Prendere atto. La sconfitta del Messina contro il Brindisi è di quelle difficili da digerire, ma la caduta nel match coi pugliesi pare rivelare parte vivida dell’anima della squadra giallorossa. Una rosa di buona qualità, con una precisa identità tecnica e, anche, con una precisa incostanza emotiva.
AUTOCRITICA – Fin troppo duro con sé stesso, Giacomo Modica, quando si prende la totale responsabilità della sconfitta. Un post partita onestissimo dell’allenatore mazarese, bravo nell’accentrare le colpe per sgravarle dalla rosa ma il tentativo di edulcorare la critica nei confronti dei calciatori riesce solo in parte. Responsabilità, quindi, da dividere. Modica riparte da quel 4-2-3-1 ibrido visto già a Picerno, con la differenza che i lucani erano squadra da prendere a specchio anche per la possibilità di attaccare alcuni spazi lasciati per identità. Il Brindisi no, la squadra di Danucci arriva con una crisi sopra le spalle che consiglia il tecnico a sconfessarsi per passare a una difesa serrata e soffocante. Una coppia offensiva molto fisica che sa attaccare la profondità con Bunino e accorciare il campo con la prepotenza fisica di Fall, una coppia che mette in crisi la linea guidata da Manetta molto presto. Non perché il Messina rischi in maniera effettiva, ma per quella sensazione strisciante che la fragilità possa trasformarsi in frantumi al primo scossone. Che arriverà nel finale, anche per un errore, come punto di un discorso che aveva visto il Messina fare scena muta. Dal fischio di inizio alla rete di Ganz, infatti, Ragusa e compagni non producono assolutamente nulla. Un buio pesto inspiegabile e che, difficilmente, può essere addossato alla sola preparazione della sfida gestita da Modica. Fa bene il tecnico a dirlo, poi tocca a chi sta dall’altra parte pesare pensieri e parole. Quella contro il Brindisi, infatti, è sembrata l’opera omnia degli errori e dei difetti di cui questa squadra è capace. Emmausso che si mostra abulico fino a sembrare – anche se non lo è – svogliato. Dal numero 10 passa gran parte del gioco, soprattutto in un sistema che lo vuole al centro e non più dirottato sulla corsia. Forse, però, il suo talento si accende più facilmente se chiamato a esistere in maniera spontanea e lampante. Si perde in finte, controlli altezzosi e nessuna concretezza. Dopo una decina di giornate arriva il momento in cui iniziare a trarre delle conclusioni. E anche quello di dividere la critica in categorie. Ovvio, una squadra è un totale, ma i singoli hanno sempre avuto il loro peso specifico. Quelli che devono fare la differenza nel Messina sono arcinoti e da loro diventa lecito, oltre che obbligato, attendersi quel qualcosa in più anche in una giornata preparata (forse) male.
GIOCO E SINGOLI – Le responsabilità di Modica, dicevamo, non vanno nascoste o diminuite. La scelta tattica è rischiosa, si presta al gioco di un Brindisi che gode nel vedere ammassarsi maglie nelle trequarti offensiva giallorossa per poi attaccare tanto campo scoperto. La mediana a due non va in sofferenza fisica o di movimenti, ma finisce presto in apnea perché poco aiutata e costretta a una precisione calibrata dato che il quartetto offensivo fatica nel ricevere sul movimento. Franco è impreciso anche nel passaggio più semplice, così si comprende presto che la serataccia è generale. Nell’analizzare questa sfida, poi, diventerebbe semplice concentrarsi sugli aspetti difensivi e martellare sull’orrore che costa la rete di Ganz. Sì, però il vero problema di questo Messina è l’attacco. Lo dicono i numeri: il Messina ha segnato solo 9 reti, penultimo posto al pari di Catania e Virtus Francavilla e davanti solo al Giugliano con 5 reti. Troppo poco, sia per la tipologia di calcio voluta da Modica che per i protagonisti presenti. Questa rosa, infatti, non può essere avvicinata a quelle viste in anni precedenti. Il livello è di buon valore, tale da attendersi un rendimento maggiore. Chiaro, la carta canta ma la realtà dice la verità. Quella del Messina confessa che l’attacco segna pochissimo perché crea – singolarmente – troppo poco. Il solo gioco basta fino a un certo punto, perché anche il sistema più razionale prevede la capacità del singolo di incidere. Cavallo è un giovane che conserva una buona tecnica, ma senza le scelte giuste servirà sempre a poco. Fatica a ragionare di insieme non servendo mai la sovrapposizione, si incarta nel dribbling che non riesce e non è mai veramente concreto. La categoria pesa per un esordiente, però la pazienza è limitata. Modica deve lavorarci, ma lui dovrà metterci del suo. Discorso diverso per Ragusa: il capitano resta il simbolo della salvezza con quella zampata che sembrava farlo rinascere. L’estate non è stata alleata e la sua condizione sembra tornata indietro di mesi. La questione fisica, però, non può diventare l’eterna coperta di Linus del numero 90. In un recente post partita rivendicava il diritto e la possibilità di poter giocare una gara per intero, ma le parole non sono gratis e quando si è chiamati a dimostrare non si può far finta di non averle dette. Il tempo resta dalla sua parte, ma iniziare a riflettere su quale possa essere il suo reale contributo diventa scontato.
