della gestione Proto, quella che vedeva il San Filippo tornare a riempirsi (almeno in parte) e che regalava una grande sfida che profumava di passato e storia. Il rosso a Drausio dopo una manciata di minuti, una partita che sembra prendere la direzione del Messina e che si stappa grazie alla freddezza del miglior talento giallorosso. Tutta un’illusione: la squadra di Lucarelli ricade nei suoi classici errori, perde un derby vinto e la copiosa pioggia avrebbe dovuto farci capire, sin da subito, che quella non poteva essere una giornata speciale ma la classica normalità. Vince un Catania che ha il grande merito di non uscire mai dalla sfida, trionfa un Petrone che viene premiato oltre i suoi meriti. L’inferiorità numerica non spaventa gli etnei, con il tecnico rossazzurro che preferisce un abominio tattico pur di non tradire il personaggio filosoficamente offensivo costruito in carriera.
SULLA LAVAGNA – Squadre schierate entrambe col 3-5-2: Lucarelli battezza Giulio Sanseverino come jolly tattico, perde De Vito e schiera un trio di corazzieri al centro della difesa. Manuel Mancini si traveste da pendolo per raccordare centrocampo e attacco. Nel Catania mister Petrone ha solo voglia di stupire: Russotto si spoglia dai panni di trequartista per diventare un esterno a tutta fascia, in avanti c’è il doppio centravanti. Otto minuti e tutto finisce: rosso a Druasio ed è tempo di cambiare le carte in tavola. O forse no? Perché Lucarelli non tocca nulla, con l’unica modifica di far scivolare i suoi verso la parte sinistra. Una contromossa, perché Petrone non pesca nessuno dalla panchina e abbassa Russotto nel ruolo di terzino destro. Petrone costringe Russotto a fare il terzino fino al ventesimo della ripresa, poi finalmente ne inserisce uno vero, Tino Parisi, ritrova l’equilibrio e trova i tre punti. Ovviamente chi vince scrive la storia, quindi la sua è una mossa vincente. In realtà è solo tardiva, a salvarlo è solo Pisseri e un Messina mai spietato.
IL PECCATO – Sorrisi e complimenti per Mario Petrone nel post gara, il suo coraggio è stato premiato, o almeno è questo che racconterà la storia. La realtà è ovviamente diversa e, come sempre, influenzata dagli episodi. Russotto era un azzardo come esterno a cinque, quando diventa terzino ecco il Catania imbarca in maniera spaventosa. Pisseri è in odor di santità, ma il merito è stato comprarlo. Entriamo nel dettaglio, due frame per analizzare la fase più critica della gara del Catania: cerchio rosso per Sanseverino, con la linea rossa segniamo la posizione di Russotto. Il numero 10 si fa attrarre dal gioco, con un centrocampo a tre il terzino non deve stringere così tanto data l’ampiezza degli avversari. Sanseverino ha il tempo di ordinare anche il proverbiale caffè: Anastasi scarica verso il compagno, stop e destro piazzato, Pisseri legge tutto prima e mette in corner.
Altro giro, altra corsa ma ancora una volta il Catania balla: secondo frame, Messina che sfonda a destra per favorire il ribaltamento. Ancora cerchio rosso per Sanseverino, questa volta non verrà coinvolto nell’azione, ma con la linea rossa vediamo la distanza disumana che Russotto concede all’avversario. Milinkovic gioca corto per la testa dell’accorrente da Silva, ancora una volta Pisseri chiude la sua porta. Il Catania balla, traballa e potrebbe affondare proprio per una disposizione difensiva senza alcuna logica. Nella ripresa, non a caso, Russotto commetterà il fallo su Anastasi che porterà al rigore trasformato da Milinkovic. I manuali del calcio lo scrivono a caratteri cubitali: non c’è nulla di più pericoloso di un attaccante che difende. Lucarelli rimane troppo passivo, non approfitta di questa difficoltà etnea: in panchina restano a prendere pioggia Madonia, Ferri e Ciccone. Osare era la parola chiave, allargare ancora di più il campo e cercare la superiorità numerica sull’esterno erano le armi possibili. Il vantaggio lo illude di poter gestire senza aggredire, il dio pallone da lui stesso citato punirà questo attendismo.
LA NORMALITÀ – Come avrete letto non abbiamo citato i contropiede mancati da Milinkovic e Rea, azioni clamorose che però sono figlie della straripante forza del franco-serbo e che di tattico non hanno nulla. Al massimo potremmo riflettere sugli spazi ampi da attaccare, e ancora una volta potremmo rimpiangere il mancato ingresso di un Ciccone ad esempio. Facile scrivere seduti comodi, più complicato fare l’allenatore e infatti nessuna scure sulla testa di Cristiano Lucarelli. La lama affilata, comunque, è già stata fatta calare sul tecnico livornese: il suo boia non è stato Pozzebon, ma la fase difensiva. Nel post gara l’allenatore giallorosso si prenderà le colpe sul rosso a da Silva, consapevole però che il vero dramma sia la normalità con cui il Messina subisce sempre lo stesso tipo di reti. Mazzeo a Foggia, Pozzebon nel derby col filo comune di una difesa statica e sorpresa: riquadro giallo per Marchese che crossa col fastidio irrisorio di Musacci. In mezzo Maccarrone è perfetto nel movimento su Tavares, sono Rea e Bruno a fallire la chiusura. Sanseverino ha preso Barisic sul taglio, il due contro uno in mezzo non può essere perso. I centrali del Messina invece lo perdono: sorpresi dal rientro del cross, Pozzebon lo attacca bene ma colpisce in maniera comica, favorito dall’incertezza di Berardi che viene scavalcato più per un difetto di posizione che per l’abilità dell’ex compagno.
Il pareggio taglia le gambe al Messina: etnei che possono raddoppiare grazie al rigore che Grifoni regala a Pozzebon, il numero 9 calcia malissimo ed i giallorossi respirano. Ultimo frame per la rete della vittoria di Barisic: cerchio rosso e ingrandimento dove vediamo l’anticipo decisivo di Tavares ancora su Rea, mentre alle loro spalle Bruno è già troppo distante da Barisic. Lo sloveno è vispo, arriva prima e stravince il duello fisico e mentale con l’avversario. Il destro è potente, Berardi non può nulla ed il Messina confeziona un regalo ai rivali del Catania di proporzioni inimmaginabili.