Gelbison-Messina, arrabbiarsi non serve a niente

Pubblicato il 6 Maggio 2023 in Primo Piano

Calma. L’emotività potrebbe fare brutti scherzi abbattendo e avvelenando un ambiente che ha necessità di sangue glaciale per ribaltare l’orrore mostrato dal Messina in casa della Gelbison. Una sconfitta figlia della paura, dell’idea di poter gestire per poi colpire nel domani. Un domani che, nell’ultimo mese e mezzo, non è mai arrivato.

INCARTATI – Buco nell’acqua che non ha molte possibilità di appello quello della squadra di Raciti (voto 4,5) al Guariglia. Dopo il pareggio di Taranto le energie sono state sprecate per rimettere in ordine rapporti e chiarire parole che andavano, comunque, evitate. Necessario per proseguire insieme, ma sfiancante per una squadra che avrebbe dovuto pensare solo al gioco del calcio. Manuale sul come farsi male da soli, scritto e interpretato da un Messina che concede alla Gelbison di mettersi in vantaggio in uno spareggio salvezza che vede i giallorossi restare favoriti per valori. Che, però, non giocano. In campo ci vanno due squadre dalla spinta emotiva e caratteriale diametralmente opposta: Messina in attesa, pronto solo a difendersi e deciso a rimandare il giudizio finale alla gara del San Filippo. Non poteva fare lo stesso la Gelbison, consapevole di dover vincere almeno una partita per potersi salvare. Quella in casa era la chance migliore, così Galderisi tira fuori una squadra nuova di zecca per scelte e tatticismi. Stravince il duello con Raciti, riuscendo a coprire le zone di campo con presenza fisica multipla. Il 4-2-3-1 è un mix di muscolarità nel cuore del campo e velocità sulle corsie. Il Messina è costretto dalle assenze a schierare una difesa piatta e incapace di appoggiare l’azione offensiva. Indipendentemente dalle volontà di Raciti, infatti, la difesa poteva essere formata da soli centrali. Berto e Ferrini a tamponare larghi mentre Trasciani e Ferrara pronti a chiudere in mezzo. Un quartetto che resta a galla per tanto tempo, forse trova anche gli interpreti migliori del match nell’attenzione di Trasciani e l’applicazione di Ferrini. Sulle scelte pochi appunti, sull’atteggiamento voluto ci sarebbe da scrivere un libro. La logica invita a non calcare la mano per non distruggere una squadra già in frantumi, ma in campo non andiamo noi oppure gli splendidi 800 tifosi presenti ad Agropoli, simbolo di una parte di città che si ama e vuol ripartire da un senso di appartenenza diventato sempre meno presente. Resta nostro compito quello di analizzare in maniera lucida, ma non possiamo – critica e tifo – prenderci anche la responsabilità di non pesare troppo sulle teste di giocatori, staff tecnico e dirigenza. Ampio respiro e riflessione, però, così sarà dopo il fischio finale della gara di ritorno – indipendentemente dall’esito finale – il tempo per tagliare teste senza alcuna pietà retorica o quei classici distinguo che fanno solo male. Ci sarà modo, oggi è il momento di un’analisi concreta di quanto visto e di cosa potrebbe accadere sabato prossimo.

