Quando Jurgen Klopp è diventato l’allenatore del Liverpool una delle sue prime mosse fu quella di accantonare Mario Balotelli e, più lentamente, Christian Benteke. Sulla riva rossa del Mersey la domanda lecita era solo una: chi farà gol? Il tecnico tedesco rimase sereno, portando avanti la sua idea di calcio che, oggi che il Liverpool guida la Premier, ha portato i “Reds” ad essere la squadra con più reti segnate nel 2016. Coutinho, Mané, Firmino, Sturridge, una marea di centrocampisti che si inseriscono e vanno a finalizzare un gioco corale e ad alta velocità fisica e di pensiero. Cosa c’entra tutto questo col Messina? Niente, ma ogni tanto divagare non fa male. In realtà, però, il Messina che batte la Casertana un sottile filo che unisce i discorsi lo regala. Pozzebon si fa cacciare a Monopoli, la sua squalifica fa cadere nel dubbio il Messina. Mister Lucarelli, che non vuol giustamente prescindere dal 4-3-3, va sul sicuro piazzando Madonia in mezzo a Ferri e Milinkovic. Ovvio che il sistema offensivo dei giallorossi non possa essere lo stesso visto prima, e che non sarà simile col rientro di Pozzebon. Perché? Semplice, le caratteristiche tecnico-tattiche sono ad anni luce di distanza. Dovremmo entrare nel campo della filosofia calcistica: centravanti o falso nove? La carriera di Messi e la doppia cifra raggiunta da Menez, nel peggior Milan degli ultimi 15 anni, sono la base su cui fondare l’arringa dei fautori del falso nove. Dall’altra parte ci sono un centinaio di anni di calcio che smentiscono le alchimie post moderne. Chi scrive ama giocare a carte scoperte: il falso nove, o meglio il tridente senza punti di riferimento. La nostra preferenza, alla fine, poco importa. Quello che davvero vogliamo sviluppare è ben altro, ovvero capire se una situazione di emergenza possa diventare invece una concreta alternativa. Le differenze non sono solo basate sul nome, nessuno chiede se è meglio Pozzebon o Madonia in quel ruolo. Il discorso è molto più ampio, va a toccare il concetto di caratteristiche di squadra. Sicuramente il numero 9 giallorosso è un bomber avvelenato, ma il suo gioco si sposa con quello dei compagni? O è forse migliore il continuo movimento visto contro la Casertana, utile a favorire l’inserimento degli interni di centrocampo? Pozzebon è attaccante classico, quando accorcia infatti fatica a giocare di squadra, perdendosi in infinti tocchi. Quando attacca la profondità e sente l’odore del sangue diventa letale, la squadra però fatica di più. Tutta colpa delle caratteristiche, se Pozzebon si prende il centro gli altri sono confinati e se imbrigli tecnica e velocità rischi di perderla. Analizziamo le due opzioni, dal punto di vista prettamente tattico e non in considerazione dei singoli.
CENTRAVANTI – Cominciamo dal classico, ovvero dal tridente con punto di riferimento. Il centravanti, il numero 9 che va coinvolto ma soprattutto servito. Il gioco deve essere propedeutico alla finalizzazione del singolo, per questo motivo le caratteristiche di chi accompagna la prima punta devono essere tali da esaltarsi e sposarsi con quelle dell’attaccante centrale. Pozzebon è un centravanti classico: ama attaccare la profondità, ha un gran senso del gol e fisicamente tiene botta contro qualsiasi centrale. La tecnica non gli manca, il suo limite è l’utilizzo. Quando accorcia il suo vizio peggiore è il multi tocco, il gioco rallenta e fatica nell’essere sviluppato in maniera sorprendente. Non tutto da buttare però, perché i pro a favore di Pozzebon sono tanti.
Primo frame che prendiamo in analisi: siamo nella sconfitta di Reggio Calabria, partita che ci è utile essendo una delle poche giocate col 4-3-3 da Marra. Linee rosse per il trio offensivo: Pozzebon accorcia e diventa scarico naturale del gioco, bravo l’attaccante a staccarsi e ricevere (la squadra troppo bassa non è una sua colpa), i due esterni sono già in modalità attacco. Noterete, però, quanto siano stretti i tre costringendo i due interni di centrocampo a rimanere in posizione passiva e non di attacco della profondità. Appoggio mancato quindi, l’azione tra l’altro terminerà in malo modo dato l’egoismo di Pozzebon. Il numero 9 porterà palla fino a forzare un destro da fuori area, i compagni lo accompagneranno da spettatori.
