Fidelis Andria, il brutto di esser belli

Pubblicato il 12 Novembre 2016 in Tattica

O almeno il tentativo di esserlo, perché quando mister Favarin lascia l’ambiziosa Venezia per tornare in Puglia il primo obiettivo è quello di divertire. Tecnico della promozione in Lega Pro, dopo aver fatto lo stesso con i veneti, riprende il suo posto sulla panchina occupata lo scorso anno da D’Angelo. Una Fidelis Andria da medio-alta classifica, prima spumeggiante con Strambelli in campo e poi più pratica dopo il suo infortunio. L’estate del ritorno di Favarin è anche quella della mini rivoluzione tecnica: confermati Onescu e Piccinni, sono tanti però i nuovi protagonisti in maglia Fidelis. In avanti rimane Cianci, anche se il classe ’95 è già stato ceduto al Sassuolo, a lui vengono aggiunti Cruz e Fall per un reparto offensivo completato dal giovane Klaric. La base è il 3-4-1-2 con una difesa solida e supportata da due esterni più adatti a difendere che attaccare. Nessun tiki taka, perché la tecnica a disposizione di Favarin non è poi così tanta ma che la Fidelis ricerchi un gioco armonico e non sparagnino è palese. I risultati non sono confortanti, o meglio non lo sono per quelli che potevano essere gli obiettivi. La crescita sarà, probabilmente, molto lenta e si potrà vedere il prodotto finale del piano Favarin tra qualche mese. Per il momento i pugliesi sono una semi incompiuta: solo tre vittorie ottenute ma sopratutto solo otto reti segnate. Tutto troppo poco per una squadra che credeva di poter fare un campionato sulla falsariga dello scorso anno. La costruzione di un sistema organizzato e gradevole richiede tempo, i passaggi a vuoto sono le normali conseguenze della ricerca di bellezza calcistica.

RACCOLTI – Primo frame per provare ad analizzare il sistema di gioco della Fidelis Andria. Siamo nella sfida contro la Vibonese, come sempre usiamo un’immagine per spiegare al meglio un concetto di più ampio respiro. Occhio al cerchio rosso: Cruz, ruolo attaccante ma con licenza di giocare con la squadra. Il suo abbassarsi sul centrocampo è una giocata classica ricercata dalla Fidelis, lo troviamo al centro del triangolo formato dai tre interni (riquadri arancioni). La sua qualità tecnica e fisica serve per attirare fuori la difesa avversaria, a quel punto possono scatenarsi i giocatori di centrocampo. Modulo col trequartista atipico, perché se è vero che Mancino prima e Minicucci adesso svolgono il ruolo di rifinitore è anche chiaro come la loro posizione in campo sia variabile. Facile, infatti, ritrovarli sulla stessa linea dei due interni con Piccinni pronto a diventare diga davanti alla difesa a tre e Onescu libero di inserirsi. Ultima nota sul frame: nei cerchi blu i due esterni, vediamo come sulla salita di uno l’altro rimanga più guardingo. Difesa a tre, con esterni più adatti a difendere e con licenza alternata di attaccare. La ricerca di fare calcio non lascia, però, spazio agli squilibri.

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USCITA – Secondo frame, si passa alla fase difensiva: siamo ancora nella sfida contro la Vibonese, calabresi in ripartenza e Fidelis che accetta la sfida. Linea rossa per il trio difensivo: lo troviamo alto e pronto ad uscire sul pallone, nessuno schiacciamento o rinculata ma un affrontare a viso aperto. Lo stiramento di Allegrini ha portato Tartaglia nei tre e Aya al centro della linea. Notiamo come i due esterni si siano già abbassati, Annoni (freccia rossa) sta inseguendo il taglio di Cogliati alle spalle di Tartaglia, mentre anche Tito è scalato per trasformare la linea a cinque. Onescu è l’unico centrocampista in inseguimento, ovvio che la situazione sia particolare ma torna utile per spiegare l’applicazione del rumeno. Il numero 26 di Favarin è il classico centrocampista box to box, per lui non c’è differenza tra le due fasi e farsi trovare pronto è una missione. Mister Favarin non vuol cedere alla speculazione sull’avversario e al contropiede, la squadra tenta la via del gioco col tempo che, per adesso, rimane dalla sua parte.

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