COPIONE SCRITTO… DA GALDERISI – Il Messina non riparte da Ragusa e dirotta Marino sulla corsia mancina per una soluzione asimmetrica: Fofana quasi da schermo, Fiorani per le uscite sulla destra e Marino che oscilla tra l’esterno e la zona del centrosinistra della mediana. Balde resta in mezzo con Perez che cerca spazi tra Gilli e Nunziante, provando a sfruttare il mismatch fisico col terzino. A destra c’è Kragl che dovrebbe trovare palloni puliti da tagliare sull’altro lato del campo. Il problema nasce dall’altezza del baricentro che resta sempre bassissimo. La Gelbison si mette a specchio, con Infantino schiaccia i centrali e De Sena sulla trequarti costringe a una densità maggiore. Fiorani deve aiutare Fofana sul trequartista ma la fisicità di Cargnelutti in mediana travolge sulle palle sporche lasciando a Fornito tanto spazio per ragionare. L’intensità – una delle vere pecche del Messina sin dalla gestione Auteri – voluta dalla squadra di Galderisi mette in difficoltà i giallorossi. Attenzione: i campani non creano chissà cosa, ma la sensazione di pericolo costante resta. Che sarebbe stato questo il copione era chiaro, a mancare è stato il plot twist. Il colpo di scena. Che toccava al Messina, ma gli sceneggiatori di casa giallorossa non hanno spinto sulla fantasia. La difesa piatta e il doppio mediano tattico avrebbero dovuto lavorare in recupero palla per innescare i quattro offensivi. Un film già visto, ma Galderisi pare essere stato spettatore attento e non cade nella trappola banale del Messina. Marino si sfianca nell’aiuto in mezzo e nel raddoppio difensivo per aiutare Ferrini. Le catene laterali della Gelbison non hanno molta qualità, ma hanno una gamba vivace e difficile da contenere. Il Messina non recupera mai palla in maniera pulita, deve sempre passare tra mille gambe per scaricare la corsa. Kragl gioca a nascondino per una buona ora, mentre Marino – sempre lui – diventa l’unico sfogo. Balde si ritrova in un caos immenso, anche se la sua qualità si nota in alcuni tocchi di prima. Così, il migliore della prima frazione sembra essere Perez per la capacità di fare a botte con Gilli per ripulire qualche pallone. Pochissima roba. Forse, bastava anche così a Raciti visto che l’obiettivo era lo 0-0. Se fosse arrivato qualcosa di meglio sarebbe stato frutto di giocata estemporanea. Che non può esserci, perché il Messina è lentissimo e scontato nelle giocate. Galderisi stravince perché inventa una squadra mai vista, perché a ogni mossa tira fuori una contromossa e va all-in con tutto il materiale umano a disposizione. Vince lui, anche per la capacità di scuotere una squadra apparsa inesistente in questo 2023.

NESSUNA GESTIONE – Il Messina pensa alla gara di ritorno già dal primo minuto, deludendo così una tifoseria che chiedeva di non rimandare al San Filippo la sentenza. Atteggiamento non rinunciatario ma estremamente coperto, speculativo e impregnato di quella insana volontà di affidarsi al lampo. Approssimazione offensiva che fa malissimo, mentre in difesa si regge rischiando il giusto. Quando si esagera esasperando i concetti si crolla. Il pallone che Kyeremateng spara fuori da mezzo metro mette i brividi, pure troppi rispetto a quanto creato dalla Gelbison. Raciti sceglie Hélder Baldé per una difesa a cinque che viene seguita da una mediana col doppio incontrista visto l’ingresso di Konate. Squadra arroccata che non può ripartire perché Kragl zompetta e Perez è svuotato di energie. Ci sarebbe Ragusa, ma il suo ingresso è un errore. Sì, tenerlo fuori sembra difficile ma se è questo meglio giocare la carta di un ragazzino con qualche energia reale. Oppure concedere più minuti al Balde sostituito. Il numero 90 si becca un giallo inutile, non dribbla e quando calcia non ha forza. Se trova spazio accelera la giocata e finisce con un tiro al volo che lascia il Guariglia dopo il decollo. Tutto molto brutto, ma il Messina sembra reggere grazie all’applicazione dei suoi difensori e a una Gelbison che – al netto del lavoro di Galderisi e della volontà – resta squadra mediocre e capace di non finalizzare quanto creato. L’errore mortale resta dietro l’angolo ed è un difetto di squadra aggravato dall’orrore individuale. Perez è distrutto quando continua a pressare, Gilli ha quel metro per lanciare – o buttare via – un pallone che trova Uliano completamente solo sulla trequarti. Dove sono i mediani? Indaffarati in altri affari, ma la posizione di Uliano è pericolosa ma non terrificante. A esserlo, invece, è la scelta di Hélder Baldé di uscire sull’avversario nonostante sia a una distanza infinita per la sua velocità. In ritardo totale per una catena di errori che si sommano: il portoghese rompe la linea, Ferrara la sfalda con un paio di passi in avanti che lo lasciano nella terra di nessuno. Tumminello si ritrova con uno spazio non pronosticabile. Trasciani – che gioca da mezzo destro del trio centrale – prova a chiudere in diagonale ma deve coprire troppi metri per poter arrivare sull’avversario. Tiro e gol quando sul cronometro restava un minuto e una manciata di secondi. Andata in archivio. Svantaggio che fa malissimo e che diventa lo stimolo per un ritorno diverso. Non si potranno fare calcoli perché il Messina può solo vincere. Non è importante lo scarto, basta vincere e sarà salvezza. Conta la posizione in classifica in caso di parità di gol segnati nei due confronti. Meglio così, perché regalare allo staff tecnico la possibilità di lambiccarsi in tatticismi di contenimento avrebbe fatto solo il male del Messina. Attenzione: non si pensi di poter trovare un gol e gestire. Sarebbe un tornare a questo passato appena trascorso. Raciti deve inventarsi una squadra capace non solo di vincere, ma di trovare un vantaggio che spinga a raddoppiare. Senza strafare o rischiare, ma con la testa votata a non pensare di dover fare un gol per poi gestirlo. Sarebbe un rischio grossissimo. Sicuramente, però, la prima cosa da trovare sarà il gol. E come? Questa squadra non sembra in grado di calciare in maniera pulita in porta, figurarsi segnare. Serviranno calciatori che ci mettano molto di più di quanto visto a Taranto e Agropoli, poi saranno necessarie scelte e soluzioni buone per sparigliare. Sia tattiche che negli uomini. Gli 11 che stanno meglio, che hanno forza, carattere e capacità di lottare. Non contano nomi e carriere, conta la forza che si può regalare in questo momento.

