Perdere col Bari? Si può, perché la differenza tra il Messina e la capolista era evidente anche prima della sfida del San Filippo. Il modo conta sempre, però, perché i giallorossi sembrano finiti in un vortice perpetuo di passi indietro.
MAL MESSI IN CAMPO – Una squadra va sempre giudicata per quanto mostrato in campo, ma anche per quello che è il suo obiettivo. Prendere la sconfitta del Messina contro il Bari e spogliarla delle differenze, delle assenze e dei momenti sarebbe ingiusto. Analizzare prendendo in considerazione solo questi fattori sarebbe scorretto. Un allenatore va sempre giudicato per quanto la sua squadra riesce a produrre, ma anche per quello che vorrebbe mostrare. Su questo tema, poi, mister Sullo (voto 5) ha invitato più volte la critica a esprimersi. Non solo il mero risultato, non i fattori che condizionano, ma percorso e prestazioni. Condivisibile, anzi correttissimo, dato che l’esibizione domenicale – del mercoledì in questo caso – è il frutto di un lavoro giornaliero. Contro il Bari si vede un Messina brutto, sfilacciato, lungo in campo, senza contezza di quanto sia importante non perdere le distanze e totalmente distaccato dall’idea di percezione del pericolo. La rete del vantaggio spiega tanto: una rimessa laterale, un contrasto in ritardo e irruente su Simeri e una fuga senza ostacoli per D’Errico. Il resto lo fa Botta, aiutato dalla cattiva corsa all’indietro della difesa di Sullo. Lame incandescenti nel burro, per quasi mezz’ora la squadra di Mignani è padrona del campo e viene rallentata solo dalla mancanza di killer instinct sotto porta. Sullo, poi, parla di una reazione e di una squadra messa meglio in campo. I taccuini dicono che Frattali i suoi guanti non li sporcherà, ma è anche vero che fare peggio dell’inizio sarebbe stato difficile per il Messina. Il 4-2-4 di Sullo è fatto di un materiale inconsistente confrontato al granitico stare in campo del Bari. I 4 attaccanti si schiacciano sulla difesa pugliese, ma perdono ogni duello individuale – il più eclatante quello tra Russo e Mazzotta – e allungano mortalmente la squadra. Tra attacco e centrocampo ci sono una quarantina di metri di campo che il Bari, però, riempie col suo trio guidato da Maita. Controllo totale.
TEMPO DI RIFLETTERE – Solo una questione tattica? No, perché non viviamo nel mondo della teoria. Anche se dare sempre adito a chi pensa che gli aspetti tattici e di modulo non contino non è così brillante, dato che il calcio resta macro-materia composta argomenti vari. Parlare sempre di cuore, palle, concentrazione, orgoglio e volontà rientra in un modo di analizzare il calcio che era superficiale già decenni fa. Il Messina di Sullo ha un grosso ed evidente problema tattico e di modulo: premettere che i termini non siano sinonimi è importante. Andando oltre si può vedere come la qualità media resti bassa per sviluppare l’idea di possesso veloce e che passi dall’orizzontale al verticale che vorrebbe Sullo. Il modulo, poi, crea buchi di campo che i giallorossi non riescono ad accorciare e, soprattutto, mostra una squadra banale e prevedibile. Lo sviluppo esterno è scontato, quello che non può esserlo, invece, resta la speranza che Russo, Catania o chi preferite riescono sempre a creare superiorità. Contro il Bari è clamorosa la differenza di qualità, ma anche il saper stare in campo dei pugliesi incide. Mignani costruisce un rombo mobile, un quartetto di centrocampo che toglie respiro a Damian e taglia i rifornimenti in avanti. Sulle corsie non si sfonda, così il Messina fa girare un po’ palla in difesa per poi perderla