Futuro. Spesso parola abusata nel mondo del calcio. Non esiste futuro senza passato, ma non esiste un futuro che non nasca dal presente. Quello del Messina di Pietro Sciotto fa discutere, ma le decisioni del presidente giallorosso non sono mai state in discussione.
NESSUNO HA DIMENTICATO – Contestazione continua e continuata. Non si arresterà, stavolta non saranno i risultati a far invertire la rotta. Perché il tifo contesta in maniera profonda, radicata, andando a rivendicare il diritto di non volere a Messina l’uomo che ha schiaffeggiato città, squadra e rivalità. Pietro Lo Monaco non sarà mai digerito, voluto, al massimo si potrà sfociare in una convivenza forzata e sopportata. I risultati non cancelleranno tutto, potranno – in estrema ipotesi – solo quietare la contestazione quotidiana, mai il principio su cui è fondata. Il 30 maggio 2015 – con annessi e connessi – non verrà mai dimenticato, come le successive – e anche precedenti – parole dell’allora patron che andava via sottolineando come Messina non fosse una città dove far calcio, buttando dileggio su sofferenza. Pietro Lo Monaco, però, è l’uomo scelto da Sciotto molto prima che la notizia diventasse nota. Un’amicizia trentennale – come i protagonisti ricordano – con l’ex ad del Catania vicino al presidente del Messina anche dopo l’addio degli ex Camaro nella stagione 2019/20. Consigli tra amici. Una presenza rimasta nell’ombra, palesatasi come da copione quando il calcio professionistico è tornato in riva allo Stretto. Non ci sono state nottate insonni, riflessioni o possibilità di aperture. Sciotto il presente del suo Messina lo aveva ben chiaro. La biforcazione societaria era netta, ma credere che Pietro Sciotto sia personaggio facile da convincere è gioco per ingenui. “Mai sotto il 51%”, detto e stradetto, perché il Messina non lo avrebbe lasciato o perso per umori altrui. Di Sarlo è stata opzione sponsorizzata dall’anima salernitana, nonostante l’imprenditore di Battipaglia fosse già a un passo dall’Imolese. Società poi acquistata. Come o chi sarebbe arrivato a Messina, allora, non sarà mai dato saperlo. Impossibile, comunque, immaginare Sciotto disposto a lasciare due 30% contro il suo 40. Conti troppo facili e chi vuol capire… in minoranza mai, meglio cedere tutto, ma solo a chi voleva lui.
LIVELLI DIFFERENTI – I meriti sulla promozione girati a una dirigenza forte e cazzuta, a una squadra di livello e un tecnico preparato sono stati ripetuti più volte. Smantellare e ricostruire è spesso tecnica rischiosa, ma il salto di categoria pretendeva decisioni nette. I telefoni non hanno squillato, perché Sciotto aveva il quadro della situazione ben chiaro. La stagione scorsa è stata di quelle lunghe, variegate, con angoli frastagliati che hanno fatto pendere le decisioni del numero 1 giallorosso. Il 30% di Del Regno ha pesato dal punto di vista organizzativo, troppo poco da quello economico, comunque poco per incidere sul domani disegnato da Sciotto. La questione “cessione di alcune quote” è rimasta in ballo per troppo poco, e chissà se mai realmente. Se peserà ancora resta in dubbio, più probabile che questo 30% venga assorbito in tempi celeri. L’indizio maggiore, poi, era stato quello delle mancate riconferme. Se si vuol proseguire non si attende, ma la volontà non c’era. Dopo il fischio finale di Sant’Agata qualcosa si era intuita, con Sciotto impegnato a mettere i puntini sulle i dei suoi meriti. Questo Messina è una sua creatura, come tale non voleva cedere a compromessi. Poi, c’è la valutazione della categoria. La Serie D è una storia, la C tutta un’altra e con la riforma dei campionati in arrivo ci sarà da far bene sin da subito. Una prospettiva che Sciotto vuol affrontare con l’esperienza di Lo Monaco e la preparazione di Christian Argurio. Un maggiore raggio di conoscenza della categoria e delle sue dinamiche. Giusto o sbagliato, i curriculum sono sul piatto e parlano per tutti. D’Eboli, intanto, riparte da Pagani e metterà in agenda il voler arrivare davanti a chi non gli ha dato fiducia. Diaspora infinita e che tocca tutti i settori: i calciatori salutano, amaramente, e trovano la passerella social di una tifoseria rimasta interdetta dalla mancata riconferma. Accordi già trovati altrove, hanno atteso ma non c’era nessuna intenzione di confermarli. Nessuno escluso, se non (forse) per Bollino e Cristiani che piacciono – e la cosa è ricambiata – alla nuova dirigenza. Il poco tempo trascorso dalla vittoria può confondere, ma la rosa capace di vincere il Girone I non presentava profili dallo spessore tale da essere confermato in blocco in Serie C. Troppa la differenza, cosa che sarà evidente sin da subito. Manca ancora la nomina ufficiale, ma Argurio conosce il terreno e non ha bisogno di sondarlo a lungo. I nomi? Sarebbe facile giocare al tiro al bersaglio, magari un paio li beccheremmo pure. Piace sempre Giuseppe Rizzo e si cerca un centravanti con numeri e blasone. Il resto si vedrà.
IN CERCA DI RILANCIO – L’addio di Novelli è l’ultimo della lista, ma scontato come gli altri. Un peccato per un tecnico che aveva conquistato i complimenti sul campo. Anche lui paga le onde alte con cui Sciotto ha affrontato il salto di categoria. La questione allenatore serve per chiudere il cerchio e tornare alle contestazioni. Il nome sul tavolo è sempre stato quello di Sasà Sullo. Il capitano – e chi scrive era tra quelli che litigava con una porzione di Gradinata (padre compreso) per difendere quel numero 41 che leggeva ogni azione con una decina di secondi di anticipo -, l’uomo che ha contribuito a scrivere le pagine più gloriose della recente storia del calcio messinese. Sullo, però, è allenatore alle prime armi, nonostante il lungo praticantato alla corte di Ventura. Al Torino la massima espressione, in Nazionale il punto più basso e la conseguente decisione di andare per la sua strada. Padova per 23 partite (eliminazione in Coppa Italia compresa) con 11 vittorie, 2 pareggi e 9 sconfitte. L’ultima, fatale, quella in casa contro il Modena nel gennaio del 2020. Modulo preferito: il 3-5-2. Questa la sola esperienza in panchina da primo allenatore. Messina per il rilancio, nella speranza che per Lo Monaco e Argurio la sua figura non serva anche da parafulmine ambientale. Sarebbe immeritato, oltre che un eccesso di pressione per un tecnico che arriverebbe con il dovere di dimostrare, in primis a sé stesso. Difficilmente la contestazione sarà frenata dalla figura di Sullo, difficilmente qualcuno potrà far cambiare idea a una tifoseria spazientita (eufemismo). Sciotto ha scelto una strada netta, sapendo che la sua decisione non sarebbe stata accolta con piacere. Dal punto di vista dell’immagine, infatti, sarebbe stato facile far vincere l’inerzia. Una tendenza che non sembra tipica di Sciotto, un presidente che ha preferito scegliere. Decidendo, consapevolmente, di rischiare.