Antonio Sangiorgi dentro il Corner. Tra passato e futuro del Messina
Pubblicato il 17 Settembre 2015 in Sala Stampa, Storie
Le prime volte allo stadio ci andava con “Donna Lucia”, un’infermiera, che era anche una tra le poche donne che a quei tempi frequentavano il Celeste, sempre in curva nord. La prima radiocronaca, invece, l’ha fatta con un cellulare prestatogli da Leo Vanzetto, ex centrocampista giallorosso. Era il 1994 ed era anche il giorno dell’Immacolata, si giocava Bagheria-Messina, nel Cnd, con Aronica in nerazzurro. Antonio Sangiorgi, giornalista professionista, 49 anni, da 16 lavora a Rtp.
Ama il calcio, tifa Inter e nell’annosa diatriba tra apocalittici e integrati del web 2.0 si è iscritto al partito dei primi: diffida dai Social Network, Sangiorgi, “perché ognuno si arroga il diritto di dire ciò che vuole, a volte senza cognizione di causa”. È il conduttore di “Antenna Giallorossa”, appuntamento ormai tradizionale del lunedì sera per i tifosi del Messina. Le cravatte che indossa le sceglie la moglie.
LINEA MORBIDA CON PLM – Scaramantico come ogni calciofilo che si rispetti, a volte è stato tacciato di avere adottato una linea troppo morbida durante l’ultima, infausta stagione sotto l’egida di Pietro Lo Monaco. L’onestà intellettuale per un’autoanalisi lucida e obiettiva non gli manca: “Vero, qualche volta ho difeso l’ex patron quando forse ormai era indifendibile. Perché l’ho fatto? Solo per paura che dopo Pietro Lo Monaco ci fosse il nulla e che nessuno prendesse a cuore le sorti del Messina. Temevo l’ennesimo salto nel buio. Ecco perché non ho sconfinato verso un livello di critica feroce. Detto questo, per certe questioni PLM aveva ragione nella sostanza, ma troppo spesso sbagliava nella forma: la comunicazione non era il suo forte. Cosa mi ha lasciato la sua gestione? Due anni mediamente esaltanti, e il terzo, invece, sostanziato da una delusione cocente, sotto ogni aspetto”.
Perché ho difeso Lo Monaco? Solo per paura che dopo lui ci fosse il nulla.
IL CAMBIO AL TIMONE – Una parabola in discesa, la storia della presidenza di PLM, il cui punto più basso è stato raggiunto nel pomeriggio di quel 30 maggio, con la profanazione del San Filippo da parte del rivale di sempre e la caduta libera nel pantano del dilettantismo. Poi le trattative per la cessione del club, quella mai realmente decollata con la cordata italo-americana e quella che si è risolta nella cessione delle quote societarie alla cordata Stracuzzi. “Devo dire che non credevo molto a questa trattativa, per le difficoltà di carattere finanziario e perché fondamentalmente non ero convinto che Lo Monaco volesse cedere. Poi mi sono ricreduto. Quando? Nel momento in cui ho capito che PLM non bleffava e che voleva davvero disfarsi del giocattolo. A un certo punto qualcosa si è rotto, forse proprio a causa dell’atteggiamento strafottente che da un certo momento in avanti ha contraddistinto la sua presidenza. L’unico che in qualche modo ci credeva era il figlio, Vincenzo, e a surrogare questa idea c’è quell’ormai famosa intercettazione che nella sostanza inchioda il padre e scagiona il figlio. La nuova proprietà, comunque, è stata tenace e coraggiosa ad accollarsi una massa debitoria importante”.
COLPACCIO GRASSANI – Coraggio premiato, poi, dalle vicende extra sportive. “Non avevo dubbi: gli elementi probatori a carico della Vigor erano abbastanza netti e la rilettura data dalla Corte di Appello è frutto di una più attenta disamina delle carte rispetto a quanto era stato fatto dal Tribunale Federale. La nuova proprietà inizialmente aveva sottovalutato il problema, poi la scelta di Grassani, uno che ha centrato tre vittorie su tre processi (Ascoli, Entella, e infine Messina, ndr), si è rivelata la migliore possibile. É necessario, in questi casi, affidarsi a un professionista della materia”.
