Giugliano-Messina, non è finita finché non è finita

Pubblicato il 24 Marzo 2025 in Primo Piano

Questa squadra non vuole morire. Nonostante chi di dovere stia facendo di tutto per cancellare, nuovamente, il calcio a Messina, c’è un gruppo – ds, allenatore e calciatori – che tiene in vita una corsa salvezza all’apparenza impossibile. Il Messina passa a Giugliano e continua a lottare. Non è finita.

IL CUORE – La reazione alla sconfitta contro il Catania c’è stata. Perché la prestazione contro la squadra di Toscano era stata troppo brutta dal punto di vista dell’intensità e dell’agonismo per essere vera. Per qualcuno, quasi una resa. Non un caso, però, che azione e reazione abbiano la coincidenza dell’assenza e presenza di Marco Crimi. Sul messinese purosangue dovremmo aprire un capitolo a parte, perché dal giorno del suo arrivo il messaggio che ha trasmesso è stato sempre chiaro: “Questa squadra si deve salvare”. Lo dicono i suoi occhi, la sua cattiveria sportiva, quella voglia di non lasciare un singolo millimetro di corsa sprecato. A Giugliano il cuore è tornato a battere a ritmo regolare, così la squadra ha ritrovato spirito nonostante le difficoltà. Che nascono in fase di avvicinamento tra squalifiche e acciacchi, e si aggravano a partita in corso con Marino e Haveri che devono lasciare il campo traditi dai muscoli. Banchieri (voto 7,5) ha preparato la partita in un modo preciso: difesa alta, centrocampo denso e due trequartisti che devono alternarsi tra ampiezza e attacco centrale a supporto di Luciani. Il piano gara avrebbe potuto saltare, ma anche con Garofalo adattato terzino e Buchel a mezzo servizio gettato nella mischia non si cambia. E funziona anche, perché quando il Messina alza il ritmo e verticalizza velocemente arrivano i guai per i campani. Russo fa muro più volte, spegnendo Luciani, Pedicillo e Tordini. Forse, manca un pizzico di cattiveria, di veleno, quando si calcia in porta, ma il portiere del Giugliano si supera. Un assedio, e in vantaggio ci sono gli altri. Ma come? Già, perché il calcio è così. Un pallone gestito male, con movimenti errati da parte di tanti, una ripartenza veloce e qualche errore in scalata. Tutti sul pallone, tutti su Balde, poi lenti e in ritardo per seguire il taglio di Del Sole – che aveva iniziato l’azione – che di destro supera Krapikas. Assurdo lo svantaggio del Messina. Che poteva pure essere più pesante perché, ovviamente, si devono correre dei rischi. Ma ci pensa Krapikas. Il Giugliano non è spietato e il Messina va al riposo consapevole che questo essere sotto è frutto solo di uno strano e bizzoso disegno del calcio.

BUCHEL IN CATTEDRA – La ripresa riparte con il copione noto: il Messina cerca di innescare il trio offensivo e il Giugliano vuol fare contropiede. La squadra di Bertotto, però, non possiede la maturità – e nemmeno la qualità – per gestire il vantaggio lucidamente. I giallorossi prendono campo, giocano con tecnica e capiscono che Buchel è in giornata di grazia. Petrucci si ritaglia un ruolo più da gestore, liberando il compagno più avanti. Il pari nasce da una sua iniziativa insistita, con un paio di tocchi di pura classe mancini. Prima cerca Luciani lungo, quando la palla viene respinta la recupera e la gioca con Crimi per l’uno-due che costringe Solcia a stenderlo. Dischetto. Luciani non sbaglia mai. Freddo, glaciale e con la testa giusta. Perché il numero 18 è stato al centro della critica – giustamente – più volte, ma nelle ultime settimane ha capito più dei due compagni esperti – Costantino e De Sena – cosa voglia Banchieri. Il titolare sembra essere lui. Il pari è meritato e non fa rallentare il Messina, anche se la partita diventa più pastosa, lenta in alcuni passaggi. Il Giugliano torna in vantaggio per caso, dopo un corner su cui Pedicillo è lasciato solo in balia di Minelli e Njambe. Confusione e pallone buttato dentro dal difensore. Vero che Bertotto aveva scosso i suoi con un triplice cambio, ma la sua squadra non sembrava così in grado di poter tornare avanti. Si ricomincia. Il ritornello stona, perché Pedicillo calcia ancora e Russo c’è sempre. Le armi a disposizione sono volontà e lucidità, col Messina che non si lascia travolgere dall’emotività ma costruisce sempre. Dentro Dell’Aquila e Vicario. Qualità a servizio degli altri. Ma il destino passa da altri piedi. Tordini forza uno schema su punizione, Buchel è bravo nel recuperare e nel dimostrare la differenza tecnica tra sé e gli altri: imbucata clamorosa per Garofalo che con l’esterno sceglie un tiro-cross che Russo accomoda per Gyamfi. E qui c’è tutto il Messina: due calciatori adattati, tra i migliori in campo, al posto giusto nel momento giusto. Il carattere di cui parla Banchieri prende forma, diventa posa plastica nei protagonisti di una rete che riporta i giallorossi vicini alla vittoria. Contro la Cavese il pari fu frutto di un secondo tempo di pura follia, tanto da trasformarlo in un risultato positivo nonostante occorresse vincere. Al De Cristofaro non si può pareggiare. Ancora Messina lucido – questo è il termine che descrive la prestazione -, ancora giocate per arrivare in porta non per caso. Punizione: Tordini sceglie la soluzione logica, cioè calciare forte verso la porta per creare pericolo. Il pallone passa, Gyamfi non può sbagliare e invece il suo tiro sicuro diventa un assist (involontario), perché quel gol deve farlo Crimi. Destro da due passi. Corsa verso i 140 tifosi presenti, arrampicata e urla di pura passione messinese. Non per retorica, ma perché Crimi è un messinese che vuol salvare il Messina. Vittoria.

