Corner Profile | Bernardino D’Agostino: portiere per caso, leader per scelta
Pubblicato il 10 Novembre 2022 in Storie
Una vita calcistica passata all’ombra del Monte Sacro, montagna situata sopra Vallo della Lucania, in provincia di Salerno. Casa, da ormai otto anni, del portiere della Gelbison, Bernardino D’Agostino.
LE ORIGINI – Nasce il 7 aprile 1993 a Santa Maria Capua Vetere in provincia di Salerno ma cresce e si sviluppa a Cesa, paesino di 9000 abitanti a 21 KM di distanza da Caserta. «Ho iniziato a muovere i primi passi nella scuola calcio di Cesa, poi successivamente sono passato in una Juventus Academy di Avellino per poi arrivare e fare tutta la trafila nel settore giovanile dell’Aversa». D’Agostino non nasce indossando i guanti e diventa portiere quasi per caso: «Come tutti i ragazzi, da piccolo mi piaceva giocare in attacco. Un giorno con i miei amici andammo nel campo comunale di Cesa per allenarci con la squadra. Stranamente quel pomeriggio indossai la maglia da portiere di mio cugino, il responsabile della squadra lo notò e mi disse “Vuoi allenarti con noi? Ci manca il portiere”. Io provai a trattare sul ruolo ma alla fine, pur di giocare, dovetti arrendermi e indossai i guanti. Da lì nacque il mio amore per il ruolo del portiere». Bernardino non è una ragazzo banale e lo si nota anche da chi ha scelto come fonte d’ispirazione:
«La mia scuola sono sempre stati i portieri con cui mi sono allenato da ragazzino. Gragnaniello, Fumagalli, Pettinari, li ho stimati molto e da loro ho cercato d’imparare il mestiere. Erano i miei idoli, gli esempi da seguire. Per quanto riguarda un portiere attuale, mi piace molto Alisson».
VITA DA PORTIERE – Un mestiere per pochi, quello del portiere. Un sogno per tanti, diventare calciatori. Ecco, Bernardino si trova proprio nel mezzo. Un ruolo delicato con cui è difficile ma allo stesso tempo eccitante convivere: «Mi dà tanta adrenalina, il nostro compito è quello di salvare il risultato. Non è facile mantenere la concentrazione massima per tutta la partita ma bisogna sempre farsi trovare pronti». Parentesi importante quella sui rigori e cleansheet. D’Agostino infatti ha una percentuale del 26% di rigori parati, vantando inoltre 89 partite senza subire gol su 244 partite giocate, numeri importanti degni di nota: «È da un po’ che non ne paro uno, infatti con il Pescara ho un po’ rosicato – solo sfiorato il tiro dal dischetto di Cancellotti, ndr -. I rigori sono frutto di preparazione e istinto. In quei momenti le emozioni sono tante e pararlo o meno fa tutta la differenza del mondo. Per quanto riguarda i cleansheet, quando ero più piccolo non ci pensavo molto, con il passare del tempo invece ho capito che è fondamentale non prendere gol. È un aspetto importante a cui tengo molto».
LEADERSHIP – Bernardino D’Agostino non è soltanto il portiere titolare della Gelbison, ma il giocatore con più presenze in assoluto (219) della storia del club rossoblù, di conseguenza è uno dei pilastri da ormai qualche anno: «La Gelbison ormai fa parte di me, il rapporto con la società va al di là dell’aspetto sportivo, Vallo della Lucania mi ha dato veramente tanto, anche gli abitanti mi hanno sempre fatto sentire la loro vicinanza e il loro calore. È davvero gratificante». Il ruolo di senatore della squadra ha oneri e onori: «Quando arriva qualcuno qui alla Gelbison sa che sono qui da tanti anni. Sento molta responsabilità, cerco sempre di fare il mio meglio per cercare di far capire a chi arriva dove si trova». Compito non facile quello del leader, chiamato ad affrontare diverse situazioni anche in spogliatoio: «Rispetto al passato c’è stato un netto cambiamento dal punto di vista dei rapporti all’interno dello spogliatoio. Questo è dovuto anche al fatto che ormai le squadre sono composte da molti più under rispetto agli over. La gestione dunque per noi “senatori” è completamente diversa, bisogna coinvolgerli e farli sentire grandi. Non li puoi trattare da ragazzini. Allo stesso tempo però devi stare attento a chi magari alza troppo la cresta. La gestione dei giovani non è una cosa facile, devi sempre pensare bene a come ti approcci e che tipo di ragazzo hai davanti. Puoi avere di fronte il giovane che ha bisogno di una parola in più oppure quello che ha bisogno di una tirata d’orecchie. È un ruolo molto particolare, pieno di responsabilità. Qui alla Gelbison in questi anni fortunatamente ho sempre avuto a che fare con ragazzi intelligenti, non a caso hanno fatto grandi campionati».
