Indecorosa mancanza di ritegno. Il Messina che perde sul campo della Fidelis Andria mostra uno degli aspetti peggiori della vita: l’indolenza. La strafottenza volendo mettere un accento più greve. Auteri vuole uno spogliatoio di uomini, ma i primi a dover dare risposte occupano altri ruoli.
SQUADRA ASSENTE – Il vero rischio – soprattutto quando i match sono distanziati da sole poche ore – è quello di ripetersi come un noioso disco rotto. Come ripetitive, noiose e vergognose sono le prestazioni in declino totale della squadra giallorossa. Rimbombano, oggi, ancora più forti le parole del tecnico del Giugliano, Lello Di Napoli, che nel post sconfitta al San Filippo parlava di quanto fosse stata la sua squadra a dominare, col Messina a raccogliere il bottino pieno quasi per pura casualità. Sembrava il recriminare di chi aveva perso, ma in realtà era lo specchio di quanto detto dal campo. Presente anche nelle ammissioni di un Auteri non contento. Cerignola, Gelbison e Fidelis Andria – tre avversari che devono essere alla portata del Messina se vuol salvarsi – hanno spazzato via il velo dell’illusione, mostrando una rosa nuda e indifesa. Anche indifendibile, perché errori banali come quelli commessi dai calciatori non sono più tollerabili. La partita del Degli Ulivi dura un minuto, poi il Messina si sfalda subendo una rete mostruosamente orribile: in tre per fermare Bolsius senza riuscirci, poi tutti fuori posizione sulla verticalizzazione di Arrigoni. Candellori è abbandonato da Berto – che aveva accorciato in avanti – e tenuto in gioco da uno statuario Camilleri. Il resto è demerito di un Daga avvezzo nel firmare assist per gli avversari con respinte sempre centrali. Una volta è un errore, due un difetto, tre un vizio. Russo ad Avellino, Achik a Cerignola e Paolini ad Andria ringraziano. La gara finisce lì, perché attribuire alla confusione successiva il decoro di “reazione” sarebbe offensivo verso il gioco del calcio. Il palo di Balde è occasionale, oltre che rientrare nel carniere di un giocatore incapace di farsi del bene. La ripresa è un assolo della squadra di Cudini – che è pochissima roba -, con il vantaggio di un Messina ancora in vena di avvantaggiare l’avversario. Auteri – nonostante sia un modulo osceno e non funzionale – aveva confermato il 3-4-3 sottraendo Marino e Curiale ai titolari, con un attacco tutto leggerezza e fumosità. Con Curiale non sarebbe cambiato nulla. Nella ripresa si passa al 4-2-3-1, ma che questa squadra non abbia un semplice problema tattico è noto. Chiaro, la continua ricerca di alchimie non aiuta e Berto dirottato terzino pare l’ennesimo passaggio a vuoto. Il giovane scuola Atalanta ci mette del suo quando gioca un pallone all’indietro in maniera superficiale, finendo per iscrivere Fiorani alla figuraccia e lanciare Bolsius. L’ubriacatura che subisce Camilleri dice più di qualsiasi giudizio. C’è anche l’espulsione di un Fofana impegnatissimo nell’essere in ritardo su ogni contrasto e la bonarietà di concedere ad Arrigoni il tris. Finisce 3-0 perché più di tanto l’Andria non avrebbe potuto fare.
SOCIETÀ FALLACE – Che il campo abbia emesso sentenza di condanna è, ormai, chiaro. Non sarà un risultato positivo con il Latina a modificare l’opinione generale, anche se al Messina occorre un cambio di passo dettato dall’attuale gruppo. Sì, perché dal mercato degli svincolati non arriveranno frotte di nuove calciatori e neanche campioni affermati. Forse, arriverà qualcuno che potrà dare una mano in campo e nello spogliatoio, ma fino a gennaio sarà questa base a dover reagire. Lo dice la logica anche legata agli spazi disponibili e lo impone la dignità. Premessa, questa, che non edulcora i giudizi sui costruttori di tale scempio. Non li rimanda nemmeno, perché la storia trita e ritrita del “remare dalla stessa parte” rientra tra le cazzate più retoriche del mondo del calcio. A remare ci devono pensare loro. Ambiente che, tra l’altro, in questa stagione è difficilmente criticabile. Sciotto – purtroppo per lui e la sua ferrea convinzione – non gode di alcun credito illimitato per il solo fatto di aver risposto al bando comunale del 2017. Una proprietà presente da 6 anni e contestata per 5, con la parentesi dell’anno della promozione. I motivi non possono essere ricondotti a un’antipatia preconcetta. Ci sono una serie di scelte errate, di strategie fallaci e di atteggiamenti di rottura. Rifare la cronistoria sarebbe, davvero, esercizio carico di noia. Con una sola appendice ammessa: iscrivere la squadra non è stato un favore fatto alla comunità, non è un contentino che allieta nessuno. È stata una scelta personale e imprenditoriale. Tornare a martellare sulle scelte errate della scorsa estate, allora, potrebbe annoiare ma nessuno dimentica l’illusione di poter organizzare una stagione con un budget ridotto a quasi la metà e l’aver deciso di fidarsi delle garanzie messe sul piatto – ognuno per il proprio settore di competenza – da Manfredi e Pitino. I primi segnali non erano stati incoraggianti, a partire da un ritiro estivo spezzettato nel centro di un’Italia rovente, per poi passare al sintetico – superficie poco ideale – della Cittadella Universitaria. “Eh, ma non ci sono strutture” si potrebbe obiettare… “lavoro tuo, compito tuo trovarle” si potrebbe rispondere. In più, la mancata capacità di convogliare sponsorizzazioni e supporti economici. Convogliare: verbo valido pure per chi deve saper esaltare marketing, merchandising e valorizzazione del brand. Operazione fallita e riassumerla urlando che gli imprenditori sono tutti brutti e cattivi è, onestamente, risibile. Sulla mediocrità della rosa costruita da Pitino è stato già detto tutto. Zero scusanti, perché le scelte in sede di mercato sono indiscutibilmente errate dato che la somma di questa rosa produce un totale in negativo. Per questo, allora, voltare pagina diventa necessario con una domanda su tutte: cosa fare?