ANDATE VIA – Mentre Marco calcia il Monopoli tira un rigore, lo sbaglia e sugli sviluppi Pellegrini insacca. Casertana al tappeto. In classifica si traduce con -6 e playout che torna attuale. Certo, i campani hanno una partita in più da giocare e restano padroni del proprio destino dato che vincendo sempre – al netto di un Messina che dovesse vincere tutte le quattro gare rimanenti – sarebbero salvi. Ma questo è un altro discorso. Oggi, conta il fatto che il Messina ha dimostrato di essere vivo e di voler lottare. Di voler e poter affrontare una corsa ancora lunghissima, una corsa che non ha un vero traguardo ma solo uno step intermedio. Perché il Messina corre per andare allo spareggio. Amara verità. Una corsa che serve per concedersi una speranza, quella di salvarsi battendo la Casertana in una doppia sfida. Tutta colpa di altri. Di chi ha condotto un girone di andata mediocre, per colpa di scelte mediocri in fase di costruzione, figlie di un (dis)impegno della proprietà votato allo svilimento delle possibilità sportive. Questo solo per restare al campo, perché c’è poi la parentesi legata al grande rischio di cancellazione del Messina che ha preso vita dopo le scellerate scelte di Sciotto di cedere – a questo punto per nulla in cambio – il club all’AAD, “società” guidata da due personaggi di infima moralità. Non per cattiveria, ma per descrizione della realtà dato che dopo i problemi di febbraio hanno scelto di scappare via, di sparire. Di non metterci più la faccia. Certo, difficile trovare il coraggio – dirà qualcuno – ma sarebbe stato interessante un confronto continuo. Anche solo per ascoltare le nuove mirabolanti cazzate a giustificare il tutto. Alaimo, il presidente che non poteva parlare di alcune cose perché “se ne occupa il boss, Cissè”. Lui, l’uomo venuto dai fallimenti in Francia e Belgio, definito “importante” per mesi da Sciotto. E sembra incredibile come un personaggio che considera sé stesso il più furbo e scafato del mondo si sia fatto prendere all’amo in questo modo. Viene quasi da pensare che… lasciamo stare. L’80% del Messina, adesso, è tutto di AAD perché sono scaduti i termini per qualsiasi mossa di Sciotto. Che tra l’altro non ha nessun interesse a rientrare; e anche volesse andare in causa contro Cissè potrebbe fargli pignorare ben poco. Sicuramente non arriverebbe mai ai fantomatici 2 milioni e mezzo di euro. Due facce della stessa medaglia che devono avere un destino comune: togliersi dalle palle. Nelle settimane scorse avevamo detto “dai piedi”, ma più il tempo passa e più l’insofferenza sale. Ora, infatti, non è più solo la voglia di dare al Messina una chance; no, è proprio il bisogno di non dover più nominare certa gente. Toglietevi di torno, abbandonate le vostre rispettive quote senza nulla a pretendere. Sciotto magari lo farà. “Gli importanti” imprenditori – che ridere – venuti dal Lussemburgo, invece, qualcosa potrebbero pure volere. Ci sta. Sono pur sempre – tutti quanti – dei simoniaci moderni. Alla maniera di Dante, spontaneo il paragone con i simoniaci dell’Inferno, dove il poeta colloca coloro che hanno fatto mercimonio di ciò che dovrebbe essere sacro: il rapporto tra una squadra e la sua città. Come i simoniaci danteschi, conficcati a testa in giù nelle loro buche con i piedi lambiti dalle fiamme, simbolo del loro capovolgimento dei valori, anche questi “imprenditori” hanno capovolto ogni principio, trasformando una missione sportiva e sociale in mera speculazione. Nel XIX canto dell’Inferno, Dante condanna chi trasforma in merce ciò che ha valore spirituale – qui è la passione di una città che è stata mercificata, svenduta e tradita.

