Messina: c’erano un francese, un americano e Pietro Sciotto
Pubblicato il 22 Luglio 2024 in Primo Piano
Come una barzelletta… che non fa ridere. La situazione in casa Messina è passata dall’essere nebulosa al diventare tremendamente grottesca. Colpa di tutti, nessun escluso. Trattativa con un’entità sfuggente e attuale proprietà che sciorina comunicati, organigrammi e buoni propositi.
LA TRATTATIVA – “Esiste”, “non esiste”… questo è il dilemma. Ma non serve avere dubbi, perché la trattativa è reale. Confermata – a più riprese – dall’attuale proprietà e corroborata da precise dichiarazioni – rilasciate a Emanuele Rigano de La Gazzetta del Sud – di chi ricopre il ruolo di interfaccia in nome del fondo americano interessato. Certo, la lunghissima e intensissima stasi silenziosa che ha caratterizzato il mese di giugno e luglio non aiuta ad avere fiducia. Il Messina – quando si rammenta di essere, oltre che un’azienda, un bene comune – ha sottolineato più volte la forza del gruppo acquirente. Non l’unico riferimento, perché è vecchia di solo qualche giorno la puntualizzazione che la trattativa avrà un esito positivo o negativo per esclusiva volontà di chi deve comprare. Perché? Tutto sarebbe da rintracciare nel famoso “preliminare” dello scorso 23 giugno, nel quale ogni passaggio sarebbe stato messo nero su bianco. Le virgolette vanno usate, però, dato che – al netto di quanto possano scalciare i suscettibili protagonisti – non è poi chiarissimo se si tratti di un preliminare vincolante o un’idea di base su come stipulare l’accordo finale. Certo, tutto sarebbe più chiaro se le parti decidessero di venire allo scoperto. Entrambe eh. Invece no, vige il silenzio dettato dal riserbo obbligato da un patto tra le parti. Giusto… per le prime settimane, grottesco al limite del risibile oggi. Concetto che facciamo nostro – ricalcando quello dello stesso Rigano sempre su Gazzetta del Sud e Pietro Di Paola a TCF -, anche per sottolineare come non ci sia alcun silenzio arrendevole da parte della stampa. Inoltre, pensare che si stia tutti in attesa è un altro errore che parte della piazza non deve commettere. Le interlocuzioni, infatti, possono anche essere quotidiane, ma non si approntano parvenze di notizie su frasi a mezza bocca o avverbi assertivi. Le parti non vogliono esporsi e quello che viene pubblicato rappresenta ciò che filtra. Resta lo sbigottimento per un comportamento del genere. Lo stesso stupore (rabbioso) che si è generato in una tifoseria arrivata allo strenuo delle forze. Martedì 23 luglio – ore 18:30, piazza Municipio – si scende in strada per alzare la voce e mettere un punto sulla tolleranza avuta fin qui. Il primo obiettivo resta Pietro Sciotto, non fosse altro perché lui è il presidente, proprietario e unico decisore sulle sorti del Messina.
FRANCESI, ANZI NO… AMERICANI – O anche anglo-americani, anche se ci tengono a dire di non essere per nulla anglo, al massimo con sede legale in Lussemburgo. Normale che sia così, per intenderci moltissimi fondi americani che hanno una sede in Europa puntano sul Lussemburgo e non serve spiegare i motivi. Ma questi americani da dove spuntano fuori? Bella domanda, perché dalla sera alla mattina è cambiata la bandiera straniera con cui il Messina stava trattando. In che senso? Non vorremmo confondere le idee, ma l’estate del Messina è stata davvero complicata. Come figura di sfondo c’è sempre stato Fabrizio Mannino, tipo tappezzeria, che però non convince la proprietà. Poi, è arrivato il tempo di Minore: rispedito al mittente il suo affondo, oltre alle sue lettere di puntualizzazioni che non interessavano nessuno. Pian piano, si è fatta sempre più solida l’idea che il Messina potesse finire in mani straniere, francesi nello specifico. Enea Benedetto è il nome che circolava nel Deep Web giallorosso. Nome mai confermato. Per giorni – forse settimane -, però, è stato lui l’uomo che sembrava dover subentrare a Pietro Sciotto. Con una carriera sportiva alle spalle non di buon auspicio. Di colpo, poi, la pista francese si è spenta per non dare più segnali di vita. Mistero. Nel frattempo, però, la lingua pronta a conquistare Messina era diventata… anglosassone, diciamo. Pista diventata molto più concreta proprio grazie alle dichiarazioni rilasciate – come detto in precedenza – a Gazzetta del Sud dall’intermediario tra le parti. Una traccia di sé, un segno di esistenza. Chiaro, il peso specifico di chi fa da mediatore vale fino al punto in cui il compratore deve entrare in scena. Nel senso, la parte operativa di spesa e acquisizione non rientra nei suoi compiti. In quel momento entra in scena il compratore. Logica che, tra l’altro, sembra venire fuori in maniera abbastanza chiara dagli scritti dello stesso Messina. Si legge: “La proprietà rende altresì noto che, con riferimento alla proposta di acquisto da parte del gruppo acquirente, la tempistica è rispettata come indicato nell’accordo dello scorso 23 giugno. L’ACR Messina, si augura che il closing, non più dipendente dalla propria volontà, si possa concretizzare al più presto con il passaggio delle quote del pacchetto di maggioranza”. Insomma, la fase di studio, analisi dei conti e modalità sembra messa in archivio positivamente. L’accordo del 23 giugno è vincolante? Che durata ha? Due domande che sono rimaste inevase. Mistero fitto. La riservatezza, in casi del genere, è un pregio ma dopo un tale numero di settimane servirebbe comunicare pubblicamente sé stessi. Senza esagerare. Certo, magari il fondo – come alle volte accade per questa tipologia di investitori – non ha così tanta voglia di esporsi, ma basterebbe una brevissima nota stampa con cui l’interfaccia spiegasse i passaggi che il fondo deve rispettare, senza nominarlo. Nulla di tutto questo, quindi diventa lecito stancarsi. Eh già, prima di un loro possibile arrivo la misura è già colma. Magari, il passaggio di proprietà arriverà e si scriveranno pagine di grande calcio, ma resta l’essere partiti col piede sbagliato nei confronti della piazza e della tifoseria con cui si intende creare un legame. Siamo smaliziati e neanche troppo romantici, il calcio è cambiato diventando un business crudele. Ma la chiarezza e la linearità dei comportamenti rientrano nella casella dell’educazione sociale. Sul punto: bocciati.
