Film già visto. Il remake è l’opera che va più di moda in casa Messina. Per il terzo anno, infatti, novembre diventa il mese della decadenza dei risultati tanto da aprire alla crisi, alla voglia di esonero e alla richiesta di una rivoluzione invernale. Il lieto fine, però, non è sempre garantito.
LO SCOLLAMENTO – Vogliamo prendercela con Giacomo Modica? Ok. Il tecnico resta persona più che perbene – e in questo mondo del calcio non è qualità banale o sempre presente -, oltre che allenatore preparato e ricco di idee e volontà di crescita. La premessa non è la classica ricerca di cerchiobottismo, ma serve a chiarire quanto indirizzare tutte le responsabilità sul mister di Mazara sia davvero inutile. Sì, perché resta evidente come il suo calcio non sia riuscito a sposarsi con questa rosa. E poco conta che li abbia scelti o avallati, per il semplice fatto che nel calcio nulla è scontato, automatico o sicuro. Per esempio: se ci fosse un modulo certamente vincente lo attuerebbero tutti. Così non è, quindi Modica avrà scelto e avallato ma è rimasto, comunque, “tradito” dalla sua squadra. Anche per colpe proprie, sia chiaro, dato che mesi e mesi di lavoro non sono serviti per infondere in calciatori – che sembravano adatti alle prospettive – le visioni calcistiche proposte. Tatticamente, infatti, questo Messina è troppo distante da un allenatore che fa dei suoi schemi un tesoro da spendere per ottenere punti pesanti. Anche a Foggia si è visto pochissimo del calcio spumeggiante che si attendeva, forse nulla. Certo, era una gara di reazione e non di filosofia, ma anche su questo campo i giallorossi sono stati manchevoli. Modica – nel post gara – salva la prestazione, scegliendo un approccio più politico rispetto al dirompente fine gara contro il Latina. Gioco delle parti, ma il primo consapevole di essersi perso in un loop è lo stesso allenatore. Che, però, deve fare di necessità virtù fino alla pausa o fino a quando Sciotto lo terrà sulla panchina. Tema che andrà toccato e lo faremo. Per restare sull’analisi del lavoro del tecnico, però, dobbiamo tornare indietro di mesi. La costruzione basata su un modulo preciso e un’idea tattica altrettanto chiara è stata portata avanti con la forza economica di cui questa proprietà dispone. Il tema è delicato, ma solo perché strumentalizzato dai talebani del pensiero pro e anti Sciotto. Tutto sbagliato, perché la questione economica di un club va discussa con precisione. Una società spende per quello che può. Poco per l’obiettivo? Si prende atto, ma nessuno lavora per perdere. Forse, bisognerebbe modificare le aspettative. Certo, questa rosa è stata costruita con l’idea di non sforare le possibilità – anche per mantenere una somma utile per gennaio (sempre per il remake di cui sopra e ci torneremo) -, pensando di poter anche soffrire meno degli anni precedenti. Nulla è scontato, per questo la differenza avrebbe dovuta farla il tecnico e il suo gioco. Un azzardo pensare che un livello medio da zona salvezza potesse essere valorizzato all’estremo dal solo allenatore. La squadra, per l’obiettivo, resta sufficiente ma non si può dimenticare che è allenata da un tecnico dalle precise richieste. Anche estreme. Se queste non attecchiscono, allora, la caduta è quasi fisiologica. Insomma, il Messina vale meno di quello che tutti possano pensare ma sta rendendo in maniera ancora più inferiore. Sì per responsabilità di Modica, ma anche – e soprattutto – per evidentissime mancanze dei calciatori. Un colpo al cerchio… eh no… perché il calcio resta settore dove la collettività conta più del singolo. Chiaro, nel momento in cui bisogna pagare il conto sono gli allenatori i primi a essere individuati, anche per la facilità con cui modificare il soggetto in questione. Un cambio può essere utile, ma a cambiare deve essere anche la testa di chi viene allenato.