Secondo frame: siamo nel pareggio interno contro la Virtus Francavilla. Marra inizia col 3-5-2 ma lo svantaggio lo fa virare sul tridente, Madonia risulterà decisivo ma concentriamoci su altro. Il centravanti e le seconde palle: quando hai in campo una prima punta classica la soluzione di alzare il pallone rimane un’opzione da sfruttare. Nel nostro frame un esempio dimostrativo: lancio lungo verso Pozzebon, con Faisca che prende il tempo e anticipa (riquadro blu). Ecco che nasce una seconda palla (come viene chiamata in gergo), Madonia (cerchio rosso) la attacca andando alla conclusione. Non banalizziamo il lavoro di Pozzebon, perché il centravanti pur non toccando mai il pallone è l’uomo decisivo per l’arrivo alla conclusione della squadra.
Ultimo frame per questo blocco: un bravo centravanti deve anche saper lavorare sull’ampiezza, perché essere il riferimento centrale di un tridente non significa rimanere ancorato al centro. Azione che porta al gol di Madonia (riquadro blu): vediamo come Pozzebon (cerchio rosso) abbia aperto la sua posizione, la difesa avversaria sbaglia la lettura rimanendo sorpresa. Il movimento ad allargarsi libera lo spazio centrale (X blu), Madonia farà il resto con la giocata personale.
FALSO NOVE – Premessa: Madonia contro la Casertana è stato impiegato nel ruolo di attaccante centrale, ma è importante non cadere nell’errore che fosse lui l’unico falso nove in campo. Perchè sia Milinkovic che Ferri si sono ritrovati a giostrare dal mezzo, questo perché più che di falso nove bisognerebbe parlare di tridente mobile. Questo il concetto da portare avanti, non sono le caratteristiche di chi ricopre il ruolo di centrale la cosa importante ma l’esaltazione del trio nel loro complesso. Seconda premessa: per tecnica e stile la bilancia dovrebbe pendere sul falso nove, in quanto sia Ferri che Milinkovic e Madonia faticano ad essere esterni classici di un tridente con centravanti classico. Forse solo una fissazione tutta nostra, ma la stagione di Madonia a Matera con un trio senza riferimenti come quello scelto all’epoca da Auteri ci viene in aiuto.
Entriamo nel vivo del discorso: siamo a domenica scorsa, il Messina è già in vantaggio per 2-0 e il terzo gol potrebbe arrivare con Foresta. Sulla linea rossa c’è il tridente: Ferri il più in alto, Madonia centrale e Milinkovic che è venuto dentro con un rientro a mezza luna. Pur rispettando le posizioni di partenza, i tre non sono schierati in maniera classica. Tutti molti stretti e vicini, Milinkovic (riquadro blu) è l’ultimo di un trio tutto spostato nel quadrante sinistro d’attacco. Si libera, così, una marea di campo da attaccare (linea gialla).
Andiamo più avanti nell’azione: il lancio di Milinkovic premia il movimento di Foresta, adesso l’interno di centrocampo è liberato in compiti e atteggiamento. Il campo c’è e va attaccato, il tiro non importa perché per l’allenatore il risultato c’è già. Occhio in mezzo: riquadro viola con un cerchietto rosso, lì c’è Madonia che guarda la porta con quattro avversari attorno a lui. Tutti in ritardo sulla scalata, il merito è del movimento precedente del trio offensivo. Più largo e nel cerchio giallo c’è Ferri, lui attacca il secondo palo. Tutto perfetto.
Ultimo frame: partita sul 2-1 e in pieno tempo di recupero, azione che si concluderà col palo di Milinkovic. Il franco-serbo è diventato il riferimento centrale dopo la sostituzione di Madonia. Occhio al blu: Capua gioca da interno sinistro di centrocampo, sulla giocata che libera Milinkovic lui è istruito per attaccare lo spazio e la profondità. Milinkovic andrà da solo in porta, però è decisivo l’attacco dello spazio di Capua. Cambia tutto adesso, perché gli interni non devono più essere passivi, gli spazi da attaccare ci sono sempre ma sopratutto non si sa da quale parte del campo si libereranno. Dipenderà dal movimento del trio offensivo, a loro viene lasciata la libertà di movimento e di improvvisazione tecnica mentre i compagni dovranno rimanere svegli e pronti ad approfittare del campo che si apre. Chiaro che l’avvocato del diavolo potrà contestare il tutto: i movimenti di Pozzebon presi in analisi riguardano un’altra conduzione tecnica, adesso c’è Lucarelli. Ovvio, però non bisogna mai sottovalutare come certe caratteristiche tecnico-tattiche vadano oltre gli allenatori. Centravanti o falso nove? A Lucarelli l’ardua sentenza.