PIETRO SCIOTTO – La questione personale, umana, non è il caso di metterla in piazza. L’uomo Pietro Sciotto ha vissuto il suo percorso da paziente e chi – come chi scrive – conosce il tema non può far altro che augurare una ripresa veloce. Uomo e presidente sono entità che si sovrappongono, ma i due percorsi vanno slegati. Non per disumanità, ma sempre per il crudele capitalismo a cui dobbiamo soggiacere. Come non si sono fermate le aziende della Sciotto Automobili, così non doveva fermarsi il Messina. Invece no, il club giallorosso è rimasto congelato. E non solo in tema trattativa, ma tutta la trafila che ha portato al rinnovo di Modica e la nomina di Pavone non è da club di livello professionistico. Il tecnico si è auto-annunciato, con la conferma ufficiale arrivata settimane dopo. Il ds è arrivato spezzando la stasi – e forse con l’accettazione silenziosa di chi sta trattando -, ma non è stato presentato. Modica e Pavone lavorano alla rosa, ma in nome e per conto di chi? “Del Messina!”, direte giustamente voi, ma la vita è meno romantica di così. In questa fase di trattativa di cessione del club diventa strano assistere al balletto del calciomercato. Certo, il problema è il tempo. Non essendo più il mese di maggio – quello giusto per certi affari -, occorre essere vivi sul mercato. Quindi, Modica indica la via tattica e Pavone opera. E quando arriveranno (se arriveranno) i nuovi proprietari? Si prenderanno quello che c’è e lo integreranno. Perché, sia chiaro, questo teatrino non potrà protrarsi ancora per molto. La tifoseria scenderà in piazza martedì pomeriggio e pare arrivare, così, il punto di non ritorno tra Messina e Sciotto. La questione è umana e professionale. Il presidente giallorosso sembra aver preso atto che la rottura è di quelle insanabili. In passato la contestazione è stata aspra e dura, ma Sciotto sembra sempre essere stato capace di andare oltre. Sì, il famoso striscione gli faceva male, ma era diventato un fastidio sopportato. Oggi, non è così. Non è più una contestazione, adesso è una rottura prolungata non figlia della delusione sportiva sul tipo di squadra che verrà messa in piedi. No, la piazza sembra non voler più digerire il pressapochismo di queste stagioni. Se Sciotto passerà la mano, infatti, non lascerà alcuna eredità. Nulla. Niente settore giovanile, niente sede, niente strutture. E in 7 anni tutto questo poteva essere creato. Soprattutto, da un imprenditore il cui storico rivela la capacità di creare un impero da zero. Gli ingredienti c’erano tutti, ma non si è mai fatto il passo. Tanto da non capire, dopo 7 anni, quale fosse l’obiettivo finale di Sciotto. Quale la meta. E non intendiamo solo sportiva. Anche quella resta mediocre, anzi peggio: lasciata al caso. Una specie di “speriamo che vada bene”, così l’allenatore di turno avrebbe dovuto trasformare una rosa da fascia medio-bassa in una specie di impresa leggendaria. Non funziona così. Il carico, certamente, è stato messo dalla stasi nella trattativa di vendita. Con quella sensazione – che continua a pervadere la città – che non si voglia realmente cedere e contemporaneamente nemmeno alzare l’asticella. Le parole del club dicono altro: che la cessione non dipenda più da loro ma da chi deve comprare. Si vedrà. Se non arriverà alcun cambio di proprietà, però, la convivenza sarà complicata. Intanto, domani si parte per il ritiro. Che arriva dopo un altro piccolo pasticcio organizzativo e comunicativo, ma finisce in cavalleria perché è solo l’ennesima riprova di quanto già detto. Una rosa – al netto di chi sarà il proprietario – verrà messa in piedi. L’aspetto tecnico, però, è l’ultimo dei problemi. E ne parleremo.
*foto copertina: Acr Messina – Facebook ufficiale | ph. Francesco Saya