Ciccio Manzo nel Corner: dal calcio di Scoglio al Messina 2.0
Pubblicato il 22 Ottobre 2015 in Primo Piano, Sala Stampa, Storie
Pigro, lui direbbe comodista. Al “San Filippo” ci va di rado per questo e anche perché in fondo quello stadio non gli è mai piaciuto. E quando si sobbarca quello che lui definisce “un viaggio”, per raggiungere il teatro dei sogni della belle epoque del Messina in Serie A, sceglie un posto non troppo esposto, defilato. Quasi un sacrificio, perché nella testa di Ciccio Manzo, storico giornalista televisivo, oggi responsabile dello sport a Messinaora.it e collaboratore di vari quotidiani online, alberga una certa avversione per quella che, ci racconta, Franco Scoglio definiva una “Cattedrale nel deserto”. Quasi un paradosso, se si pensa che in queste settimane la possibilità di intitolare lo stadio al “Professore” ha tenuto banco, generando una frattura – ampia e forse insanabile – tra i pro e i contro. “Classica situazione di messinesità applicata – taglia corto Manzo. A Scoglio, con un gruppo di amici, avremmo voluto intitolare qualcosa, che ne so una strada, una piazza o altro. Lo meritava. Poi non se n’è fatto mai nulla, un classico della nostra realtà. Però voglio sottolineare un aspetto. Lo conoscevo bene, il “Professore”, e sono certo che a lui non sarebbe andata troppo a genio l’idea di vedersi intitolato quello stadio. Diceva che per raggiungere i posti più in alto, al “San Filippo”, i messinesi avrebbero dovuto usare la fune e aggiungeva, in un esercizio d’immaginazione, che su quel terreno di gioco non sentiva il fiato della gente sul collo dell’avversario. Oggi, a 10 anni dalla sua morte, non avrebbe senso intitolarglielo. Non solo perché con il “San Filippo” lui c’entra davvero poco, ma anche perché a Messina Scoglio non era una persona amata dalla totalità. Tanti erano quelli che non l’hanno accettato. Sai perché? Questa è la città dei contro: guai ad avere successo, la gente non tollera le fortune degli altri”.
Questa è la città dei contro: guai ad avere successo, la gente non tollera le fortune degli altri.
UNA STORIA IRRIPETIBILE (FORSE) – Scoglio, però, in riva allo Stretto ha lasciato un ricordo indelebile. “Certo, ci mancherebbe. Il suo Messina è stato il più bello della storia. Lui, con Massimino e quel gruppo di calciatori sono stati gli artefici di un momento straordinario. Una banda di geni prestati al calcio, dal presidente a Ciccio Currò, il massaggiatore. Eppure la fase di allestimento di quella squadra fu accompagnata da un vento di scetticismo. Poi però Scoglio riuscì a far crescere i giovani e a far ringiovanire i vecchi. Li ha spremuti come limoni. Attorno a quella squadra c’era un entusiasmo mai visto prima, la città si svegliava e pensava alla squadra di calcio, con la quale era una cosa sola. La città e anche la provincia, dove il Messina andava tutte le settimane a giocare contro le squadre locali. Il pallone, a quei tempi, è riuscito ad amalgamare tutto il territorio messinese, dalla zona ionica a quella tirrenica. Un po’ quello che successe durante lo splendido interregno dell’indimenticabile Emanuele Aliotta (perchè non pensare a lui per l’intitolazione dello stadio?)”.
