Undici sconfitte e quattro gare da giocare prima della pausa. Otto su otto in trasferta e la rivelazione – già nota – che questa rosa abbia grossi limiti. Il Messina cade a Foggia: insuccesso che non fa più notizia e che diventa punto di non ritorno per una squadra specchio di chi la governa.
PROGETTO SCADENTE – Mai parlarsi addosso. Mai ripetersi o citarsi. Nell’analizzare questa stagione del Messina, però, diventa complicatissimo non esporre concetti già descritti. I tempi non erano sospetti quando si lanciavano allarmi sulla bontà del progetto messo in piedi da Sciotto, Manfredi, Pitino e Auteri. Crotone, Francavilla e Viterbese avevano già tolto il velo di ipocrisia sulla qualità della rosa costruita. Una squadra mediocre, che ha goduto di una pazienza prolungata per il solo fatto di essere fin troppo giovane. Come fosse una scusante. Nessuno dei calciatori presenti ha imposto la propria presenza con la forza, sono stati cercati e ingaggiati per una precisa volontà: risparmiare. Sì, il primo grande errore di questo Messina è stato quello di credersi più furbi e capaci di quello che si è. O, comunque, degli altri. No, non può essere quella messa in atto da Sciotto, Manfredi, Pitino e Auteri la strategia per un campionato tranquillo e con buone prospettive. Una decadenza lunga un’estate, periodo intriso di quella minaccia velata di concludere l’avventura in Serie C con una mancata iscrizione. Sullo sfondo quella narcisistica voglia di passare per salvatore. Come se tutti gli atti di questi anni siano favori e non volontà personali e imprenditoriali. A Messina il calcio sembra sempre un favore. Infatti, davanti alle sconfitte non esistono ripartenze ma fallimenti. “Senza Sciotto non ci sarebbe stato più il calcio”, una frase dalla banalità imbarazzante che diventa coperta di Linus ogni qualvolta si alza il tiro della contestazione. Conoscere il futuro non è nelle corde dell’essere umano, quindi l’assioma che senza Sciotto non ci sarebbe stato il calcio a Messina non è possibile confermarlo. Gli scenari sarebbero stati molteplici: forse peggiori o forse migliori, ma nessuno può saperlo. Questo panegirico per spazzare via il debito di riconoscenza di fondo che accompagna – solo per alcuni e per la stessa proprietà – il rapporto tra Sciotto e la città di Messina da 6 anni. Nel calcio l’oggi è già passato, non esiste riconoscenza perpetua. Sarà spietato, ma è così. Il domani è la cosa che più interessa. E, spesso, viene contestato prima che accada.
PECCATO ORIGINALE – Foggia è diventato punto di non ritorno, non tanto per una classifica che racconta già di un Messina obbligato a trovare una trentina di punti nelle restanti 22 partite (media da 1,37 a partita per rialzare l’attuale di 0,68… praticamente il doppio), ma per la pazienza di chi vive quotidianamente le vicende giallorosse. Il peccato originale non è arrivato la scorsa estate quando Sciotto ha scelto di affidarsi nuovamente a Manfredi e Pitino, ma all’inizio della scorsa stagione. La chiamata in direzione Lo Monaco ha messo la parola “fine” sul residuo di rapporto tra il presidente e la piazza. Già ai minimi termini nonostante il campionato vinto. Tanto che nemmeno la rivoluzione di gennaio e la salvezza miracolosa hanno cambiato il trend. L’aver affidato il Messina a Lo Monaco ha scatenato una serie di eventi al ribasso che formano l’anima dei problemi attuali. Cambiare asset dirigenziale dopo la promozione era quasi scelta scontata dato che era venuto meno il rapporto di fiducia tra le due parti presenti. Storia nota, chi fa finta di dimenticare non fa un favore al Messina. Non costruire una società solida – che andasse in direzione opposta rispetto al passato recente – è stato errore di una gravità imperdonabile. Volti noti che fanno rima con insuccesso. Sopravvalutare il miracolo dello scorso anno ha fatto il resto. La rosa costruita da Argurio veniva descritta come scadente per il solo fatto di essere figlia di protagonisti non graditi, ma gli innesti di Pitino – giusti nella possibilità temporale e di spesa del momento – non hanno salvato il Messina da soli. Pensare, quindi, che Pitino conoscesse la formula magica – a basso costo – per mettere in piedi una stagione tranquilla con quattro soldi è stato sintomo, nella migliore delle ipotesi, di totale insipienza calcistica. Due anni di strafalcioni che hanno prodotto un Messina più abituato a restare sul fondo della classifica che altro. Il ritorno di Lo Monaco non avrebbe potuto avere conclusione diversa da quella vista, un finale che non avrebbe non potuto portare all’ennesimo azzeramento. E via così con le scelte di questa stagione, in un circolo vizioso dove protagonisti diversi giocano a fare gli alchimisti calcistici sulla pelle del Messina. Pensare, oggi, che Sciotto possa radere nuovamente tutto al suolo e trionfare diventa speranza per sognatori. Qualcosa, di netto, va fatta. Affidare a questi protagonisti il portafoglio per il mercato di gennaio pare assai rischioso. Il Messina non avrà il budget del Crotone, ma i soldi devono saper essere spesi. Fare nomi è sempre antipatico, ma individuare gli errori tecnici commessi non è così difficile. Per coerenza, però, resta il parere tutto sommato positivo sul pacchetto degli under composto. Giocatori dal potenziale interessante visti i settori giovanili di provenienza, ma chiedere loro di essere base della salvezza non è accettabile. Picerno – per tornare a cose terrene – dovrebbe diventare (se fossimo in una situazione di normalità comportamentale) ultima spiaggia: vittoria o cacciata generale. Tutti inclusi. La proprietà? Se il desiderio è quello del disimpegno, dell’addio, si facciano passi reali per cedere e non immateriali incarichi non specializzati.
