Jon Favreau è stato eletto capo-speechwriter del presidente degli Stati Uniti nel 2011. Fu lui a coniare lo slogan “Yes we can”, che fece le fortune di Barack Obama. Ha gestito la comunicazione presidenziale fino al febbraio 2013, quando si dimise dall’incarico. Prima di quell’esperienza, appena diplomato, aveva gestito la comunicazione del candidato alla casa Bianca John Kerry. In seguito il Time lo ha inserito nella lista dei 100 uomini più influenti del mondo. Jon Favreau guadagnava 172 mila dollari, che convertiti in euro fanno 118 mila l’anno.
(S)PROPORZIONI – Adesso vi starete chiedendo cosa c’entri tutto questo con Corner e con il Messina: l’attacco di questo articolo vuole solo essere un giochino di proporzioni per rendere dotto il lettore circa i compensi che circolano nel mondo della comunicazione pubblica, e che nel caso sopracitato riguardano le alte sfere del pianeta terra, quelle più influenti in assoluto, le stanze dei bottoni all’interno delle quali si decidono le sorti del globo. 138 mila euro l’anno per scolpire parole sulla pietra della storia (ogni riferimento ad alcune fatture arrivate sulle scrivanie del San Filippo in questi mesi è puramente casuale).
ANTICAMERA DELLA FINE – Ma andiamo a noi. Dinnanzi al Messina calcio c’è l’ennesima montagna da scalare. Ardua, impervia, sfiancante. Il club giallorosso, nel momento in cui scriviamo, è tornato a capofitto sul ciglio del burrone. Il Messina rischia di non iscriversi al campionato. Rischia l’ennesimo giro sulla giostra del fallimento. Serve una copertura finanziaria di circa 800 mila euro per far fronte a cinque mensilità, ai contributi sugli stipendi e all’iscrizione al prossimo campionato di Lega Pro. Una parte abbastanza corposa di questo esborso doveva essere garantita da un accordo poi saltato – o almeno parzialmente evaporato – con circa una ventina di imprenditori messinesi, che avrebbero dovuto garantire blande sponsorizzazioni da 20-25 mila euro per azienda. Complessivamente, quest’operazione sarebbe sfociata in un’iniezione di liquidità per una cifra complessiva di circa 400 mila euro nelle malconce casse del club giallorosso: la salita, a quel punto, sarebbe stata decisamente meno ripida.
DETRATTORI A PRESCINDERE – Il passo indietro di Barbera, che ha giocoforza innescato le rimostranze di alcuni potenziali sponsor, ha scompaginato ulteriormente i piani. Così, da circa una settimana si sono riaccesi i fari sulla questione Messina, ed è tornato in auge il dibattito sul quale da tempo si arrovellano tifosi e addetti ai lavori: qual è l’eventuale “exit strategy” da perseguire per salvare quel che resta del calcio in riva allo Stretto? Passaggio asettico: su un piano totalmente razionale, l’ipotesi di fallire e ricominciare potrebbe anche essere funzionale, sul medio-lungo periodo, alla costruzione di una struttura societaria depurata dai continui assalti di creditori e pseudo tali. Si pensi all’esempio della Reggina o della Spal. Il punto, però, qui è un altro. È la sostanza di un dibattito tutt’altro che costruttivo, sono le intenzioni di chi si è fatto portavoce della retorica della morte e della resurrezione a tutti i costi. I corvi sono tornati, come prevedibile, sbandierando l’ipotesi del fallimento pilotato, spacciando quella che a loro dire è la Via Maestra unica e sola. Fallire e ricominciare chissà da dove. Perché un fatto è certo: non sarebbe Lega Pro. Ora, pur ammettendo l’unico elemento di validità connesso a quest’opzione, cioè il vedere sparire d’un colpo tutti gli squali che nell’ultimo decennio si sono avvinghiati al Messina come fosse una vacca da mungere, restano seri dubbi e molte perplessità sulla validità dello scenario di cui sopra. In tal senso, ci piace snocciolare qualche domanda da rivolgere ai corvi usciti improvvisamente dal letargo.
A voi, grandi conoscitori della politica gestionale nel mondo del calcio, chiediamo:
siete certi che il Messina, nel caso in cui fallisse, ricomincerebbe dalla Serie D?
Avete idea di quanto costi allestire una squadra da primato in quarta serie?
Siete inoltre convinti che il Messina, sol perché si chiama Messina, in automatico otterrebbe la promozione scongiurando il rischio stagnazione nelle paludi del dilettantismo?
La Lega Pro rappresenta o no un patrimonio?
Ha o no, il titolo di terza serie, un valore economico seppur “intangibile”?
Tre milioni di debiti, si è detto. In realtà la massa debitoria del Messina, quella oggettiva, è inferiore di almeno 30 punti percentuali: il contenzioso non è debito, è una contesa giudiziaria.
IPOTESI CROWDFUNDING – Eppure tanto è bastato a innescare il dietrofront dell’imprenditoria messinese, e contestualmente a sprigionare la solita guerra tra poveri. Così, c’è chi da qualche settimana si frega le mani in attesa di un funerale atteso da tempo. E poi c’è chi lavora giorno e notte per tenere la barca a galla. Senza sosta. Si guarda alla provincia, come potenziale canale da cui attingere una parte della liquidità necessaria per scongiurare l’inferno. Probabilmente a breve arriveranno le prime risposte concrete, ma il capitolo sponsorizzazioni da solo non potrà garantire al Messina di restare in vita. Tocca alla città, ancora una volta, stringersi attorno al Messina per tenerlo in piedi. Tocca ai tifosi. L’opzione crowdfunding adesso diventa un meccanismo da spremere fino al raggiungimento dell’obiettivo. Una raccolta fondi necessaria alla concretizzazione dell’ennesimo miracolo. Non c’è altro di cui discutere, al momento. Il capitolo allenatore è, oggi, evidentemente irrilevante. Com’è irrilevante la disquisizione sulla solidità economica di Franco Proto, su quale sia il senso stesso della sua sfiancante operazione sfociata nel passaggio di consegne da Stracuzzi all’imprenditore di Troina. Una cosa è certa: se ciò non fosse avvenuto, il funerale di cui sopra sarebbe stato già celebrato da tempo. Crowdfunding, quindi, a cui noi di Corner parteciperemo attivamente nei limiti delle nostre esigue risorse. E a tal proposito giova esporre ai nostri lettori un aspetto di cui siamo orgogliosi: Corner, sbarcato online quasi due anni fa, è un progetto che nasce per passione e non per meri fini speculativi. Detto altrimenti, abbiamo raccontato due anni di miserie e splendori della storia del Messina senza guadagnare un solo euro. Senza tema di smentita: la passione è questo. Poi c’è la speculazione, ci sono gli interessi di bottega. C’è la retorica della maglia. C’è la retorica della “messinesità”. E poi, ancora, ci sono i fatti: adesso è il momento di azionare questa leva. Con buona pace dei corvi.