Tavares, dagli allenamenti con Cristiano Ronaldo alla svolta Messina

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Pubblicato il 28 Aprile 2016 in Primo Piano

Evacuo, Sforzini, Guazzo. Alla fine dell’estate 2015, la Lega Pro per il Messina è una certezza, l’organico quasi pronto. Manca solo il centravanti. I nomi fioccano, e sono sempre altisonanti. Roba da copertina, da ingaggio a sei cifre. L’euforia per la riammissione in terza serie, in quel momento, ha finito con l’oscurare una situazione finanziaria che prevede investimenti oculati e un budget risicato: i nomi di cui sopra non sono alla portata del Messina. Il problema rimane: il d.s. Argurio, comunque, deve riempire l’ultima casella rimasta vuota.

LISBONA-ROMA, SOLO ANDATA – Alla fine arriva Diogo Tavares, portoghese nemmeno troppo conosciuto che fino a quel momento ha vissuto fortune alterne. Non è un colpo che fa breccia nel cuore dei tifosi. Almeno fino al suo esordio, momento in cui Diogo lascia subito il segno. É l’inizio di un’avventura che merita di essere congelato dentro un blocco di parole. La storia è più o meno questa. Il Messina chiude la trattativa con il procuratore del portoghese, che in quel momento si trova a Lisbona. Tavares sposa il progetto Messina, sedotto, dopo una serie di colloqui telefonici, dalle parole di Argurio. Il club giallorosso non è l’unico pretendente: sulle tracce di Diogo c’è anche l’Ancona, squadra nella quale Tavares aveva giocato fino alla stagione precedente, realizzando 8 reti in 32 presenze. Il Messina in quel momento si trova in ritiro in Puglia per preparare l’esordio in campionato, a Monopoli. Tavares si imbarca sul diretto Lisbona-Roma. Dalla capitale, poi, arriva a Bari in treno. Ad attenderlo alla stazione ci sono il d.s. e il vice presidente Pietro Gugliotta, con i quali, in macchina, raggiunge i compagni in ritiro. Il portoghese salta a piè pari convenevoli e presentazioni di rito. Cena veloce, due chiacchiere col mister e poi subito a dormire. L’indomani mattina lo aspettano 150 chilometri di viaggio per raggiungere la struttura nella quale si sottoporrà alle visite mediche. Rientra in tempo per il pranzo, poi con la squadra raggiunge il Veneziani. Si accomoda in panchina, Diogo. Il Messina è sotto, punito dal gol dell’ex Croce.

Il gol di Diogo Tavares all’esordio

DISCESA E RISALITA – Il resto è storia nota: l’ingresso di Tavares con la maglia numero 19, quel colpo di testa all’ultimo respiro che incanala da subito la stagione del Messina sul binario giusto: “Un momento magico, che non dimenticherò mai. Sicuramente uno degli episodi più significativi di questa avventura in giallorosso”. Non è l’unico, quindi. “Poi c’è il gol contro il Martina, l’esultanza, l’abbraccio di tutti i compagni. In quel momento ho sentito la vicinanza di tutta la squadra, un affetto immenso”. Il suo destro è un concentrato di potenza e rabbia. Un bolide che quasi spezza la rete. Una liberazione, un modo per scaricare la pressione legata alle voci che vogliono Diogo in partenza a gennaio. Non solo: è anche l’opportunità per lasciarsi alle spalle un girone d’andata scandito da infortuni continui e da una nuvola di scetticismo che si era ingigantita col passare del tempo. Diogo non si muove. “A volte, nella vita, la sofferenza interiore per le circostanze esterne può schiacciarti. Ho vissuto momenti complicati, ma a un certo punto è scattata dentro di me una rabbia che mi ha permesso di svoltare. Nella mia testa ha iniziato a scorrere una frase: “attacca sempre la porta”, parole che una volta mi disse Giovanni Cornacchini, allenatore dell’Ancona”. Uno che in materia di gol ha tanto da dire, perché si tratta di un cecchino, di un attaccante di razza, uno dei più prolifici della storia della serie C: tra gli anni ’80 e gli anni ’90 realizzò qualcosa come 117 reti.