LE DUE VIE – La partita col Foggia ha detto che questi calciatori non sono immersi per come dovrebbero in questo campionato. La superficialità con cui si approcciano ad alcune giocate è svilente. I rossoneri hanno calciato quattro palle inattive trovando come esito: due salvataggi sulla linea, un rigore e una rete. Tema già trattato nel racconto della partita, ma tornarci serve per rimarcare come quella precisa circostanza – le palle inattive – diventi manifesto della pochezza mentale della squadra. Sicuramente sono situazioni che vanno preparate tecnicamente, ma perdere ogni duello è più sintomo di lassismo. Modica (voto 5) aveva scelto una squadra più veloce e che desse meno riferimenti con Zunno prima punta e Firenze largo a sinistra. Dire che abbia funzionato sarebbe anti-storico, visto il risultato, ma anche dal punto di vista della prestazione non si è visto molto di più di altre uscite. La squadra ha rialzato la testa per una decina di minuti, poi si è schiacciata perdendo campo e produttività. Zunno è inconcludente, Ragusa al massimo vivace. Poca roba, e pensare che sia responsabilità unica di Modica è davvero ingiusto. Manetta compie veri e propri orrori, come Giunta che perde un’altra marcatura dopo quella contro il Benevento. Insomma, le prestazioni individuali – entrando nei dettagli – restano talmente insufficienti da far comprendere quali siano le colpe di chi scende in campo. Lo scollamento – sempre dal punto di vista tecnico-tattico – con l’allenatore è ormai palese, con le soluzioni per la risoluzione che non sono poi così tante. Per questo, tra l’altro, tocca ripetersi rispetto alla settimana scorsa: o il tecnico va verso le esigenze di mediocrità tattica di cui la squadra necessita oppure si cambia tecnico. Non c’è altra via. Un Modica confermato che confermi le sue idee difficilmente troverà continuità prima del mercato di gennaio. E questa terza via, comunque più che possibile, sarebbe davvero rischiosa. Sessione in cui – a prescindere da chi sarà a guidarla – questa squadra andrà modificata dal punto di vista della personalità. A proposito di remake: film già visto nella stagione iniziata con Sasà Sullo.
SEI QUELLO CHE INVESTI – Analisi, parole, probabilmente sciocchezze di chi scrive. La grande verità di oggi, però, è il silenzio. Quello di una proprietà che è stata celere nello spegnere eventuali permalosismi politici sul tema stadio ma che non crede sia utile mettere il proprio punto di vista sul momento a servizio della tifoseria. Strano e straniante, perché – in tutta onestà – la solerzia con cui si è difeso l’assessore di turno rispetto al proprio tecnico (tra l’altro) stona di fronte all’indifferenza comunicativa nei confronti della propria creatura. Magari per qualcuno conterà meno, ma ogni tanto una parola per chiarire potrebbe essere utile. Il destino di Modica, comunque, resta legato alla volontà di Sciotto. Il presidente, sul tecnico, aveva puntato il suo gettone estivo per un progetto sportivo che mantiene la sua logica. Allenatore dal calcio riconoscibile, preciso e atto alla valorizzazione. Spese mirate e possibilità di ottenere risultati più rassicuranti rispetto agli altri anni. Non sta funzionando per i motivi che abbiamo citato. Modica e Roma hanno avuto la famosa “carta bianca” nella costruzione e che abbiano puntato su alcuni cavalli sbagliati – no, non è un’allusione, ma Cavallo è uno di questi – resta evidente. Lacune nella casella sinistra della difesa, centrali di difesa che non hanno il coraggio tecnico e fisico per alzare la linea, centrocampo orizzontale e attacco che vive di individualismi. Questi alcuni dei difetti che, chiaramente, non sono presenti in tutti i calciatori. Come detto, poi, il tecnico ha insistito su alcuni concetti non appresi dai calciatori. Il tutto è stato costruito col famoso budget messo a disposizione. “Ahhhhh sta parlando di budget… la parola vietata”… l’arte di drammatizzare il tutto torna di moda, così analizzare la questione economica sembra diventato esercizio da moti Carbonari. Non è così. Ma anche in questo caso tocca ripetersi, perché di questo tema si è scritto davvero tante volte. Una proprietà, sia chiaro, ha diritto di spendere quanto gli pare. Anzi, personalmente, se una proprietà può spendere 10 il consiglio e di spendere 8, perché non si sa mai. Detto questo, però, bisogna comprendere che dalla spesa X ci sarà il risultato Y. “Eh, ma altrove hanno fatto…”, hanno fatto meglio, perché come sempre bisogna spendere bene e non troppo. Quello che il Messina spende, però, vale la zona che lotta per evitare la retrocessione. E questo è un fatto confermato da ben tre gironi di andata. Non uno, ma tre. Può spendere al massimo questa cifra? Ok, nessuno deve spendere più di quello che può. Nel calcio e nella vita. Ma si cambino le aspettative di tutti, allora. Certo, a gennaio arrivano i famosi “sacrifici”. Reali. Allora, si potrebbe tornare al vecchio adagio dello “spendere di più per spendere meno”. Sì, perché se in estate spendi 1 – per esempio numerico non perché si sia speso quella cifra – e a gennaio spendi 2, allora quel 3 totale poteva essere dimezzato e investito in prima battuta. Conti faciloni, ma non è che il calcio sia proprio fisica quantistica e spesso bastano un paio di passi logici. E questo, va detto, lo si scrive a tutela della società. Eh sì, perché non è un attacco ma una semplice analisi. No, il Messina non ha speso poco, ma senza un investimento iniziale maggiore – la storia di questo campionato – dice che il destino è quello di fare fatica e dover spendere il doppio a gennaio. “Eh ma la Juve Stabia…”, standing diverso e calciatori diversi. E se preferiscono andare lì o in piazze simili – anche a parità di cifre – sarebbe il caso di farsi due domande. Che coinvolgono tutti: proprietà, dirigenza, staff tecnico, ds e allenatore.
