Esito inevitabile. Il Messina che perde contro il Foggia è squadra sfilacciata, con zero idee e tanta paura. Classica edizione di un gioco senza intensità e incapacità di aggredire gli avversari. Un film già visto a Torre del Greco e non solo. La cura devono trovarla i protagonisti, ma il tempo è quasi scaduto.
PARTITA CONSEGNATA – Non parla Ezio Raciti nel post partita del San Filippo. Una modalità tipica quando un dirigente – in questo caso il ds Logiudice – decide di rompere gli indugi e prendere di petto la situazione. L’analisi, o le riflessioni, del direttore giallorosso convincono fino a un certo punto. L’ammissione che le energie siano agli sgoccioli è confessione ovvia, perché pare evidente come questa squadra abbia spremuto sé stessa allo stremo. Il resto è una chiara ricerca di compattezza, con un messaggio che pare più indirizzato all’interno che all’esterno. Sì, perché il famoso “ambiente” si è mostrato di una maturità e lucidità incontestabili. “Impresa” e “miracolo” sono i termini spesso usati – anche dopo la vittoria di Potenza – da chiunque si approcci al Messina. Consapevolezza totale che la rivoluzione di gennaio non avrebbe fatto rima con salvezza automatica. Tutto il contrario, proprio per questo dopo alcune mancate vittorie gli allarmi si erano accesi. Forse, però, qualcuno ha frainteso i motivi. Dopo il pari con l’Andria o la sconfitta col Monopoli era la paura della Serie D a far rimpiangere quello che sarebbe potuto essere e non l’idea che questa squadra fosse tanto forte da dover vincere per forza. No, nessuno ha mai avuto l’aspettativa che il Messina fosse diventato così perfetto da aver l’obbligo di fare un cammino netto. Il contrario: dopo una mancata vittoria a muovere la critica era la consapevolezza che la salita fosse ancora ripida e lunga. Dopo le sconfitte con Turris e Foggia questa arrampicata diventa ancora più difficile, quasi impossibile senza un vero e proprio percorso netto. I conti non tornano più e per ribaltare una resa sempre più vicina serve solo vincere. Sempre. Contro il Foggia il Messina non è una squadra capace di far girare la partita dalla sua parte. L’intensità che i pugliesi impongono dopo una ventina di minuti è troppa per i giallorossi che vedono crollare il proprio piano partita. Il Foggia gioca a fisarmonica e intrappola una difesa avversaria che ci cade ingenuamente. Attirati, spostati, mandati fuori posizione. La rete di Frigerio è manifesto dell’errore: Hélder Baldé viene portato a spasso da Ogunseye, con Ferrara rimasto nella terra di nessuno e senza la collaborazione di Berto e Celesia. I due laterali non leggono l’azione, ci capiscono poco e possono solo allargare le braccia dopo il destro vincente di Frigerio. Peccato, però, che prima della rete foggiana fosse arrivata la chance per far diventare vincente la propria strategia. Altro sliding doors stagionale, ma non si può vivere di soli “se avesse segnato…”, quindi la rete che Fofana si divora è un misto tra rimpianto e rassegnazione. Unico vero spunto offensivo, prima e ultima volta in cui la fase d’attacco del Messina aveva messo da parte il lancio lungo e inutile. Balde che punta e l’area che si riempie. Non basta, perché Fofana spara al cielo. Il Messina finisce in quel momento.
IMPRESA, MIRACOLO – Le parole di Logiudice diventano il filo conduttore dell’analisi, perché dalle dichiarazioni del ds giallorosso si intuiscono i problemi ed i travagli interni di un Messina svuotato mentalmente e fisicamente. Una rincorsa fiaccante, ma che non può arrestarsi a tre curve dal traguardo. Cosa ci sarà dopo il taglio della linea non è ancora possibile saperlo, ma per trovare una festa travolgente bisognerà mettere in atto modifiche nette. Sì, anche di tipo tattico perché tre partite e venti giorni non sono uno scorcio così breve. Il Messina visto col Foggia mostra i suoi classici difetti: non c’è intensità e non può esserci perché questa squadra non ha cambio di passo, non ha elettricità. Vive di spunti e di strappi. Ma sempre negli spazi. Il Foggia li potrebbe anche concedere, ma i giallorossi non fanno nulla per condizionare l’avversario. Che, quindi, comprende di poter far male con le armi proprie del Messina stesso. Centravanti tattico e sponde da sfruttare per affondare. Iacoponi e Schenetti fanno il bello e il cattivo tempo. La ripresa è la fiera del nulla e della confusione. Il Foggia si difende ordinato e va a nozze quando il Messina decide che l’unica via per colpire siano ripetuti lanci lunghi. Thiam blocca senza fatica, quando il lancio è più corto è sempre preda del trio Leo-Kontek-Rizzo. Una passeggiata. Favorita anche dal pasticcio tattico che Raciti (voto 5) mette in atto. Ragusa è spentissimo, Grillo rappresenta tutto quello che non serve a una squadra col suo