Una strana sensazione di stupore, probabilmente errata visto lo storico e il luogo, accompagna l’ennesimo interminabile capitolo della concessione pluriennale dello stadio San Filippo.
TUTTO E IL CONTRARIO DI TUTTO – Lo scorso 14 maggio viene pubblicato sull’Albo Pretorio del Comune di Messina la determina a contrarre – propedeutica – per la definitiva pubblicazione del bando di gara per la concessione di minimo 30 anni del Franco Scoglio. La pubblicazione diventa necessaria – viste le direttive per l’amministrazione trasparente – per il successivo invio e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea che, infatti, avviene in data 27 maggio 2020. Fin qui tutto come programmato, a questo punto diventano, però, paradossali i passaggi di comunicazione e pubblicazione. Dalla determina a contrarre del 14 maggio alla pubblicazione su Gazzetta Europea non ci sono differenze sostanziali: vengono aggiunte le date di scadenza per la presentazione dell’offerta, quella di apertura delle buste, il CUP (codice unico di progetto) e il CIG (codice identificativo gare). Per quanto riguarda parametri e requisiti, invece, tutto confermato. Dalla pubblicazione su Gazzetta Europea a quella sull’Albo Pretorio trascorrono tredici giorni, così in data 9 giugno viene aggiornato il contenuto relativo al bando per la concessione pluriennale dello Scoglio. Il tutto senza che amministrazione o Comune diano risalto alla questione, tanto che alcuni membri della Giunta interrogati sull’argomento non menzionano la pubblicazione su Gazzetta Europea già presente, facendo quasi intendere che sarebbe avvenuta a breve. Un corto circuito comunicativo assolutamente incredibile. Il bando, quindi, è pubblicato con requisiti e scadenza già dal 27 maggio scorso.
LE SCADENZE – Passaggio fondamentale per capire quali saranno le tempistiche di acquisizione resta quello delle scadenze del bando di gara. Le ore 9 del 30 settembre è il termine ultimo fissato per la presentazione dell’offerta. Alle ore 10 verranno “aperte le buste” e si procederà con l’aggiudicazione con il criterio di “offerta economicamente più vantaggiosa”. Dal 27 maggio 2020 al 30 settembre 2020: questo il lunghissimo arco di tempo da percorrere per scoprire chi presenterà la propria offerta per la gestione di minimo 30 anni del San Filippo. La gara si svolgerà secondo l’art. 60 del Codice degli Appalti, secondo i criteri previsti: fatturato con un minimo di 600 mila euro negli ultimi tre esercizi, in più la gestione – nell’ultimo triennio – di un impianto sportivo dalla capienza minima di 10 mila posti. Requisiti minimi e facilmente raggiungibili, a fare la differenza saranno quindi i progetti di miglioramento e intervento sulla struttura dello stadio Scoglio. Questo in caso di partecipazione di più soggetti all’asta. In caso di unico partecipante, invece, basterà ottemperare a quanto richiesto.
LE DOMANDE – Tecnicismi a parte – tra l’altro già noti sin dalla determina a contrarre – le questioni più interessanti restano quelle legati a criteri e tempistiche della gara. La scadenza del 30 settembre, infatti, non può non far storcere il naso data la natura specifica del bando in questione. Il limite previsto dal sopracitato art. 60 del Codice degli Appalti prevede una durata di apertura della procedura di minimo 35 giorni, in questo si è voluti andare ben oltre. Ovvio come l’affidamento pluriennale del San Filippo non rientrasse nell’urgenza, tanto da non dover richiedere procedure ridotte, ma la parte burocratica in casi del genere dovrebbe sposarsi con quella dell’attività prevista per il soggetto interessato al bando. Impossibile, quindi, tralasciare la natura sportiva con le date previste che vanno a cozzare con le prossime scadenze in termini di iscrizione al campionato, eventuale domanda di ripescaggio (per chi ci crede) e – naturalmente – svolgimento delle gare della prossima stagione. Stante l’impasse della futura Serie D, con l’inizio che potrebbe essere rinviato alla metà di ottobre. Non propriamente futilità: il momento storico del calcio messinese è ritmato da scissioni, confusione e poca speranza nel futuro. Se i desideri della piazza – di avere una sola squadra – non dovessero concretizzarsi, ci si ritroverebbe con l’assurda presenza di due squadre ospiti di una struttura all’asta su un mercato aperto a offerte anche