PARALLELISMI – Troppo passato, però: il target più corposo di lettori di Corner Messina staziona nella fascia che va dai 24 ai 35 anni. In molti, ai tempi del Messina di Scoglio, non erano nemmeno nati. “Hai ragione, ma chi ha vissuto quegli anni ogni tanto sente la necessità di rispolverare ricordi e aneddoti. Ma non è un caso che si sia partiti da molto dietro. Sai perché? Il Messina di Stracuzzi e quello di Massimino hanno palesato alcune analogie. La predisposizione a crescere, intanto. Mancano il genio di Catalano e di Caccia o l’imprevedibilità di Schillaci, vero; ma questa squadra ha l’immensa qualità difensiva di Martinelli e un portiere, Berardi, che ti dà grande sicurezza. Penso a Berardi perché, al contrario, Scoglio, invece, diceva spesso: Io ho sempre giocato senza portiere. Così, per capirci. Ma c’è dell’altro. Questo Messina, come quello di metà anni ’80, ha quella certa tendenza a non farsi mettere sotto, a giocare a testa alta contro chiunque. I giallorossi fino ad oggi hanno comandato le partite mentalmente. Quella vinta contro il Matera, per dire, mi ha impressionato molto: non è così scontato vincere quella partita al 90esimo e in inferiorità numerica contro una squadra che, almeno per me, al momento è la più forte, anche se la classifica dice altro. Ulteriore analogia: anche i giallorossi di Scoglio spesso vincevano al fotofinish. Lui, alla squadra, lo diceva sempre: Non pensate che all’89’ la partita sia finita, non pensatelo mai”.
Questa squadra ha l’immensa qualità difensiva di Martinelli e un portiere, Berardi, che ti dà grande sicurezza. Scoglio, invece, diceva spesso: Io ho sempre giocato senza portiere.
MESSINA 2.0 – Il tono di Ciccio Manzo adesso è sicuro, perentorio. A differenza di qualche settimana fa, quando ha chiesto di rinviare quest’intervista per farsi un’idea più chiara sul Messina e sulle sue prospettive. Adesso ne è certo: questa squadra gli piace, anche perché il vento al momento soffia a favore. Tutto bello, o quasi. C’è un dubbio che lo attanaglia, e che poi è quello che scorre nella testa di molti addetti ai lavori. Una domanda, tante risposte: come può una squadra nuova di zecca e senza preparazione fare quello che fino ad oggi sta facendo il Messina? “Ho un solo dubbio, di carattere strettamente fisiologico. Vedo questa squadra correre a 80 all’ora fino al 95esimo. Vedo una squadra attenta, tatticamente ordinata, un dispendio anche questo, seppur di natura psicologica. Una squadra che si è formata come per incanto, senza una preparazione, che è l’arma in più, a sentire gli scienziati del calcio. Nessun ritiro, nessuna montagna trentina alle spalle, un insieme di Rambo-calciatori che si è ritrovato a Monopoli così, all’improvviso. Tutto questo è straordinario, com’è straordinario il lavoro fatto da Di Napoli e Argurio. Ora, quando vedo il Messina mantenere gli stessi ritmi per sette partite consecutive, arrivo sempre davanti a un bivio: o questi ragazzi – tutti, nessuno escluso – si sono allenati per conto loro in estate; oppure non so, ci stiamo spingendo oltre le umane possibilità. Mi auguro solo che non ci sia una flessione improvvisa, e che si arrivi alla sosta natalizia mantenendo il trend delle prime giornate. Paure normali, rivolte a una creatura alla quale si vuol bene. Una squadra che in molti pensavano fosse animata da raccogliticci. E che invece sta dimostrando di essere formata da un gruppo di atleti che conosce il gioco del calcio. Pensiamo all’anno scorso. A me quelli sembravano tutti degli scarti venuti a raccogliere qualche briciola da queste parti. Gente che con l’attrezzo, il pallone, aveva proprio un rapporto complicato”.
SALUTI – Torniamo a Scoglio, forse è giusto chiudere con lui (vorranno scusarci i più giovani). “Aveva la tempra per resistere a ogni temporale, e per risorgere di fronte a ogni caduta. Il “Professore” pensava di essere immortale. Diceva: Anche quando sarò morto, la gente quando mi penserà dovrà stare attenta a non sbagliare. Poi la vita se l’è portato via, e lui non se n’è accorto nemmeno”.