essere troppo innamorato di una giocata che non funziona. Restano in campo per tutta la sfida. Non avrebbero meritato nemmeno l’ora di gioco. Ortisi scelto per fare il terzino nell’arrembaggio disperato è la mossa di chi non più nulla da inventarsi. Mancino a destra, non per cercare una sovrapposizione tecnica ma per accentrarsi e sparare un altro inutile cross dalla trequarti difensiva. Il Messina non può segnare in alcun modo. Infatti, non segna e non ci va nemmeno vicino. Non una parentesi, ma una replica di Torre del Greco spogliata, però, della cattiveria sui 90′ dell’avversario visto che a questo Foggia non interessava stravincere. E adesso? Le vittorie di Viterbese e Fidelis Andria scuotono la zona playout con Turris e Gelbison che restano in ballo. Due successi che, poi, non chiudono del tutto nemmeno la possibilità dei 9 punti sulla penultima. Anche se, ormai, più complicata. Distacco di un punto dalla Turris salva, ma che sono 2 perché in caso di arrivo in parità gli scontri diretti aiutano i campani. Stesso discorso vale per la Gelbison, quindi il Messina deve vincere e sorpassare. Ambedue, o almeno una sperando che l’abbrivio di Viterbese e Fidelis Andria sia terminato. Nulla è perduto, tutto in ballo ma difficilissimo. Sabato di Pasqua in Basilicata contro un Picerno che avrà rallentato ma che non pare squadra da regali. In casa, poi, i ragazzi di Longo non perdono dal 23 dicembre contro il Catanzaro. Anzi, al Curcio il Picerno ci ha perso solo tre volte in tutto. Insomma, ci vorrà una vera impresa da ripetere, poi, nelle altre due sfide rimaste. Vincere sempre e fare i conti alla fine. Era questo il destino che attendeva il Messina. Era scontato sin dal primo giorno di gennaio, lo è sempre stato anche dopo le vittorie ed i 25 punti messi in fila dalla versione migliore dei giallorossi. Ed era chiaro, davvero, a tutti.
Fumagalli 6,5: due ottimi interventi nel primo tempo, poi sul gol non può nulla. Nella ripresa viene chiamato poco in causa.
Berto 5: fatica tantissimo nel leggere i movimenti avversari, sulla rete è in ritardo nella chiusura e non arriva sulla diagonale. (dal 32′ s.t. Zuppel s.v.)
Baldé 4,5: in confusione totale nella marcatura su Ogunseye. Troppo spesso si fa portare in giro per il campo. Quando alla fine decide di calciare una punizione non nelle sue corde trasforma la prestazione da insufficiente a grottesca.
Ferrara 5,5: tra i meno peggio, ma anche lui soffre i movimenti del duo offensivo avversario e gli inserimenti dei centrocampisti.
Celesia 5: sulla rete di Frigerio ci capisce pochissimo. Perde il contatto col giocatore, lo perde anche di vista e non pensa alla diagonale utile per occupare lo spazio che il centrocampista pugliese va ad attaccare. Malissimo in fase di palleggio. (dal 1′ s.t. Versienti 6: prova a dare la scossa e ci riesce anche saltando un paio di volte il suo diretto marcatore)
Fofana 4,5: non gioca un buon primo tempo, che diventa pessimo quando sul suo destro c’è la facile palla del vantaggio che lui spreca in maniera clamorosa. (dal 1′ s.t. Fiorani 6: molto bravo a capire il tipo di intensità richiesto dalla partita. Lotta, recupera e spreca poco, ma da solo non può cambiare la sfida)
Mallamo 6: lucidità a guidarlo anche nei momenti più difficili. Un paio di sbavature subito corrette, poi pulizia e razionalità in fase di possesso. Predica nel deserto.
Grillo 4,5: un corner col destro, uno col sinistro. Tutti corti e imprecisi. Emblema di una partita che prova a scuotere ma che pare più grande del suo momento attuale. Tanta leziosità e poca sostanza quando c’era da affondare il colpo.
Balde 5,5: prova a mettere in scena le sue giocate classiche, ma viene servito meno del solito in profondità e finisce col giocare spalle alla porta e facilmente marcato dagli avversari. (dal 23′ s.t. Curiale 5: mai un fattore. Ieri, oggi e chissà domani)
Ragusa 4,5: nel finale di gara mostra la sua resa non riuscendo neanche a seguire una ripartenza di Versienti. Corre molto, chiede palla. Vorrebbe ma non può perché la gamba non gira e la testa ne risente. Un circolo vizioso evidente e che sta distruggendo ogni sua speranza di essere decisivo. La cura è dentro di sé.
Perez 5,5: lavora tanto per la squadra, rispetto ad altre uscite è, però, più egoista in alcune circostanze ma gli esiti non sono pericolosi. Il gol non può mancare sempre. (dal 32′ s.t. Ortisi s.v.: come si può dare un giudizio a un trequartista mancino che entra per fare il terzino destro?)
FOGGIA Thiam 6; Leo 6, Kontek 6,5, Rizzo 6,5; Garattoni 6, Frigerio 6,5, Odjer 6,5, Schenetti 6,5, Costa 6 (dal 28′ s.t. Bjarkason 6); Ogunseye 6,5 (dal 22′ s.t. Beretta 6), Iacoponi 6,5 (dal 42′ s.t. Peralta s.v.). All. Rossi 6,5
*foto copertina: Acr Messina – sito ufficiale | ph. Francesco Saya