terze. Perché, quindi, non sono stati previsti i 35 giorni minimi per la presentazione delle offerte dalla pubblicazione? Una chiusura del termine delle offerte fissato – per esempio – nei primi giorni di luglio e immediata apertura delle buste avrebbe portato alla concessione entro il mese successivo. Tempi già stretti, dato che nel bando è specificato come il concessionario debba, poi, ottemperare ai lavori previsti nella domanda di offerta. Sarebbero stati cantieri agostani: stretti, ma nei limiti dell’inizio della prossima stagione. Spostare la scadenza a fine settembre, quindi, con procedure burocratiche per la concessione finale che non arriveranno prima di inizio novembre non fa altro che rallentare il processo di ristrutturazione dello stadio San Filippo. In più – sempre per non essere futili – chi può prevedere se tali lavori non influiranno sull’agibilità dello stadio? Se così fosse, tra l’altro, bisognerebbe valutare l’eventuale utilizzo a porte chiuse o il rinvio delle migliorie previste. Sembra plausibile, allora, che chi abbia redatto il documento abbia voluto dilatare i tempi – oltre quelli minimi -, forse, a causa delle difficoltà legate alla pandemia da Covid-19. Possibile, come credibile l’idea che tempi più comodi potranno – almeno – essere sfruttati dagli interessati per una migliore composizione dell’ATI. Come già scritto in precedenza, infatti, le due società messinesi (Acr e Fc Messina) al momento non rientrano nei criteri richiesti sia per la questione del fatturato che per la gestione di una struttura sportiva superiore ai 10 mila posti. Dovranno, quindi, comporre una Associazione Temporanea di Imprese (ATI) – come previsto nel bando – per poter partecipare. Il 30 settembre è data che non ammette molte scuse, almeno su questa specifica. Evenienza da non sottovalutare, dato che una prima asta deserta non è – o era – certamente da escludere.
COMUNICAZIONE – La lunga assenza del sindaco De Luca ha scatenato polemiche politiche, per qualcuno capziose ma nel merito quando ci si imbatte in situazioni come quella legata al bando per la concessione del Franco Scoglio. Difficilmente, infatti, la tendenza scenica del primo cittadino lo avrebbe tenuto lontano dal pubblicizzare in maniera smodata e trionfalistica la pubblicazione del bando su Gazzetta Europea. Il corto circuito che ne è venuto fuori, invece, ha raccontato di due velocità tra amministrazione e dirigenti: da una parte risposte più teoriche che concrete; dall’altra, invece, venivano svolti tutti i passaggi burocratici previsti. Nel mezzo una mancata comunicazione che – facendo un mea culpa generale – oggi ci sorprende nell’appurare che il bando sia pubblicato da ben 27 giorni. Non un grosso problema per eventuali soggetti interessati: esistono, infatti, agenzie esperte del settore che analizzano e studiano la Gazzetta Europea segnalando ai propri clienti i nuovi bandi pubblicati. Un bando del genere, però, più volte sbandierato come la panacea di tutti i mali calcistici messinese meritava un diverso codazzo comunicativo-mediatico proprio da parte di chi lo propone come mossa salvifica di un calcio relegato alla periferia dell’impero. C’è infatti questo grosso fraintendimento sulla valenza di un bando del genere: in Italia – come abbiamo scritto ormai diversi mesi fa – tutti gli stadi affidati in concessione sono frutto di fondamentali passaggi di crescita di società già ambiziose (vedi Atalanta e Sassuolo) o per la definitiva assunzione nei parametri dei grandi club europei come accaduto alla Juventus. A Messina, invece, si è cercato il processo inverso: attirare investitori con lo stadio. Discutibile sia l’idea che le modalità: i criteri economici previsti, infatti, sono irrisori e raggiungibili anche dalle due società già esistenti, che però dovrebbero sommare alle difficoltà di un campionato senza introiti come quello di D anche la gestione di un mausoleo nel deserto come il San Filippo. Da non sottovalutare – cosa non fatta da quei consiglieri comunali che ne hanno sottolineato la stranezza – l’assenza nel bando di possibilità di costruzioni utili all’indotto nelle aree limitrofe l’impianto. Pensare, quindi, che l’unico indirizzo possibile per “l’area dello stadio” debba essere quello sportivo o per l’organizzazione di qualche evento (tra l’altro volati via) resta provinciale oltre che limitato.