Una sconfitta che non lascia spazio ad eccessive analisi. Il Messina che crolla contro il Melfi andrebbe studiato più dal punto di vista psicologico che tattico: la squadra di Lucarelli cade sotto il peso dell’obbligo della vittoria e non regge ad un avversario cattivo quanto basta per sgretolare tutti i buoni propositi della vigilia. O almeno è questo il messaggio che si decide di far passare dopo il triplice fischio. Il Lucarelli del post gara è il classico fiume in piena che travolge tutto, esercizio tipico di chi ha bisogno di spostare l’obiettivo dalla squadra e puntarlo su altro. La vittoria di Andria o il pari di Fondi tornano, come ritornelli stonati, su una scena che dovrebbe invece raccontare i motivi di un crollo così clamoroso. Noioso gioco di ruolo quello tra allenatori e giornalisti, tanto vecchio quanto il calcio e spesso poco utile per la corretta narrazione degli eventi stagionali. Pressione e sottovalutazione dell’avversario diventano il contrasto drammaticamente letale per un Messina mai, veramente, guarito. L’arrivo dell’ultima in classifica al San Filippo faceva rima con vittoria, con buona pace del tecnico livornese che rimane fin troppo esperto per non sapere che gare del genere non ammettono risultati diversi. Se questo rientra nel concetto di sottovalutazione l’avversario non è dato sapersi, anche se la differenza tra l’essere favorito e prendere sottogamba la sfida rimane ampia e notevole. Una realtà più amara è quella che parla di un Messina meno organizzato e attento del Melfi, non capace di costruire gioco e ingenuo nel cadere presto nella trama tattica disegnata da Diana.
SULLA LAVAGNA – La nostra analisi non parte da un frame di gioco, bensì dal disegno tattico degli schieramenti in campo: Melfi in campo con un 4-3-1-2 molto corto e sfrontato. Mister Diana non abbassa troppo la linea difensiva, lascia al Messina la prima impostazione ma solo come mossa per ripartire alto. Lucarelli risponde con un 3-5-2 frutto di troppe assenze e zero alternative. Rea e Mancini siedono in panchina senza alcuna speranza di poter far parte della contesa, i loro fastidi fisici si sommano a quello di Anastasi e alla squalifica di De Vito. Il gioco deve passare da Musacci, il Melfi lavora in maniera ossessiva sulla costruzione giallorossa. Riquadro blu proprio per evidenziare la posizione del capitano del Messina: Marano, il trequartista lucano, scherma il numero 8 di Lucarelli tanto che sarà Maccarrone a doversi prendere responsabilità di impostazione. Linee azzurre per la linea difensiva del Messina: lo stesso numero 6 guida il trio, sulla sinistra nascono i problemi maggiori. Bruno fatica a trovare le misure, Sanseverino oscilla senza costrutto. Proprio l’ex Pisa diventa l’anello debole della doppia fase giallorossa: piedi sempre sulla linea laterale, troppo basso per accompagnare Milinkovic e troppo largo per poter accorciare e raddoppiare. Ribaltiamo il fronte: Grifoni attacca con più facilità, il demerito è anche di un Lodesani liberato da compiti prettamente difensivi. Con la linea arancione evidenziamo il quartetto lucano: i centrali giocano stretti, Grea più che un terzino destro diventa un centrale aggiunto, Lodesani può supportare la manovra offensiva. Ultima analisi: cerchio rosso per Madonia e Vicente. Il numero 11 giallorosso non regala alla sua squadra la profondità necessaria, il regista avversario tralascia i compiti di impostazione per schermare la prima ricezione dell’avversario. Si schiaccia troppo Madonia, se a farlo è anche Milinkovic (riquadro giallo) ecco che la manovra del Messina si ingolfa.
CARENZE – Troppo facile parlare solo di approccio mentale alla sfida. Verissimo che il Messina paga in termini di personalità, innegabile però che il Melfi colpisca in maniera organizzata e non approfittando solo di clamorosi errori avversari. Doppio frame per analizzare le reti del vantaggio lucano, due azioni simili e vicine tra loro, quanto basta per chiudere una sfida che il Messina perde per carenze tecniche e tattiche prima che mentali. Frame iniziale per la rete che apre la gara realizzata da Marano: dalla bandierina c’è Vicente, freccia rossa che indica la direzione del pallone verso il movimento ad uscire di De Vena (cerchio rosso). Il centravanti di Diana prende alle spalle la difesa giallorossa, Foresta (riquadro blu) legge tardi l’azione e non trova la chiusura. Tiro non irresistibile, il Messina è però fermo e per Marano diventa troppo facile avere la meglio di Berardi. Entriamo nel dettaglio: i giallorossi difendono con una zona mista sulle palle inattive, nell’occasione il vero problema è rappresentato dallo schiacciamento nell’area piccola dell’intera linea. Quando il Melfi mette in pratica lo schema il Messina è già condannato.
Seconda immagine per il raddoppio firmato Laezza: sono passati pochi minuti dal vantaggio di Marano, ecco che il Messina ricade nello stesso errore. Ancora corner dalla sinistra, stavolta Vicente calcia sul primo palo nel tentativo di trovare un allungo sul secondo. Attenzione all’immagine: cerchio rosso per Laezza, il difensore lucano è già in viaggio verso il secondo palo prima che il pallone parta dal piede del compagno, chiaro segnale che anche in questa circostanza il Melfi voglia mettere in pratica una giocata ben studiata. Pallone sul primo palo, Maccarrone va a contrasto con la sfera che finisce nella zona di Bruno che nella contesa non fa altro che servirla proprio a Laezza arrivato a rimorchio e lasciato completamente libero dall’inutile raddoppio che Grifoni porta sul pallone in aiuto a Bruno perdendo di vista l’attacco avversario alle sue spalle. La dinamica dell’azione, chiaramente, è molto sporca e un pizzico di buona sorte bacia il Melfi. C’è però da evidenziare come, mentre i ragazzi di Diana si muovano secondo idee precise, il Messina fatichi a trovare contromisure necessarie. Non moltissime le armi del Melfi per far male al Messina: palle inattive e contropiede quelle più facili da applicare, i giallorossi sprofondano nel duello tecnico uscendo sconfitti senza attenuanti mentali. L’infortunio di Palumbo costringe Lucarelli a rispolverare Marseglia e tornare al rombo, la doppia batosta da palla ferma arriva prima che tutto questo possa influire. Lo 0-2 come parola fine sulla sfida, lo spettacolo successivo è uno sciagurato festival del gol che non fa altro che palesare tutti i limiti organizzativi e tecnici delle due squadre.