Tutto ricomincia da Mugnano di Napoli. Dal Portici, dalla Serie D, dagli sguardi tiepidi di una tifoseria che guarda al progetto di Pietro Sciotto con fisiologico distacco. Con “fiducia condizionata”, hanno sottolineato i club organizzati.
LINEE GUIDA – È in questo clima che si spalanca la porta dell’ennesimo anno zero, della consueta promessa di fine estate. Il sipario del calcio si alza ancora una volta. Questo è già qualcosa, pensano in molti. Come a dire che la sola possibilità di poter vivere una stagione agonistica debba essere accolta come manna dal cielo, considerate le premesse di inizio luglio, quando la città di Messina aveva oggettivamente corso il rischio di rimanere a digiuno di calcio. È un punto di vista che può essere comprensibile, ma non necessariamente condivisibile. Perché rimane valida un’altra prospettiva: ben venga la Serie D, ma ad una sola condizione, e cioè che il Messina riesca ad interpretarla da protagonista consapevole di ciò che rappresenta. Si badi bene: recitare da protagonisti non vuol dire necessariamente vincere, soprattutto nello sport più bello e imprevedibile tra gli sport. Vuol dire però incarnare la condizione del vincente, quello spirito di arroganza positiva, di sana superiorità fondata sul blasone che devi iniettarti nel sangue quando scendi sui campi dell’estrema periferia del calcio italiano. Non sarà un campionato per fighetti, insomma, per calciatori che tendono ad evaporare nel rettangolo verde, che pensano alla giocata fine a se stessa, a lucidarsi le scarpe. Questi giocatori dovranno servire la maglia, non certo se stessi. Nella stagione che per il Messina inizia oggi a Mugnano di Napoli non c’è spazio per aspiranti attori di grido: il collettivo dovrà sempre schiacciare l’individualità, altrimenti saranno dolori. In breve, c’è una prospettiva che deve essere disintegrata sul nascere: che il Messina possa permettersi di vivacchiare, che possa prospettarsi di scrivere pagine di una stagione anonima.
CREDITO CONDIZIONATO – Questa è un’annata ancora tutta da decrittare nei contenuti, e quindi in termini di scenari potenziali. Al di là delle roboanti dichiarazioni di questa estate torrida: frasi dettate dalla passione cieca, promesse che in certi passaggi hanno generato in chi vi scrive un sorriso e poco altro. Il Messina è una creatura nuova di zecca. Azzoppata sul nascere dal palese stato confusionale che ha scandito la fase di mezzo tra l’operazione rilancio di Pietro Sciotto e il primo round di campionato. Alle spalle ci siamo lasciati settimane di luci ed ombre in alternanza: giocatori arrivati in ritiro e poi andati altrove, una definizione dell’organigramma tardiva ma poi finalmente arrivata. Un presidente che deve evidentemente ancora prendere le misure, e a cui però va concesso del tempo (chi ha iniziato a sparare a raffica, dovrebbe pensare seriamente di andare in analisi). La svolta autoritaria dell’imprenditore di Gualtieri va collocata sul terreno degli estremi, com’è normale che sia quando si vuole instaurare un regime gestionale che ricorda un calcio ormai andato: l’Era dei Mecenati. Sciotto non delega. Sciotto ascolta, sì, ma poi decide seguendo il proprio istinto felino. Sciotto, per quanto detto, ha già fatto degli errori e probabilmente continuerà a farne. Ma il tempo è dalla sua parte, almeno ancora per qualche mese. Alla fine, gli piaccia o meno, dovrà fare un esercizio di realismo. Che il Messina sia precipitato tra i dilettanti è in fondo un dettaglio: un club di calcio che aspira a scalare vette deve allinearsi ai parametri standard del calcio moderno. Un club è la somma di vari comparti, e questi vanno assegnati a persone competenti. Con spirito di controllo, certo, ma evitando eccessive ingerenze. Non esistono alternative. Non esistono soprattutto se guidi un club che si chiama Messina.
SUL CAMPO – Venuto, atteso dalla matricola Portici, si presenterà al primo appuntamento con una macchina “senza ruote”. Sulle fasce non ha ancora ottenuto i profili richiesti, in attesa che venga ratificata (forse) la riammissione della Vibonese in Serie C, perché dal club calabrese arriveranno anche gli esterni richiesti. L’assenza di un portiere under, inoltre, lo costringerà a schierare dall’inizio Bossa al fianco di Pezzella in mezzo al campo, rinunciando giocoforza a Lavrendi, che peraltro al tecnico giallorosso piace eccome. Retroguardia tutta esperienza, con Colombini stretto tra Cassaro e Manetta. Ai lati del centrocampo a 4 spazio a Lia e Cozzolino. Davanti un tridente che punterà molto sulla capacità degli esterni alti – Rizzo e Carini – di attaccare gli spazi e spostarsi dalla periferia verso il centro. Lì, nella zona di fuoco, è ballottaggio tra Cocuzza e Dezai, con il primo in pole per una maglia da titolare. Insomma: Venuto all’esordio farà di necessità virtù, costretto dall’obbligo di schierare 4 under come da regolamento. È un gioco di equilibri, ma i baby Bossa e Carini nel precampionato hanno già dato ampie garanzie. Per loro arriva il primo esame, chissà che non riescano a superarlo a pieni voti. È un sincero auspicio. Vale per loro, vale per il Messina.