LA SFIDA DI ARGURIO – Domenica inizia il campionato. Prima puntata di una nuova avventura che parte da Monopoli, dove il Messina dovrebbe presentarsi con l’organico al completo alla fine di una full immersion dentro la finestra suppletiva di mercato concessa ai club rispediti in terza serie. Una macchina nuova di zecca, consegnata ad Arturo Di Napoli nel breve volgere di due settimane. Manca ancora qualcosa, ma c’è quanto basta per una prima valutazione dell’operato del nuovo diesse: “Ad Argurio do un 7 e mezzo, ed è un voto figlio di un’analisi che non può non tenere conto dei tempi stretti in cui ha dovuto chiudere le operazioni; e poi va considerato il fatto che si sia dovuto barcamenare, avendo a disposizione un budget preciso e limitato. Ha lasciato Agrigento per Messina, il certo per l’incerto: una scelta di cuore, ma anche un azzardo. Il mio, quindi, è un voto di stima, anche per quello che potrà fare a gennaio, momento in cui emergerà il suo valore, quando dovrà portare in biancoscudata perfetti sconosciuti per poi valorizzarli. Questa è la specialità di Christian Argurio”.
IL MESSINA E LE ALTRE – Al giro di boa gli orizzonti stagionali dei giallorossi saranno più nitidi. Ma oggi i tifosi vogliono capire che campionato debbano aspettarsi. “Mi auguro che il Messina ricalchi quanto fatto dalla Danimarca agli europei del 1992: era in vacanza, fu richiamata e vinse il torneo”. Forse un volo pindarico. Teniamoci bassi. “Beh, mi accontento di una permanenza tranquilla per mettere basi solide in un contesto difficile, con una situazione economica più complicata di qualche anno fa”. Eppure nelle prime uscite, le candidate alla vittoria finale non è che abbiamo fatto faville. “Già, perché in questo torneo bisogna correre. C’è un campo che sentenzia e i cui giudizi spesso sfuggono alla logica dei nomi altisonanti come presupposto per vincere. Queste prime giornate ci hanno detto che bisogna riconsiderare squadre partite senza troppe ambizioni e che invece attraverso l’organizzazione esprimono un ottimo calcio. Penso alla Paganese o alla Fidelis Andria”.
AMARCORD – Un tuffo all’indietro. Sangiorgi, che di partite ne ha viste tante, ricorda ancora le puntate più significative della recente storia del Messina. Ombre e luci che si rincorrono. “I peggiori ricordi? Ascoli-Messina, quando Zaniolo sbagliò il goal. Poi la sconfitta interna contro il Catania, 0 a 2; quella ad Avellino e ancora a Lecce, nel playoff contro il Benevento. Senza dimenticare la doppia débâcle della scorsa stagione contro la Reggina. Gioie? Una delle partite più emozionanti ricordo di averla vista dal basso, contro il Savoia. Serie C1 2000/2001, segnò anche Portanova. Non posso dimenticare l’acustica del Celeste da bordocampo. Una cosa che non ha prezzo. In quel campionato anche una favolosa vittoria in trasferta a Palermo. E poi la vittoria per 3 a 1 in esterna, a Empoli. Doppietta di Muslimovic, era il 6 gennaio del 2006”.
CALCIO IN TV – La Serie A, il paradiso del calcio italiano. La Rtp sempre sul pezzo, a quei tempi. Oggi qualcuno rimprovera alla prima televisione della città dello Stretto la poca attenzione rivolta al pallone fatto in casa. “Questo è un momento di riorganizzazione. Non manca la volontà, ma ci sono delle priorità e la televisione sfrutta le proprie risorse come meglio crede. Ma non c’è nessuna intenzione di trascurare il Messina, anzi: i primi che vorrebbero fare di più e ad essere dispiaciuti siamo proprio noi. Non c’è nessuna censura nei confronti del Messina. E mai ci sarà”.