Una storia non seria. Questo Messina ha avuto fin troppo seguito e dibattito, oltre ad uno spreco di passione da parte di chi non vuol arrendersi al declino del calcio giallorosso. Pietro Sciotto ha creduto nel rilancio, unico imprenditore capace di far sposare impegno e fatti nella voglia di non far morire il pallone dopo la disavventura firmata Franco Proto. Un debito di riconoscenza che il numero uno del Messina pretende di riscuotere in maniera continua, quasi che possa bastare esistere e non come si porta avanti questa esistenza. Il lunedì dovrebbe essere il giorno dell’analisi dopo il campo: pagelle, appunti tattici e critiche alle scelte. Esercizio inutile. L’interesse si sposta in maniera naturale sui fatti societari: impossibile far finta che quella trascorsa non sia stata la settimana dell’addio di Ferrigno e dello strano divorzio da Antonio Venuto. Il primo si dimette da un contratto mai firmato, frenato da un presidente schiavo della propria tracotante personalità. Il tecnico lascia o viene invitato a farlo, una separazione ritardata di qualche mese perché i fatti raccontano che tra il Messina e Venuto l’amore non sia mai esistito. La lettera di addio del post Acireale seguita dal pentimento, segnali che avrebbero potuto far pensare ad uno Sciotto illuminato dall’idea di lasciare campo libero ad un dirigente scafato e capace come Ferrigno. Sotto la cenere cova, invece, la rivoluzione paradossale visto che la prima mossa del Ferrigno liberato sarebbe stata proprio quella della sostituzione della guida tecnica. Enigmatico Sciotto che realizza i desideri del non più ds per affidarsi poi all’inesperienza di Lamazza e Modica. In coppia già a Lecco, tornano insieme nel marasma giallorosso con il compito arduo di far diventare squadra l’accozzaglia di idee confuse partorite da troppe menti. Al ballo rimangono invitati e sorridenti i vertici dirigenziali, anime belle che portano avanti un silenzio complice. La croce su Carabellò o Niki Patti rimane inutile esercizio retorico, alla fine a comandare rimane un presidente furiosamente frustrato. La dignità di un passo indietro non è obbligatoria, soprattutto se non si reputa di essere in errore o alleati consapevoli di un disastro.
MEDIOCRI – Le basse capacità societarie rimangono al centro del discorso. A sfruttarle in maniera evidente sembrano essere proprio i calciatori del Messina, i protagonisti sul campo delle cinque sconfitte in sette uscite. Nella torta delle responsabilità troppo spesso si è tralasciato di assaggiare la fetta riguardante i giocatori. Gambe molli e testa spenta sono le caratteristiche più evidenti di questo gruppo, l’assenza totale di un trascinatore come ciliegina per spegnere anche l’ultima speranza di risalita. Sulla costruzione zoppa della rosa abbiamo scritto abbondantemente, poi deve subentrare l’orgoglio e la professionalità di chi è chiamato a scendere in campo. Prestazioni al limite del vergognoso, ripetute con una continuità che imbarazza. Nessun innocente, con la scusa di un pacchetto under scadente rimasta credibile il tempo di analizzare al meglio il resto della rosa. Cocuzza o Dezai cambia poco, stesso discorso per Lavrendi, Pezzella, Colombini o qualsiasi altro nome. Il rendimento non è assolutamente in linea con le carriere di questi ragazzi, tanto che rimandare il tutto agli errori gestionali di Venuto diventa anacronistico. Il cambio in panchina è arrivato: impossibile parlare oggi di Giacomo Modica, anche se alcune scelte sul campo del Roccella aprono interrogativi necessari.
FLESSIBILITÀ – Cocuzza titolare e Dezai in panchina rimane scelta di difficile comprensione. Per il resto Modica non stupisce nella sua prima uscita sulla panchina giallorossa. Il 4-3-3 sarà suo marchio di fabbrica, la speranza che non ci si ingorghi in fondamentalismi tattici rimane però alta. Venuto aveva abiurato al 3-5-2 sposando un modulo che poco amava ma che riusciva ad incastrare obblighi e caratteristiche. Il Messina rimane fragile in difesa e nullo in avanti, non un semplice motivo tattico alla radice. Sarebbe facile e bellissimo se bastasse muovere una pedina per risolvere i problemi, vero anche che qualcosa dal punto di vista del sistema di gioco vada analizzata. Bossa non convince ma rimane titolare per obblighi regolamentari, ritagliare una soluzione diversa per il classe ’98 potrebbe essere un’idea su cui lavorare. Zemaniano convinto Giacomo Modica, chissà se potrà portare avanti il verbo fino alla fine della stagione. Probabile che tradire le sacre scritture del tecnico boemo diventi una necessità utile per esaltare qualche singolo e compattare la fase di non possesso. Il lavoro è immenso: sul piano fisico il Messina non brilla, i primi sintomi li hanno suggeriti le fasi finali viste contro Gela e Acireale dove reparti allungati e sfilacciati hanno favorito gli avversari. Modica ha il compito di riscrivere la stagione, ridare identità alla squadra e per farlo non potrà banalizzarsi su idee prestabilite. Flessibilità e qualche intuizione tecnico-tattica, questo Messina deve cancellare se stesso e donarsi dignità e credibilità.