Fumagalli 5,5: se tremano le mani anche a uno come lui significa che il livello di tensione è troppo alto. Quel pallone che scivola poteva avere un esito peggiore, ma è sintomo di una squadra che non gioca con la giusta sicurezza. Sulla rete subita non può nulla.

Berto 5: fatica a trovare le misure per stringere una linea difensiva che anelava compattezza. Rischia di provocare un rigore e la sua partita non è sufficiente in nessuna delle due fasi.

Trasciani 6: uno dei migliori in campo, forse il migliore per attenzione e applicazione. Sempre in posizione e preciso nelle chiusure. In occasione della rete prova a fare un miracolo, ma è troppo lontano per arrivare a chiudere la diagonale.

Ferrara 5,5: una buona prestazione attenta e fisica, ma che viene macchiata dal finale in cui si lascia attirare dal pallone e apre la porta al movimento di Tumminello.

Ferrini 6: si adatta in un ruolo non suo ed è bravo per applicazione e capacità di lottare.

Kragl 5: primo tempo inesistente, nel secondo tempo tira fuori un guizzo. Nient’altro.

Fiorani 5,5: ci mette caparbietà e tanta sostanza, ma quando il pallone finisce tra i suoi piedi regna l’imprecisione. (dal 14′ s.t. Konate 5,5: entra con buona volontà, recupera un paio di palloni importanti ma poi li spreca subito)

Fofana 5: un paio di tamponate per far sentire i muscoli, poi si perde e diventa fattore negativo in entrambe le fasi. Le gambe tremano troppo.

Marino 5,5: sbaglia tanto, ma si impegna più di altri anche in un ruolo non suo. Più bravo nella fase di recupero palla che quando deve innescare i compagni. (dal 29′ s.t. Baldé 4,5: entra bene prendendo le misure a Infantino, poi rovina e distrugge tutto quando decide di uscire su Uliano – nonostante un ritardo colossale – rompendo la linea e aprendo la porta a Tumminello)

Balde 5,5: coinvolto pochissimo, quando riesce a toccare palla mette qualità dove non c’è. Viene sostituito un po’ troppo presto per quanto aveva fatto vedere. (dal 14′ s.t. Ragusa 4,5: entra con eccessivo nervosismo e si becca un giallo gratuito, poi forza un paio di giocate e per chiudere spara fuori dal Guariglia un pallone interessante)

Perez 5,5: gioca un buon primo tempo, fatto di lotta e buona capacità di vincere i duelli con i difensori avversari. Cala pian piano, ma nel finale una grande occasione arriva sui suoi piedi ma, come spesso è accaduto, pecca in freddezza.

GELBISON D’Agostino 5,5; Nunziante 5,5, Gilli 6,5, Granata 6 (dal 28′ s.t. Uliano 6,5), Loreto 6 (dal 41′ s.t. Porcino s.v.); Cargnelutti 6,5, Fornito 6,5 (dal 41′ s.t. Papa s.v.); Kyeremateng 5, De Sena 5,5 (dal 17′ s.t. Tumminello 7), Graziani 5,5 (dal 17′ s.t. Caccavallo 5,5); Infantino 5. All. Galderisi 7

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