Il gol del 3-0 contro il Martina

LA SVOLTA – Parole decisive, un mantra che da un certo momento in avanti Diogo fissa a dovere nello schermo della sua mente. É la svolta. Diogo in campo adesso raggiunge quel next level a cui ha dato la caccia per un’intera carriera, iniziata con le giovanili dello Sporting Lisbona, primo vero step che sancisce un passaggio importante. Diogo ama il calcio, da sempre. “Mia madre mi racconta spesso che quand’ero piccolo dormivo sempre con sette-otto palloni sul letto. Poi è arrivato lo Sporting, il club che mi ha fatto diventare un calciatore, un’esperienza fondamentale nella mia vita”. Ai tempi, nelle giovanili dei Leões si sta formando anche un giovane di grande prospettiva, uno che nel giro di pochi anni diventerà un gigante di livello interplanetario: Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro, CR7, per i millenials. “Una volta a settimana ci allenavamo con i compagni più grandi. Ronaldo era tra questi. Magari la gente pensa che fosse già un talento mostruoso, non è così. Lo è diventato nel tempo, grazie alla determinazione che lo ha sempre contraddistinto. E alla voglia di essere sempre migliore degli altri”. Suona come una bestemmia, questo racconto sulla presunta non predestinazione di Cristiano Ronaldo. Probabilmente non lo è, perché abbiamo imparato a conoscere Diogo, la sua integrità, la sua tendenza a esprimersi senza troppi filtri.

MESSINA NELLE VENE – Nessun tatticismo, quindi, nemmeno quando si tratta di rispondere alla domanda che riguarda il suo futuro. “Io sono estremamente soddisfatto di essere qui. Se qualcosa dentro me è cambiato, lo devo a questa piazza, al suo affetto, alle sue continue manifestazioni di amore nei miei confronti. Qui sento qualcosa che non avevo ancora incontrato nell’arco della mia carriera. Il mio desiderio è rimanere a Messina, ne sarei felice, davvero. Dall’altra parte, però, c’è una società che deve fare le sue valutazioni. Una proprietà che ha già fatto grossi sacrifici per tenere in piedi questo progetto dopo aver rilevato il club. I vertici dovranno prima programmare la prossima stagione: il primo step è quello, non il rinnovo di Tavares o chicchessia. Dopo aver messo nero su bianco propositi e obiettivi, dopo aver decretato quello che sarà il budget, allora arriverà il momento di scegliere chi farà parte del Messina che verrà”. Tavares non pretende nulla, aspetta. Sul campo, intanto, corre più di prima, si sacrifica, segna come non aveva mai fatto in passato. Il traguardo della doppia cifra è stato tagliato, gli sono bastati 45’ contro l’Akragas. “Non avendo praticamente fatto la preparazione, per me è un grande risultato”. 1642 minuti in campo, 10 gol, in media uno ogni 162’. Nel rapporto tra il tempo trascorso in campo e le reti realizzate, Diogo ha anche abbattuto la buona media realizzativa maturata ai tempi in cui indossava la maglia del Lugano: “Esperienza un po’ strana, quella. Ero stato convocato per il Mondiale under 20, poi sono andato in Svizzera, saltando la preparazione. Ho segnato parecchio, nei primi sei mesi. A gennaio mi cercava il Wolfsburg, ma sarei potuto anche tornare al Genoa. Alla fine sono rimasto, mi sono strappato e la mia stagione è finita in netto anticipo”.

IMPARARE DAGLI ULTIMI – Tavares osserva. Anche quando cavalca la cresta dell’onda non si concede abbagli. C’è un pensiero, espresso durante una conferenza, che spiega bene chi sia Diogo Tavares. Al centro del suo discorso Daniele Frabotta, terzino destro finito nel retrobottega del San Filippo a metà stagione, fuori lista con Barraco: “A me non è mai successa una cosa del genere. Magari sì, qualche allenatore non mi considerava, non mi vedeva nemmeno, ma non mi è mai stata negata la possibilità di giocare a priori. Quando vedevo Frabotta allenarsi a mille, essere sempre presente, disponibile, correre in partitella come e più degli altri, quando vedevo tutto questo, dicevo a me stesso: lui non ha nemmeno la speranza di andare in campo, io che ho questa possibilità devo dare come minimo tutto me stesso, almeno tutto quello che Daniele ha espresso ogni giorno in allenamento, fin quando è rimasto con noi”.

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