oltre il centrocampo. Milinkovic ci prova, ma prima dovrà perdere pesantezza e trovare agilità. Poi, però, bisognerà toglierlo dal caos centrale e liberarlo. Sarà un manifesto di anarchia, ma Milinkovic va tenuto libero di svariare. Così come Baldé, tutti nomi che suggeriscono come il Messina abbia talento da sfruttare. Tanta tecnica, ma qui scatta un altro malinteso in tema di sinonimi. La tecnica è una cosa, la qualità un’altra. I giallorossi hanno tecnica – quasi tutti -, ora devono trasformarla in qualità. Saltare tre avversari ma non trovare il tempo del cross, per esempio, può far comprendere questa analisi. Sullo parla di fare passi avanti e dimostrare coraggio, ma oltre ai mancati passi in avanti dopo il vantaggio al Messina iniziano a mancare quelli nelle prestazioni. Passi indietro evidenti: col Francavilla una gara avvolgente, veloce, anche fatta di errori ma credibile. Poi sempre peggio, con la sconfitta del Viviani che si è deciso di archiviare come scempio arbitrale. Pochino come argomentazione, perché i lucani avevano imposto ritmo e tempi alla partita, e il Picerno non è il Bari. Le assenze contano e pesano, premesse che vanno fatte, ma che rischiano di spostare la data di presa di coscienza dei problemi. Perché vero che Celic o Baldé e Milinkovic – in condizione fisica accettabile – siano protagonisti di altro livello, ma senza un contesto, copione o spartito ben scritto nessun artista può esprimersi al meglio.
Lewandowski 5,5: nel primo tempo mette un paio di pezze, non può nulla sul gol di Botta. Avrebbe potuto fare meglio sulla conclusione di Paponi.
Morelli 5,5: solita gara con ampie lacune e buoni spunti offensivi, ancora troppo poco.
Fantoni 5: inizia con un errore, ne paga le conseguenze psicologiche. Si riprende lentamente, non del tutto.
Carillo 6,5: lotta, chiude, non ha paura dei corpo a corpo, ma non può arrivare ovunque.
Sarzi Puttini 5,5: un giallo molto presto, alcune sbavature e letture in ritardo. Difficile dire se Paponi fosse nettamente in gioco, oppure oltre, nell’azione del gol, ma lui resta troppo indietro rispetto alla linea.
Russo 5: mai in partita. Pare un pesce fuor d’acqua, spesso è irruente e poco utile. (dal 33′ s.t. Distefano sv)
Fofana 6: sempre in crescita. Prova ad aiutare i reparti e mettere rattoppi nelle ampie scuciture difensive. (dal 33′ s.t. Konate sv)
Damian 6: fatica terribilmente a trovare aria pulita. Il modulo lo limita, la gabbia dei baresi lo innervosisce. Ci prova da fermo, la sua qualità resta fondamentale. (dal 38′ s.t. Marginean sv)
Catania 5: una botta lo condiziona, ma risente della differenza di livello con gli avversari. (dal 7′ s.t. Fazzi 6: ci mette esperienza e voglia di lottare, quanto basta per meritare più dei compagni. Sparacchia malamente due destri dal limite)
Vukusic 5: non punge perché non è mai servito, se non spalle alle porta e a settanta metri dall’area avversaria. Così non si aiuta il suo talento.
Milinkovic 5: deve lavorare molto sulla condizione personale, poi c’è quella tattica. Lui è un attaccante, ma se finisce per giocare spalle alla porta non serve. Va liberato, fatto svariare. (dal 7′ s.t. Baldé 6: buon impatto, il suo rientro è fondamentale per tecnica, velocità e capacità di attaccare palla al piede)
BARI Frattali 6; Pucino 6, Celiento 6, Terranova 6,5, Mazzotta 6,5; Scavone 6,5, Maita 6, D’Errico 7 (dal 39′ s.t. Gigliotti sv); Botta 6,5 (dal 20′ s.t. Mallamo 6); Cheddira 6 (dal 26′ s.t. Marras 6), Simeri 5,5 (dal 25′ s.t. Paponi 6,5). All. Mignani 7.
*foto copertina: Acr Messina – pagina Facebook ufficiale | ph. Saya