Krapikas 6,5
Incolpevole sulle due reti campane, nel primo tempo compie un mezzo miracolo sul destro deviato di Peluso.

Lia 5,5
Il ginocchio indolenzito è un problema, soffre parecchio quando viene puntato ma è bravo nell’appoggiare la manovra con puntualità, peccato per la rete mancata per un’incertezza di troppo.

Gelli 6,5
Altra grande prova di personalità e leadership. Deve guidare una difesa inventata e sbaglia pochissimo, anzi nulla. Sempre bravo nelle letture e nel gioco di anticipo.

Marino s.v.
(dal 9′ p.t. Gyamfi 7: si adatta da difensore centrale e lo fa con buona applicazione, nonostante qualche sofferenza lecita. Poi, firma la rete del pari e l’assist della vittoria. Carattere da vendere)

Haveri s.v.
(dal 14′ s.t. Buchel 8: la premessa è che non sta per niente bene per un problema all’anca, il campo racconta che è il giocatore decisivo di questa squadra. Prima ispira con una insistita giocata tecnica l’azione che porta al rigore, poi è lucido nel recuperare palla e servire Garofalo per innescare la rete del pari)

Garofalo 7
Si adatta nel ruolo di terzino sinistro e gioca una partita di grandissima applicazione, in entrambe le fasi. Spinge con puntualità e serve la palla per la rete di Gyamfi.

Petrucci 6
Partita complicata vista l’intensità alta e la necessità di dover correre anche all’indietro, lui resta a galla grazie all’esperienza. (dal 32′ s.t. Dell’Aquila 5,5: entra in una fase delicata e prova a mettere qualità, con alterni risultati. Si becca un rosso “di confusione”, salterà l’Altamura)

Crimi 7,5
“Lui è il Messina”. Basta così. Lotta, corre, picchia, recupera ed è ovunque. La rete della vittoria è un semplice appoggio in porta da due passi, ma lì c’era proprio lui.

Pedicillo 6,5
Buonissima interpretazione per capacità di incidere nel gioco. Si intende bene coi compagni di reparto e va tante volte alla conclusione, ma Russo lo ferma. In occasione della seconda rete del Giugliano è un po’ leggero in marcatura. (dal 32′ s.t. Vicario 5,5: entra con volontà ma incide poco)

Tordini 6,5
Primo tempo di altissimo livello tecnico, sfiora la rete con una bellissima giocata trovando un super Russo. Cala alla distanza ma resta sempre lucido nel giocare la palla. Da una sua punizione nasce la rete della vittoria.

Luciani 7
Partita tatticamente importante, bravissimo nell’attaccare la profondità e abbassare la linea avversaria. Russo gli nega un gran gol di testa nel primo tempo, nel secondo è poco cattivo lui in un’occasione simile. In mezzo la freddezza dal dischetto, un grande classico. In crescita.

GIUGLIANO Russo 7,5; Valdesi 6, Solcia 5,5, Minelli 6,5, Oyewale 5,5; Peluso 5,5 (dal 15′ s.t. Demirovic 5,5), De Rosa 6 (dal 41′ p.t. Celeghin 6,5), Giorgione 5,5; Del Sole 7 (dal 37′ s.t. La Vardera s.v.), Nepi 6 (dal 15′ s.t. Padula 6), Balde 6,5 (dal 15′ s.t. Njambe 6). All. Bertotto 6

*foto copertina: Acr Messina – Facebook ufficiale | ph. Francesco Saya

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