Perdonare non è mai semplice. Soprattutto quando l’amarezza accumulata in 10 anni è diventata una costante emotiva per una tifoseria che di pazienza ne ha avuta tanta, forse troppa. La fase embrionale della stagione che oggi vedrà la luce, poi, è partita da presupposti per nulla incoraggianti. Uno schema involontario non nuovo, da queste parti: iniziare con un allenatore, con un’idea di calcio, con una bozza di progetto tecnico scritta con approssimazione e con la mano sinistra, per poi radere al suolo tutto o quasi. Errore da matita rossa. Reiterato, peraltro: basti pensare alle ultime tre stagioni. Nell’estate 2016, alba dell’ultimo campionato professionistico, inizia Bertotto, ma dura il tempo di un amen, dopo il benservito datogli da Stracuzzi, che punta su Sasà Marra prima e poi su Lucarelli. Nella passata stagione, la prima dopo l’ennesima morte del Messina, il trend delle teste saltate trova ancora sulla riva dello Stretto lo scenario ideale. Tocca a Venuto, il cui addio – o meglio, “esonero informale” – apre le porte, con le dovute proporzioni, al miglior momento tecnico-estetico dell’ultimo decennio: il calcio di Giacomo Modica.
LA CALDA ESTATE – A rigor di logica, quella dell’allenatore che ha avuto il merito di riconciliare i messinesi con un’idea di calcio a tratti esaltante, sarebbe stata la scelta più azzeccata. Perlomeno in quel momento. Non è andata così, come noto. Arriva Raffaele, allenatore meticoloso ma forse non pronto mentalmente a misurarsi in un contesto magari più grande pure delle sue ambizioni. Divergenze sul mercato, visione globale non in linea con quella della proprietà, forse qualche peccato di presunzione da una parte e dall’altra. Tradotto: rescissione consensuale. È il momento peggiore, il punto più basso, se inserito in un ragionamento di più ampio respiro a cui si è accennato all’inizio di questo articolo. Così Pietro Infantino, ultimo anello di una catena di direttori d’orchestra sempre di passaggio nella città “di passaggio” per definizione. Gli auguriamo di rimanere su quella panchina per molto tempo, perché significherebbe evidentemente qualcosa: aver lasciato una traccia, che è poi l’unica cosa che chiede chi pretende che il calcio, a Messina, torni ad essere una fede di cui andare orgogliosi.
CIÓ CHE CONTA DAVVERO – Ma guardare il dito mentre il saggio indica la luna sarebbe l’ennesimo abbaglio. Ciò che è iniziato a cambiare in meglio e velocemente, nell’estate che ormai stiamo per lasciarci alle spalle, è qualcosa che nel calcio ha un peso specifico assai più sostanzioso dell’apporto di un tecnico o di un top player: la struttura concettuale del club. Il suo modo di interpretare se stesso. Le deleghe. I ruoli. Il sistema nel suo complesso. Tradotto: il Messina oggi può vantare un direttore generale, un direttore sportivo ed un segretario che sanno fare il proprio mestiere. È solo l’inizio, certo, ma basta spalancare per un attimo le finestre per sentire che l’aria sta cambiando.
PASSI DI LATO – E qui entra in gioco Pietro Sciotto. Che evidentemente per imparare doveva prima sbagliare, soffrire, sfiorare addirittura l’idea del pentimento per aver accarezzato, da tifoso, l’idea di restituire a quella tifoseria di cui sopra la dignità che merita. E quindi l’idea di abbandonare la nave. La nostra testata giornalistica non è mai stata tenera con l’imprenditore gualtierese. Ma non è nostra abitudine arroccarci sui pregiudizi. E per questo abbiamo ritenuto doveroso, a poche ore dall’inizio di un campionato che promette scintille, evidenziare i meriti del presidente giallorosso, che ad un certo punto, magari snaturando il suo l’istinto e la sua mania del controllo, ha iniziato a fare ciò che doveva: fidarsi delle sue scelte. Quindi delegare.
MESSINA 2.0 – La questione più ovvia, e cioè il budget per il mercato, è un aspetto fondamentale, certo, ma è pur vero che la passata stagione ha detto ancora una volta che la capacità di spesa è un elemento subordinato all’organizzazione societaria: Sciotto, al suo primo giro di giostra, ha investito male le risorse messe sul piatto. Lo dicono i risultati e le dinamiche di un campionato schizofrenico. Adesso l’asticella è stata portata verso l’alto, da qualsiasi prospettiva si voglia guardare questo Messina. Nel parco calciatori ci sono 7-8 elementi che potrebbero giocare ad occhi chiusi in Serie C. Ed alcuni (vedi Arcidiacono, il miglior colpo in prospettiva) potrebbero anche fare la differenza. Prima del fischio di inizio di questa nuova avventura, quindi, sentiamo il dovere di dare a Sciotto quel che si è guadagnato sul campo: il rispetto. Non per i soldi investiti, ma per la capacità di fare 100 passi di lato per il bene del Messina. Adesso sarà il campo a dirci se tutto questo si tradurrà in qualcosa da ricordare. Anche se da oggi, e nel corso di questo nuovo cammino, il tuo avversario si chiama Bari. “Secondi a nessuno”, ha scritto di recente un tifoso su Facebook. Per noi di Corner è un mantra. Perché vittoria e sconfitta, prima di tutto, sono condizioni mentali.