Dove eravamo rimasti? Alla settimana che portava al derby con il Fc Messina, anticipato da una bella vittoria contro il Licata per dare serenità all’ambiente. Una calma, comunque, mai vissuta in stagione. Poi lo stop, imposto per tutti, e un velo di increscioso e inaudito silenzio.
LA CRISI – Indubbio che uno dei settori più colpiti dal lockdown – e relativo blocco economico-finanziario – sia quello in cui la famiglia Sciotto ha costruito il suo impero. Il primo passo per un domani nel calcio, ovviamente, passa dalla salvezza dell’impresa di famiglia. Non ci sono dubbi, quindi, che in primis gli Sciotto debbano pensare a tutelare loro stessi, i dipendenti delle tante concessionarie e a cascata – non avendo le società di Serie D bilanci da società in autogestione – l’Acr Messina. Premessa fatta, ma un conto resta fare una scala di valori, un’altra dimenticare del tutto una parte del discorso. Fuori da qualsiasi retorica, infatti, una società di calcio deve anche mantenere il suo ruolo sociale e legato a una tifoseria che ne segue – sentimentalmente – i destini. Il Messina, invece, ha deciso di sprofondare in un silenzio utile solo a far crescere distanza e sfiducia. Dopo gli addii dei dirigenti ex Camaro a gennaio, a marzo hanno lasciato la comitiva i subentranti responsabili alla comunicazione lasciando Sciotto senior e junior padroni delle proprie parole. La soluzione migliore per loro, però, è stata quella di non proferire alcun verso. Il motivo? Sconosciuto. Chiaro come in un momento di crisi totale il calcio fosse passato in secondo piano, ma nelle giornate in cui la Serie D è stata conclusa dalla Federazione, si inizia a parlare di riforme dei campionati e il bando sulla gestione pluriennale del San Filippo sembra poter vedere la luce, ecco che una dichiarazione ufficiale della proprietà di una squadra rappresentante una delle città più grandi dei campionati di Serie D sarebbe stata gradita.
MEGLIO TACERE – A questo punto sorge spontanea la riflessione – in mancanza di parole dei protagonisti -, che il silenzio possa essere un’arma più efficace di qualsiasi parola. Forse, infatti, è meglio tacere che riempire la bocca di parole senza senso. Questo potrebbe scaturire, intanto, dall’incertezza che regna in seno a una proprietà incapace di non fallire sportivamente per 3 anni consecutivi, che adesso deve riprogrammare pensando più alle casse aziendali che a quelle sportive, già note per sperperi figli di incorreggibili errori. Il tempo, però, scorre e se da una parte la stagione 2019/20 è terminata, le basi della prossima vanno gettate già adesso. Capire – o provare a comprendere – quali siano i piani dell’Acr Messina che verrà chiarirebbe il quadro del calcio messinese. Il mostro bicefalo – venutosi a creare con la presenza del Football Club Messina – è riuscito a creare odio sociale evidente, protagonismo malato da social per qualche reietto, classifiche tutto sommato deludenti e la sensazione da coito interrotto per un derby di ritorno saltato. Nel calcio – e nella vita -, però, nessuno può decidere per altri e se Messina “godrà” ancora di due formazioni in quarta serie (al netto di chi ambisce a ripescaggi ancora fantomatici), allora si spera lo faccia con lotte e ambizioni diverse. Il tutto, però, passa da una programmazione reale e quella dell’Acr Messina si fatica a comprendere da dove inizierà.
NESSUNA BASE – Nel silenzio è facile coltivare teorie, illazioni, a volte speranze e spesso mezze verità. Così diventa sport nazionale quello di provare a interpretare il futuro, magari affidandosi ai famosi “rumors” o dichiarazioni di personaggi in cerca d’autore o ingaggi. Sul tema Messina, invece, il silenzio deprime al punto da non trovare terreno fertile neanche per bozze di programmazione fantasiose. Sul Messina, infatti, non c’è semplicemente nulla. Difficile, inoltre, capire da chi e cosa ripartire: il tecnico Pensabene aveva il solo compito di portare la squadra alla salvezza, il suo lavoro è terminato senza che potesse completarlo o fallirlo. Discorso diverso per Pasquale Leonardo che – se non entrerà nella schiera di quelli che “una volta con Sciotto, mai più con Sciotto” – potrebbe anche ripartire dal ruolo di responsabile dell’area tecnica. Se così non fosse, allora, l’azzeramento sarebbe totale e si potrebbe tornare ad affidarsi a una figura carismatica e capace di ricostruire la squadra e lo staff tecnico. Insomma, nulla di nuovo all’orizzonte. Storie e parole trite e ritrite, sempre in attesa di quelle provenienti dagli stessi Sciotto. Infine – anche se il tema è centrale – bisognerà capire quale posizione vorrà tenere il Messina nei confronti della gestione dello stadio San Filippo. Quella annuale – poi rinnovata – aveva, comunque, portato a diatribe con l’amministrazione comunale. Adesso l’occasione è ghiotta per diventarne l’unico responsabile, nonostante i paletti imposti e previsti nella bozza – diventata pubblica grazie alla determina dirigenziale – costringano gli Sciotto alla ricerca di partner utili allo scopo. Saranno davvero interessati? In caso contrario – e nel caso l’asta non vada deserta (non impossibile) – che futuro si prospetterà? Alla fine le domande non sono neanche troppe, il silenzio resta sovrano. Forse – lo ripetiamo – è meglio tacere, tutti: in silenzio la società, i tesserati, gli ex tesserati. E la tifoseria resta in attesa. Al massimo, presa in giro da qualche imbonitore social.