COSA FARE – La risposta è tutta nelle responsabilità di Sciotto. Deve essere lui a dettare la linea, a prendere le decisioni che incideranno sul futuro del Messina. In questi anni abbiamo assistito a mille ribaltoni, cambi di dirigenza come fosse la cosa più naturale del mondo e azzeramenti. Anche a stagione in corso. Così, che il presidente possa usare nuovamente il cancellino non è improbabile. Sarebbe anche motivato e giusto. Che ci si trovi di fronte a un concorso di colpa è chiaro, che la figura più solida sia quella della proprietà pure. Pensare che l’avventura di Sciotto come numero 1 giallorosso possa terminare è lecito – per tanti anche sperato -, ma che possa avvenire in un paio di settimane è praticamente impossibile. Sarebbe, come minimo, sorprendente. Per questo, allora, prima di pensare a un cambio di proprietà si pensi al presente e al futuro prossimo. Dalla pancia del Messina non sembrano arrivare voci di messa in discussione immediata dei vertici organizzativi e tecnici, ma abbandonarsi all’inerzia farebbe rima con l’arrendersi. A ottobre è, comunque, troppo presto. Altro conto sarebbe la presa di coscienza dei diretti interessati. Pitino (vale anche per Manfredi vista l’inibizione momentanea del presidente che gli nega la possibilità), però, non ritiene necessario nemmeno presentarsi in sala stampa, figuriamoci altro. Ecco, questi atteggiamenti sono quelli che si fa più fatica a digerire. Il silenzio fa davvero rumore. Perpetrarlo per settimane è fastidioso, non perché Pitino (e/o Manfredi) debba venire a prendersi gli improperi in conferenza stampa, ma perché spiegare o, anche, ammettere di aver sbagliato fa, comunque, bene. La sintesi del tutto resta, quindi, nella testa di Sciotto. La storia del budget ridotto è, appunto, una bella storia ma in questo torneo non ci si salva risparmiando. Se si vorrà salvare la baracca – concetto da sottolineare – occorrerà spendere subito e ancora di più a gennaio. Per questo motivo, allora, la scelta più delicata diventa quella di decidere a chi far spendere e come questi soldi. Non in subordine, poi, decidere a chi affidare i nuovi investimenti. Sbagliare oggi – paradossalmente più dell’aver sbagliato ieri – sarà difficilmente correggibile e potrebbe apporre la pietra tombale sulla stagione del Messina.
Daga 4,5: ennesima respinta centrale e altra rete regalata. Dopo Avellino e Cerignola si ripete e spiana la strada al dominio avversario.
Berto 4: il più giovane in campo e che venga trascinato nel gorgo è più che normale. Gioca un pallone in maniera superficiale quando apre la strada a Bolsius facendo fare una brutta figura a Fiorani. (dal 36′ s.t. Konate s.v.)
Camilleri 4,5: tiene in gioco Candellori in occasione del primo gol, viene bevuto con estrema facilità da Bolsius nel raddoppio. Se la difesa si basa sulle sue prestazioni il problema è enorme.
Angileri 5: tra i meno peggio in campo. Lotta su ogni pallone, buone alcune uscite in anticipo ma da solo può pochissimo.
Versienti 5: leggermente più intraprendente di altri, ma non può predicare in un deserto assoluto. In fase difensiva soffre non poco.
Fiorani 4,5: si becca un giallo troppo presto e troppo ingenuo. Partecipa al disastro del raddoppio, lo spirito è combattivo ma non basta.
Fofana 4: disastroso. Primo cartellino giallo gratuito, secondo ancora peggio. In mezzo c’è una prestazione che non dice nulla.
Fazzi 4,5: prova ad attaccare l’area di rigore in un paio di circostanze, ma manca cattiveria in fase di conclusione. Difende male perché spesso in ritardo. Esce all’intervallo. (dal 1′ s.t. Napoletano 4,5: si agita parecchio, conclude pochissimo)
Iannone 4,5: l’unico a calciare in porta nella ripresa, ma per il resto la sua presenza è invisibile. (dal 18′ s.t. Mallamo 4,5: buttato per fare massa in mezzo al campo. Girovaga)
Balde 4: può anche recriminare per il palo esterno sbucciato, ma nella sua partita c’è la classica confusionaria ricerca di una giocata che non possiede e appartiene. (dal 36′ s.t. Marino s.v.)
Catania 4: gira a vuoto, spara a salve. Dura un tempo. (dal 1′ s.t. Curiale 4: corricchia, ma resta ben nascosto)
FIDELIS ANDRIA Zamarion s.v.; Fabriani 6, Milillo 6, Dalmazzi 6; Hadziosmanovic 6 (dal 35′ s.t. Ciotti s.v.), Paolini 6,5 (dal 30′ s.t. Djibril s.v.), Arrigoni 7, Candellori 7 (dal 40′ s.t. Alba s.v.), Mariani 6,5 (dal 36′ s.t. Pinelli s.v.); Urso 7; Bolsius 7 (dal 30′ s.t. Sipos s.v.). All. Cudini 6,5