Cinque gol rifilati al Paceco per salutare un San Filippo animato dai soliti noti. La trasferta di Isola Capo Rizzuto per chiudere una stagione in chiaroscuro, l’ultima pagina del Messina di Modica è pronta per essere scritta. Aprile amaro in casa giallorossa, mese animato da piccoli e grandi segnali di smarrimento. Lo sciopero dei calciatori rimane esercizio discutibile, poco comprensibile però la mancata comunicazione da parte del presidente Sciotto. Il numero uno giallorosso palesa ancora le spigolature della scorsa estate: una fatica incredibile nel chiarire programmi e progetti, oltre ad una diffidenza per chiunque non sia se stesso. Il potere decisionale è arma imprescindibile di ogni presidente, quello di sapere affidare la propria creatura alle giuste persone è invece un grande dono e dimostrazione di sapienza. Il maledetto futuro del Messina non è ancora stato discusso, il tutto mascherato da attese inutili e dichiarazioni poco aderenti al reale. Sciotto potrà sgolarsi nel confermare a voce Modica e il suo staff, tutte belle intenzioni se non seguite dai passi verso chi deve accettare il prolungamento dell’avventura in riva allo Stretto.
BANALITÀ – Troppo facile parlare, difficile è mettere nero su bianco una reale programmazione di futuro. Giacomo Modica non chiede la luna, anzi le sue richieste sorprendono per semplicità. Lui o un altro tecnico cambierà poco, il volere una struttura societaria e organizzativa di livello professionale e professionistico è la base. Discorso diverso se ci si affiderà all’ennesimo parvenu miracolato, soggetti che non mancano in un mondo del calcio sempre più improvvisato. Il calcio esiste anche senza Giacomo Modica, banalità ovvia che però deve far riflettere: a Sciotto non viene chiesto di stendere tappeti rossi al tecnico mazarese, soltanto di impostare la sua società secondo logiche di longevità. Probabilmente questo il punto ancora poco chiaro a Sciotto: il tifo messinese, la stampa e la critica sono poco interessati a nomi e incarichi. Il vero obiettivo è quello di essere rappresentati da persone competenti, dovrà essere bravo Sciotto ad individuarle. Un direttore generale, un segretario, direttore sportivo e team manager capaci di scaricare le spalle del presidente e preparati per affrontare una serie professionistica o una Serie D a vincere. Capitolo ripescaggio: la tempistica del palazzo aiuta Sciotto, non sono ancora chiari i parametri per ambire al salto di categoria. Allo stesso modo non è chiara la volontà per patron giallorosso, forse indaffarato nel comprendere quale delle due strade sia la meno conveniente dal punto di vista economico.
RAPPORTI – Il cuore del problema, però, sembra essere un altro. Il salto temporale è stato all’indietro, catapultati agli esordi di Sciotto sulla scena messinese. Accentramento totale del potere, quella strana idea di poter fare tutto da solo e che le figure dirigenziali siano inutili orpelli. A voler essere spietati e crudeli si potrebbe scaricare su Sciotto l’inizio da ultimo in classifica del Messina, l’onestà ci invita a dividere le responsabilità sull’insano metodo di costruzione della rosa e sulla guida tecnica. Carabellò e Venuto si sono presi, bontà loro, le colpe di un fallimento sportivo incredibile. Gioco furbo quello di Sciotto: non responsabile dell’ultimo posto e trascinatore nella rimonta. Carattere particolare quello del presidente: uomo al comando, ego da nutrire con successi e ferito dalla sensazione che la città abbia trovato in Giacomo Modica l’unica ragione per una seconda parte di stagione di livello. Regole non scritte del calcio: le squadre e gli allenatori vivono un rapporto quasi inscindibile, che diventa indelebile nella memoria collettiva. “Il Napoli di Sarri”, esempio banale che rappresenta come i meriti di una società debbano essere ricercati nelle scelte e nella gestione finanziaria, il campo resta materia di calciatori e allenatori. Sciotto vuol incidere sul gioco, deve essere lui a scegliere i calciatori con la convinzione di poterla anche allenare una squadra del livello del Messina. Torto o ragione? Sicuramente una stranezza. Il giorno della sua presentazione resta emblematico: “Sono competente, posso fare tutto”, indubbia autostima anche se i 2 punti che Modica e Lamazza ereditarono sembra dire altro. Proprio la figura del ds è la più complicata: per Sciotto un direttore sportivo è quasi superfluo. Rapporto mai nato con Ferrigno, reo di aver bocciato il lavoro fatto prima del suo arrivo. Accusato di pretese assurde, le stesse che Francesco Lamazza farà poco dopo. Forse il primo segnale che nel modus operandi sciottiano qualcosa era stato sbagliato. Con il ds milanese la pace dura poco, quasi un sopportarsi silenziosamente. La posizione finale del Messina rianima le antiche convinzioni di Sciotto, probabilmente non abbastanza equo da capire che quanto fatto vedere da Lamazza, Modica e un gruppo imbottito di giovani all’esordio profumi di impresa sportiva e non di mancato raggiungimento degli obiettivi.