Fumagalli 5,5
Il Foggia, in fin dei conti, non lo mette in difficoltà vista un’imprecisione continua. Sulla seconda rete è imperfetto. Esce poco per caratteristiche, a volte, però, una mano servirebbe.
Salvo 5
Fatica immensa a tenere il passo di Tonin e Vezzoni. Ancora troppo acerbo in fase di non possesso, in quella offensiva non si vede mai.
Polito 4,5
Tonin lo porta a spasso con estrema facilità. Lui si lascia trasportare e finisce sempre fuori posizione.
Manetta 4,5
Regala il penalty del vantaggio con un intervento totalmente gratuito. Anche sulla seconda rete pensa più alla lotta con l’avversario che al pallone.
Ortisi 5
Un giallo presto e inutile, poi si difende come può. Deve diventare un fattore in attacco, sennò è uno spreco di possibilità.
Scafetta 5,5
Nel primo tempo prova a cucire mediana e attacco, ma non riesce ancora ad attaccare lo spazio col tempismo giusto. Quando c’è da fare legna si schiaccia troppo e non porta il pressing alto che vorrebbe il tecnico.
Franco 6
L’unico che ci mette quel pizzico di agonismo in più, gioca pure un paio di palloni interessanti. Poco, però, rispetto a quello che si attende da uno dei calciatori che dovrebbero dettare il passo.
Giunta 4,5
Sbaglia troppi palloni, sempre in ritardo nei contrasti e corpo a corpo. Perde la marcatura di Salines che costa la fine della contesa.
Ragusa 5,5
Più in partita di altre volte, ma un paio di sgasate non possono bastare. Soprattutto, visto quello che serve ai giallorossi.
Zunno 5,5
Il ruolo da prima punta non è completamente suo, anche la differenza fisica col trio difensivo foggiano non lo aiuta. Ha un paio di chance, ma pecca in decisione e prima di calciare ci pensa tanto da perdere l’occasione.
Firenze 5
Ha subito una palla invitante, ma l’appoggia nelle mani del portiere avversario. Dopo non si vede praticamente più.
Cavallo 5
Solito innesto fumoso.
Pacciardi 5
Fatica tremendamente a tenere botta quando ci sono da fare letture e movimenti preventivi.
Emmausso 5
La sua “punizione” non dura nemmeno 90′, quando entra il match è finito ma lui trova il tempo per un colpo di tacco che non serve a nulla e un tiro in porta innocuo.
Luciani e Plescia s.v.
FOGGIA Nobile 6; Riccardi 6, Carillo 6,5, Salines 7; Garattoni 6, Martini 6 (dal 40′ s.t. Rossi s.v.), Di Noia 6,5, Vezzoni 6 (dal 18′ s.t. Frigerio 5,5); Peralta 6,5 (dal 28′ s.t. Schenetti 6); Tounkara 5 (dal 18′ s.t. Embalo 5,5), Tonin 6,5 (dal 40′ s.t. Idrissou s.v.). All. Cudini 6,5
*foto copertina: Acr Messina – Facebook ufficiale | ph. Francesco Saya