Nel post gara di Casertana-Messina, mister Lucarelli parlerà di una sfida bloccata e condizionata dall’esasperato tatticismo. Due squadre schierate in maniera speculare e nessuna voglia di perdere: questi gli ingredienti insipidi di una partita che verrà presto abbandonata nel dimenticatoio della stagione. Quello che resta è la conquista di un punto che muove la classifica e interrompe l’emorragia in trasferta dei giallorossi. In realtà la sfida del Pinto non racconta assolutamente nulla di clamoroso, sarebbe esercizio di retorica o ampollosità teorica voler tirar fuori qualcosa di interessante dai novanta minuti giocati in Campania. Mister Lucarelli ha scelto l’abito da cucire addosso al suo Messina: un 4-3-1-2 buono per coprire il campo e controllare i tempi e l’intensità del gioco. Le caratteristiche dei calciatori a disposizione dell’allenatore livornese tendono all’appiattimento tattico: squadra che non dispone di dinamismo e fisicità, quello che non manca è la tecnica individuale e sfruttarla sembra la migliore delle soluzioni possibili. Reparti raccolti, elasticità e interscambio in mediana buoni per lasciare la giusta libertà a David Milinkovic per assistere al meglio il compagno di reparto. Tra le mura amiche del Franco Scoglio è innegabile che il Messina di Lucarelli abbia trovato risultati e prestazioni, ma i 6 punti raccolti in 14 uscite esterne raccontano di una squadra che necessita di un’alternativa tattica. Non staremo a fare liste di nomi buoni a modificare i giallorossi, anche perché la rosa a disposizione di Lucarelli non presenta tesori nascosti. Madonia e Ferri sono stati ampiamente testati e valutati, Nicola Ciccone non gode della condizione fisica giusta per affidargli responsabilità sul lungo periodo. Sono loro, però, le armi di riserva che Lucarelli dovrà cominciare a mettere in conto per un cambio d’abito. Maggiore ampiezza e velocità, una buona tecnica e sopratutto la voglia di dare il proprio contributo dopo settimane da spettatori. Sia chiaro, nessuna sponsorizzazione, degli interpreti ci interessa il giusto e sicuramente meno di quanto ci coinvolga l’aspetto meramente tattico. Il 4-3-3 è finito il giorno che Manuel Mancini si è preso, senza discussioni, una maglia da titolare grazie alla sua applicazione e intelligenza calcistica. Lavora tanto e spreca energie a rincorrere, la poca brillantezza negli ultimi trenta metri è il contrappasso fisiologico.
INTENSITÀ – Il dinamismo, in questo Messina, ha la faccia di Giovanni Foresta. L’ex Catanzaro è il solo in grado di garantire continuità fisica e velocità, la pubalgia è arrivata puntuale come le brutte notizie. Per supplire alla sua assenza mister Lucarelli ha trovato il giusto contributo dalla coppia da Silva-Sanseverino: il brasiliano è un motorino instancabile, dotato di una buona cattiveria agonistica e tatticamente disciplinato. L’ex Pisa, invece, è il classico giocatore che non ruba l’occhio e finisce nel mirino della critica. Subito battezzato come jolly dal suo allenatore, per Sanseverino è più il lavoro sporco e l’impegno in svariati ruoli che il rendimento brillante a farsi notare. Sono loro due, però, le scosse elettriche necessarie per una mediana ritmata dalla lentezza di un Musacci mai vero fattore in stagione. Il capitano giallorosso a Caserta becca un rosso ingenuo, più per le proteste che per il secondo fallo che ferma una ripartenza potenzialmente pericolosa, anche se la presenza di ben due compagni di squadra, e un Cisotti non in pieno controllo del pallone, svelano una scarsa lucidità dell’ex Empoli e Parma.
AMPIEZZA – Il rombo, nella sua essenza, costringe chi lo applica a una copertura del campo che premia la densità centrale a scapito dello sfogo esterno. Il Messina di Lucarelli si basa sul fraseggio tecnico tra Musacci e Mancini, con Milinkovic libero di cercare aria pulita sono i terzini le uniche opzioni sicure sulle corsie. Con l’arrivo di Anastasi è aumentato il numero di palloni giocabili per i laterali, ovvia soluzione che strizza l’occhio alle caratteristiche fisiche dell’ex Catania (con Pozzebon l’attacco della profondità favoriva lo sviluppo interno e centrale). Come detto in precedenza, il sistema tattico scelto ha portato rendimento e punti tra le mura amiche. In trasferta, invece, il raccolto è stato sempre troppo scarso. Chiaro che non faremo il banale gioco del modulo tattico, perché se bastasse cambiare per portare punti il calcio non sarebbe lo sport complicato che è in realtà. C’è un aspetto mentale da non sottovalutare, però cercare soluzioni diverse per affrontare le gare in trasferta potrebbe essere un primo passo. La ricerca di una diversa ampiezza di gioco, utile anche per favorire le ripartenze veloci, si sposerebbe con le caratteristiche fisiche e tecniche degli attaccanti esterni a disposizione di Lucarelli. Il “però” dove nasce? Sull’altra faccia del campo: la fase difensiva. Attenzione al frame: contropiede della Casertana, il Messina viene attaccato centralmente e sullo scarico Corado potrà calciare liberamente. Azione da nulla di fatto per demerito del 9 casertano, vediamo però come il Messina (seppur di rincorsa) abbia una copertura interna organizzata. Lucarelli conosce la fragilità del suo sistema difensivo, è anche conscio della fisicità dei suoi centrali: lo scarico esterno è concesso perché sull’eventuale cross le contromisure sono i centimetri di Maccarrone e Rea. Gli stessi, però, non devono essere costretti a giocare l’uno contro uno in profondità. Ecco che nasce il rombo: schermo davanti alla difesa con copertura preventiva del trequartista tattico, lo sfogo laterale è messo in conto e stimato come il male minore.