La retrocessione nel playout contro il Martina Franca, più di dieci anni di calcio professionistico che si concludevano nella spareggio beffa contro Baclet e compagni. Poi l’estate, il fallimento dei pugliesi e l’allargamento della Lega Pro a 60 squadre. Un treno su cui risalire velocemente, così per il Melfi le porte della terza serie non si chiudono e il rilancio è pronto. La panchina viene affidata al talento di Nicola Romaniello, capace di guidare la sorprendente Casertana in vetta al campionato per svariate settimane. A lui viene concesso credito sul mercato, tanto che l’ex allenatore dei falchetti porta in Lucania il portiere Gragnaniello e l’infortunato Mangiacasale proprio da Caserta. In generale la vera novità è rappresentata dalla nuova ricerca di calcio, la fiducia in Romaniello deve fare rima con gioco propositivo. L’esordio è col botto: al Valerio mister Romaniello stende la sua ex squadra, si toglie un masso dalla scarpa e illude. Dieci gol e tre sconfitte nelle successive uscite, la panchina comincia a scricchiolare fino a rompersi all’indomani della sconfitta di Andria. La storia tra il Melfi e Romaniello dura il tempo di una vittoria, un pareggio e quattro sconfitte. Il suo elastico 3-5-2 non convince più, panchina affidata a Leonardo Bitetto: già a Melfi nella stagione 2014/15, con una salvezza tranquilla conquistata con buon anticipo. In Lucania riporta, immediatamente, il suo rombo atipico e sopratutto rispolvera il vecchio e caro catenaccio. Non una parolaccia sia chiaro, perché quello moderno non ha nulla a che fare con gli anni ’30 e con l’evoluzione alla Nereo Rocco. Il catenaccio di oggi è solo il modo snob con cui si etichettano le squadre che, per necessità, devono applicare una difesa di squadra e ripartenze veloci. Difesa e contropiede insomma, armi che in Lega Pro sono usate dalla maggior parte degli allenatori, anche da quelli che vorrebbero apparire più belli che bravi. Il Melfi di Bitetto è concreto, non una macchina da punti visto che parte con sconfitte e pareggi poco utili alla causa. La vittoria arriva solo poche settimane fa: un 3-0 alla Reggina a cui fanno seguito un buon pari sul campo della Vibonese ed i tre schiaffi rifilati al Monopoli. Un diesel questa cura Bitetto, frenata da un livello tecnico poco adeguato alla categoria con alcuni picchi di clamorosa eccellenza, sopratutto se paragonati agli altri. Alessandro De Vena è il simbolo: l’attaccante mancino potrebbe ambire a piazze di maggior blasone, il suo talento è la speranza a cui si attacca tutta Melfi. Oltre a questo c’è il modello Bitetto: solidità, compattezza, pochi fronzoli fino alla metà campo e spazio all’estro in avanti. La vera vittoria del tecnico barese è la consapevolezza di non poter ambire a qualcosa di diverso dalla zona playout, solo a questo modo potrebbe arrivare una salvezza diretta. Piedi per terra e lavoro.
PARTECIPAZIONE – Primo frame che utilizziamo, come sempre, come supporto per una discussione generale. Siamo nella sfida del Valerio contro il Monopoli, esattamente nell’azione che porta al vantaggio firmato da Vicente: in possesso c’è Esposito, il suo scarico sul compagno porterà al tiro dalla distanza che risulterà vincente. Non importa per nulla questo, concentriamoci su altro: evidenza blu per lo schieramento corto del trio di centrocampo, la compattezza aiuta ad uno scarico sempre facile e sicuro sul compagno. In alto vediamo come Bruno (terzino sinistro) accompagni la manovra per divenire un’ulteriore soluzione, in rosso c’è il trio offensivo: Bitetto non richiede oltranzismo tattico al suo trequartista, nello specifico il prescelto è Cittadino che rappresenta un numero 10 abbastanza classico capace, comunque, di andare a prendersi lo spazio esterno lasciando il centro al movimento alternato della coppia offensiva. Quando è Gammone, invece, a prendersi la maglia di suggeritore alle spalle delle punte, questo movimento viene esaltato all’ennesima potenza viste le caratteristiche dell’ex esterno di Bari e Juve Stabia.
MARCATURA PREVENTIVA – Andiamo alla fase difensiva e lo facciamo rimanendo nella sfida contro il Monopoli: partiamo dalla cosa più interessante ovvero il cerchio blu che evidenzia la posizione di Francis Obeng. Perché è così importante? Presto detto, l’ex Roma gioca da interno destro del centrocampo a rombo ma vediamo come la sua applicazione in fase difensiva sia totale ma sopratutto basata sui dettami della marcatura preventiva. Invece che andare a prendere il taglio alto, il centrocampista di Bitetto scala in linea con la difesa (rosso) e va ad occupare lo spazio che non diventa più attaccabile. Il resto della squadra è ben piazzato, le linee di passaggio sono coperte e il lavoro è palesemente basato sull’evitare il pericolo che sul sventarlo. Ovvio che non siamo di fronte ad una macchina perfetta, la squadra di Bitetto rimane tra le più mediocri dell’intero pacchetto Lega Pro ma è giusto dare merito ad un tecnico che, oltre ai limiti, prova a sfruttare al meglio le caratteristiche degli uomini a disposizione senza troppe logiche e idee buone per la carta e meno per il campo.