REAGIRE – Come tutte le storie non tutto va sempre per il verso giusto, l’importante però è non abbattersi e continuare a lottare. «Ho toccato il punto più basso della mia carriera dopo l’addio alla Casertana, rimanendo senza squadra per diversi mesi. In quel momento ho iniziato a farmi delle domande, cercando di lavorare su me stesso. C’è stato un episodio che mi ha aperto gli occhi, mentre mi allenavo con l’Equipe Campania, Generoso Rossi mi disse: “Tu hai avuto modo di parare, fino ad ora, ma dove ti ha portato?”, io in quel momento come ho detto ero senza squadra e questo dialogo mi aprì totalmente la mente, vedevo le cose da un’altra prospettiva. È stato un episodio chiave della mia carriera. Poi, per fortuna, qualche mese dopo ho ricevuto la chiamata della Gelbison e ho sfruttato la chance. Devo tanto a quel periodo buio che ho passato, ho lavorato molto sulla mia personalità, e dentro di me è emersa una fiamma che non pensavo di avere ma che è sempre stata lì». Una figura importante per superare i momenti difficili è stata sicuramente sua moglie: «Devo tanto a mia moglie, è stata un elemento fondamentale, sia nella mia vita di tutti i giorni sia in quella calcistica. Le devo praticamente tutto. Quando le cose vanno bene è facile stare vicino alle persone, lei però mi è stata fianco a fianco anche quando le cose andavano male. Oltre al fatto della serenità e tranquillità che riesce a trasmettermi quotidianamente».
EXTRA – Nonostante sia di comune opinione il fatto che il portiere sia il ruolo più delicato, molto spesso l’estremo difensore viene “sacrificato” in nome del minutaggio, privilegiando i giocatori in base all’età. In merito a questo D’Agostino ha un parere netto e preciso: «Molte squadre partono con il portiere under, io personalmente non sono d’accordo. È un sistema che penalizza gli stessi under che vengono inizialmente buttati nella mischia e poi bruciati al minimo errore. Oltre a questo c’è l’aggravante, dato che vengono “sfruttati” due o tre anni per poi venire scartati quando vanno fuori età. Io sono della concezione che il portiere debba essere forte e affidabile al di là dell’età. Questo avviene anche in Serie D, in misura peggiore dato che lì c’è l’obbligo di schierare un numero prestabilito di under. È una regola un po’ contraddittoria». Negli ultimi anni si sta facendo sempre più strada nel mondo del calcio la figura del mental trainer: «Io penso che sia una figura che possa aiutare, ho amici e compagni di squadra che in passato ne hanno usufruito traendone grandi vantaggi. Può aiutare molto, soprattutto i ragazzi giovani. Un calciatore durante le stagioni può avere diversi momenti bui e una figura del genere può aiutarti a superare quella determinata situazione». Un consiglio invece ai giovani che vogliono approcciarsi al ruolo di portiere: «Fai l’attaccante! (ride), il consiglio che posso dare è di lavorare e metterci passione, il talento senza lavoro non serve, va coltivato. Poi come in tutte le cose serve fortuna, è un mondo molto difficile, in pochi riescono a riuscirci». Si sente fortunato Bernardino? Domanda a cui l’estremo difensore della Gelbison non ha una risposta netta: «Mi sento sfortunato perché sento che potevo avere e fare di più, allo stesso tempo so di essere fortunato, perché conosco ragazzi con talento che hanno giocato con me e che dopo il periodo da under non sono più riusciti a giocare. Sono molto combattuto tra le due cose». Se potesse descrivere la sua carriera con due parole sceglierebbe “Perseveranza e ossessione”. «Non ho mai mollato, è stato un percorso perseverante. È stato anche ossessionante, sia nel bene che nel male. Perché l’ossessione mi ha portato a ottenere risultati, ma allo stesso tempo c’era anche la paura di non farcela».
GELBISON – Per chiudere un focus sulla sua attuale squadra, tra obiettivi e presente. Non un inizio facile, mese di settembre che Bernardino ha passato in panchina, fino all’esonero di mister Esposito: «È stato un periodo difficile per la situazione generale più che per quella personale. Non è stato facile stare seduti in panchina ma è giusto che il mister abbia fatto le sue scelte, io ho sempre cercato di dare una mano da fuori perché amo questo lavoro e sono qui da diversi anni, era giusto dare l’esempio. Ci sono rimasto male per l’esonero del mister, è stata una sconfitta per tutti, anche perché venivamo dalla vittoria del campionato di Serie D e avevamo legato molto con lui. Adesso siamo ripartiti e dobbiamo continuare cosi. Mi auguro di raggiungere l’obiettivo salvezza prima possibile. Penso che sia un obiettivo fattibile per noi. A livello personale mi auguro di giocare il più possibile, ma questo viene in secondo piano, prima viene la Gelbison».