All’improvviso il calcio. Pietro Sciotto non risponde in maniera ufficiale all’offerta di Fabrizio Mannino, ma il suo diniego si manifesta dirompente con la mossa che spiazza: l’annuncio del nuovo tecnico. Giacomo Modica torna sulla panchina del Messina cinque anni dopo un addio turbolento.
IL PASSATO – Dove eravamo rimasti? Conferenza strana quella dell’addio del tecnico di Mazara del Vallo in quel lontano giugno del 2018. Da una parte il presidente Sciotto che annunciava la conferma di Modica alla guida del Messina, dall’altra un tecnico che smentiva e metteva tutto in discussione. Un addio palese e che si manifestò nei giorni seguenti con tanto di lettera aperta dello stesso allenatore. Non finì lì, perché nel tempo non mancarono le frizioni con tanto di carte bollate. Un salto nel tempo che serve per rimettere in ordine le idee, ma il tempo è alleato onesto per chi ha voglia di ripianare i dissidi. Pubblico e privato si dividono: così, dopo aver messo in piazza ogni discussione, succede che i rapporti tornino cordiali lontano da microfoni e comunicati stampa. Un rapporto che si era interrotto quello tra Sciotto e Modica, una separazione che – all’epoca dei fatti – aveva lasciato l’amaro in bocca per quel che sarebbe potuto essere. Sì, perché il Messina disegnato da Modica in campo rappresenta la pagina più divertente – calcisticamente parlando – dell’era Sciotto. Un 4-3-3 super vivace, verticale e spietatamente offensivo. Rosa modellata da Fabrizio Ferrigno, puntellata da Francesco Lamazza e portata al sesto posto da un Modica che aveva raccolto l’eredità dell’ultimo posto da Antonio Venuto. Un cammino che non portò a nulla, frenato dall’endemica incapacità di ottenere il bottino grosso lontano dal San Filippo. Classifica alla mano, quindi, non restò nulla di indelebile, ma le premesse per costruire un futuro sembravano esserci tutte. Invece no, perché tutto si ruppe. Il resto è storia nota. Una lunga serie di eventi che hanno riportato Modica sulla panchina del Messina.
IL PRESENTE – Il ricordo del passato non trova spazio nel presente. Non potrebbe e non può, non deve anche per la differenza di categoria e di pressione a cui Modica andrà incontro. Il presente racconta di un Messina messo in vendita lo scorso 18 maggio e rimasto tra color che son sospesi per motivi non ancora chiari. Un presidente Sciotto che ha lasciato tutto congelato per settimane con la complicità dei possibili o presunti compratori che si sono rivelati antagonisti con pari responsabilità. Per un impasse che non ha fatto altro che rallentare immotivatamente la stagione dei giallorossi. La minaccia di non iscrizione ripetuta più volte, quasi a voler convincere in primis sé stesso che quella promessa sarebbe stata mantenuta. In forte contrasto con l’evidente presa di coscienza che non sarebbe stato così. Che il Messina non avrebbe mancato la scadenza del 20 giugno era scontato, quasi banale passaggio sia per pesare ancora i presunti compratori che per non gettare nel cestino dell’indifferenziata 6 lunghi anni di sperpero economico con pochissime gioie. Il Messina nella prossima Serie C ci sarà, lo farà ancora sotto la guida di Pietro Sciotto. Il presidente non ha ritenuto di dover presentare una risposta ufficiale alla pec contenente l’offerta di Fabrizio Mannino. Scelta che oltrepassa ancora il limite delle regole di ingaggio, ma che risuona come modalità fortemente voluta per sfregiare con sprezzo quanto messo sul piatto da Mannino. Inaccettabile dal suo punto di vista, anche se resta la curiosità di comprendere a quanto ammonti il valore del club secondo Sciotto. Una trattativa – cosa che questa commedia farsesca non è mai stata – dovrebbe basarsi su presupposti diversi: una domanda, un’offerta, l’eventuale controproposta e via dicendo. Il tutto dal vivo, o almeno il più possibile. A Messina si è stati tutti spettatori di altro, di non si sa bene cosa, ma sicuramente non di una trattativa. Due posizioni troppo distanti, inconciliabili, con i due protagonisti convinti di aver ragione nell’aver tenuto il proprio punto. Il vero peccato non sarà mai la cessione o la non cessione, quello rientra nei diritti delle parti. No, il vero problema è l’aver buttato più di 40 giorni per giungere a un finale dalle modalità grottesche. E nessuno si senta assolto o provi sempre a scaricare responsabilità altrove. Tutto poteva, anzi doveva, essere risolto molto prima. Tant’è… non conta più nulla perché il Messina ha già voltato pagina.
IL FUTURO – Che Messina sarà? Domanda che pare precoce, ma che buttando un occhio al calendario arriva già in ritardo. I tempi saranno serrati, con Domenico Roma che occuperà la casella di direttore sportivo. Un ritorno anche per lui che nella gestione Modica era team manager con ambizioni da ds già all’epoca. Studio e lavoro negli anni, ultima esperienza non eccelsa a Lavello in Serie D. Conta il giusto, perché di personaggi dal passato glorioso e dal presente inesistente se ne sono visti passare tanti. Al contrario chissà e le premesse lasciano il tempo che trovano. Roma avrà il duro compito di costruire una rosa praticamente da zero, col vantaggio di conoscere a menadito i voleri tattici e tecnici di Modica. Inutile abusare del peggior termine possibile, cioè budget, perché come ogni anno conterà la capacità di spendere. Intanto, però, ci sarà da capire se i sette reduci della scorsa stagione verranno confermati o vorranno rimanere. Offerte e ipotesi per quasi tutti loro, lecito ma si risolva il tutto velocemente. Di argomenti spinosi ne restano due: ritiro e stadio. Responsabilità che rientrano tra quelle del direttore generale (del tutto o in parte, dipende sempre dalle deleghe che una proprietà decide di concedere), peccato che non si sappia il nome. Lello Manfredi ha occupato la poltrona nella scorsa stagione, i rapporti col presidente Sciotto non sono mai stati davvero tesi a differenza di quello che il chiacchiericcio ama sottendere, ma la sua conferma non è per nulla scontata. Addio che resta possibile. Anche plausibile – ma questo è un personale libero pensiero già rivelato durante la passata stagione -, così da dare un taglio netto con quanto fatto (voto ampiamente insufficiente) negli anni scorsi. Tanto quanto.