ESPERIMENTI FALLACI – Tralasciare il campo non sarebbe corretto. Perché allo Zaccheria è andata in scena l’ennesima sperimentazione firmata Auteri (voto 5). Rotazioni necessarie per impegni ravvicinati e stanchezza, ma Zuppel dirottato a destra con Balde ancora centravanti non convince. Nemmeno nelle intenzioni. Zuppel avrebbe dovuto alternare tagli interni ad allunghi sulla destra sfruttando il mismatch con Rizzo. Sarà successo due volte, poi si contano innumerevoli controlli di palla bucati. Balde gioca a nascondino e non ha la forza fisica per contrastare Di Pasquale. Iannone? Mai visto. Con i cambi non si cambia, perché Catania zampetta e nulla più, mentre Grillo diventa manifesto. Il contropiede che chiude con un destro dalla forza infantile è il simbolo di questa squadra. Quando rimane spettatore dell’arrembante inserimento di Petermann, poi, mostra anche una distrazione figlia di un certo distacco. In più, che Petermann si muovesse attaccando la zona era cosa nota, andava tamponato già fuori area e non aspettato. Sicuramente non da Grillo. Il campo va analizzato perché i punti si perdono lì e non esistono partite che non possono essere vinte. Tolte forse quelle con Catanzaro e Crotone. Il Foggia era avversario ferito, il Messina ha preferito la passività del primo tempo a cui ha aggiunto una ripresa in cui farsi travolgere da una squadra passata dall’andare ai due all’ora a corricchiare. Rigore regalato da Ferrini e poi la rete. Che nasce da un corner che non c’era visto l’offside di Garattoni. Cinelli – che parla per la squalifica di Auteri – non si sofferma sul tema, più deluso per come si è difeso. Ecco, le parole di Cinelli nel post spazzano via settimane di frasi fatte. Errori e non episodi, poi l’ammissione di essere limitati e di dover provare a ottenere il massimo fino al 23 dicembre per poi migliorare una rosa insufficiente. Ci voleva Cinelli? Sì, perché il vice allenatore non fa parte di quel legaccio a doppio filo che unisce Sciotto, Manfredi, Pitino e Auteri.
Lewandowski 7: buon intervento su Peschetola, poi para il rigore di Petermann e ferma Peralta che cercava il raddoppio. Sulla rete non può nulla.
Angileri 6,5: difensivamente gioca una partita attenta e dura quanto basta. Nei duelli si fa sentire, non tira mai indietro la gamba.
Ferrini 5: in fase di costruzione è pulito, ma nelle letture è sempre un passo in ritardo. Ingenua la trattenuta che fa decretare il penalty.
Filì 6: ordinato e nulla più nell’arco di partita in cui resta in campo. Poi il ginocchio lo tradisce. (dal 38′ p.t. Trasciani 6: bravo a non tirarsi indietro nei duelli con Vuthaj prima e Ogunseye poi)
Konate 5: altra prestazione in cui mostra tutti i suoi limiti. In fase offensiva non c’è mai, in quella difensiva deve rincorrere e farsi ammonire presto. (dal 1′ s.t. Fazzi 5: gioca poco prima di farsi male, si fa notare per un cartellino giallo tanto inutile quanto gratuito. E dal 22′ s.t. Fiorani 5,5: fase di gara complicata, non incide come potrebbe dal punto di vista tecnico)
Fofana 5,5: primo tempo discreto, poi si perde nella confusione della ripresa. Nel finale avrebbe una buona chance, ma calcia con tutta la paura del mondo.
Marino 6: prova a mettere pulizia e ordine tecnico, non manca qualche incursione non premiata dai compagni.
Versienti 5,5: avrebbe la gamba per fare male ai rossoneri, ma Garattoni gli prende le misure e lui non incide più di tanto.
Zuppel 5,5: da esterno destro pare un pesce fuor d’acqua, si applica e vince un paio di duelli puramente fisici. Tecnicamente, invece, sbaglia troppi controlli facili.
Balde 4,5: nonostante la presenza di Zuppel viene confermato nel ruolo di punta centrale, lui conferma di non essere adatto ai compiti richiesti. Inesistente. (dal 14′ s.t. Grillo 4,5: buon atteggiamento nell’approccio, poi spreca un contropiede da cui avrebbe dovuto ottenere di più e si spegne. Il vero errore lo fa nell’azione delle rete foggiana quando resta immobile sul movimento di Petermann)
Iannone 4: mai visto. Corre senza meta per un tempo, non entra in partita e la doccia all’intervallo è scontata. (dal 1′ s.t. Catania 5: inefficace quando prende il tempo alla difesa avversaria, spreca un paio di buoni spunti)
FOGGIA Dalmasso 6; Sciacca 6,5, Di Pasquale 6, Rizzo 5,5 (dal 13′ s.t. Ogunseye 6); Garattoni 6, Frigerio 5,5, Petermann 6,5, Costa 6,5; Peschetola 5 (dal 13′ s.t. Di Noia 5,5), Peralta 6 (dal 44′ s.t. Leo s.v.); Vuthaj 5 (dal 44′ s.t. Tonin s.v.). All. Gallo 6
*foto copertina: Acr Messina – Facebook ufficiale