PEGGIO DIFFICILE, MA UGUALE? – In definitiva, quindi, questo Messina pare essere sia quello visto contro il Brindisi che quello visto con Avellino, Giugliano, Picerno o Casertana. Insomma, il Messina è questa cosa qui. Una squadra con buona tecnica, con alcuni giovani da formare, con alcune lacune evidenti e con un caratteraccio dal punto di vista emotivo. Quello stato di umore variabile che ti fa incappare in serate come quella contro il Brindisi. “Peggio di così è difficile fare”, Modica chiude così la sua analisi ed è chiaro che si discosti pochissimo dalla realtà. Forse, fare peggio è difficile ma fare uguale resta probabile. Sarà dura da accettare, occorrerà correggere questa deriva ma diventa difficile contestare un’anima emozionale così oscillante. Il lavoro sul campo conterà e sistemerà molte cose, con la consapevolezza che la stagione sarà costellata di alti e bassi che daranno una somma finale che dirà quanto questa squadra dovrà avere rimpianti o soddisfazioni. La salvezza deve essere l’obiettivo primario, ma pensare di poter far di più è uno stimolo necessario soprattutto per un gruppo che non deve mai trovare la cattiva scusa della pigrizia da classifica per staccare la spina più facilmente. Insomma, le motivazioni contano e quelle di questa squadra devono sempre sembrare più difficili di quanto siano per tenere la corda ben tesa. Non archiviare, quindi, ma prendere atto e sapere convivere coi propri difetti per poterli sopire al momento giusto. Calendario che non permette riposi dato che domenica c’è il Crotone e nella settimana Taranto e Benevento. Immergersi nel lavoro di campo e in quello di preparazione mentale. Svuotare le giornate di polemiche cavalcate da altri sarà un passo importante anche per Modica. Finito, nonostante avesse espresso una semplice preghiera (come da lui detto), in mezzo a una rincorsa di suscettibilità e piaggeria sul tema campi d’allenamento e di conseguenza San Filippo. A proposito, nonostante Modica ed i suoi ragazzi non lo calpestino – se non per brevi momenti – durante la settimana, il terreno è sembrato saltare nei punti più stimolati dai calciatori in campo (e anche da qualche driver poco attento). Logica conseguenza di un lavoro rimasto in superficie per tempi ristretti di cui, comunque, l’amministrazione era ampiamente consapevole vista la grande frequenza di impegni estivi che gravano sulla struttura. Appuntamenti che non devono mai mancare e che, anzi, si spera – per il bene della comunità economica – si moltiplichino, sempre al netto di una manutenzione ordinaria e straordinaria che consenta lo svolgimento regolare del lavoro della squadra cittadina. Il tutto, giova ricordarlo, a spese non propriamente del Comune dato che le tasse – anche quelle legate alla partecipata Messina Servizi che ha in gestione l’impianto – vengono pagate dall’intera cittadinanza.
*foto copertina: Acr Messina – Facebook ufficiale | ph. Francesco Saya