Una trattativa lunga, non sempre semplice ma mossa dalla precisa volontà delle parti di arrivare a una conclusione positiva. Nulla è ancora chiuso, ma i passaggi formali arrivati la scorsa settimana rappresentano un’accelerata quasi decisiva. Abbiamo provato a unire i puntini per comprendere al meglio il rapporto tra il Messina e l’AAD Invest Group.
IL PROGETTO – La cessione del Messina, possiamo dire, sembra inserirsi in un disegno molto più ampio di quanto emerso finora. Un progetto di alcune decine di milioni di euro complessivi che vede il club giallorosso come tassello di una strategia multi-club che abbraccia quattro nazioni: Belgio, Italia, Francia e Inghilterra. Non più quindi la semplice vendita di una società di Serie C, ma l’ingresso in un network internazionale. Il piano prevede, quindi, l’acquisizione di quattro società calcistiche. Tra queste, oltre al Messina e il già acquisito KMSK Deinze, ci dovrebbero essere il Gillingham FC – storico club inglese fondato nel 1893 – e la squadra francese dell’Amiens. Ma parliamo di soldi, perché quello della valutazione è uno dei nodi che ha rallentato o bloccato trattative del passato. Come detto qualche settimana fa, il Messina ha un valore molto simile per cifra ai costi di gestione e monte debitorio fisiologico. Cosa significa? Che l’acquirente di turno avrebbe potuto lecitamente chiedere di liquidare il cedente con la differenza tra le due cifre. Questo avrebbe portato nelle tasche di Pietro Sciotto una cifra non esaltante. In questo caso, però, lo scenario pare essere ben diverso. Per il club giallorosso l’accordo prevederebbe il passaggio dell’80% delle quote per 2,5 milioni di euro, più l’accollo dei debiti esistenti (comprese probabilmente le scadenze federali del 16 dicembre prossimo), per una valutazione complessiva che sfiorerebbe i 4 milioni. Una cifra che ha, ovviamente, convinto Pietro Sciotto a preferire questa proposta rispetto ad altre offerte. Quali? Per esempio, quella dell’imprenditore Ettore Minore, il cui ultimo rilancio (per una cifra leggermente inferiore ai 2 milioni) era arrivato qualche giorno prima dell’accordo ufficioso datato 23 giugno scorso.
LA TRATTATIVA – Quindi, come nasce tutto? Una delle figure che sembra aver tessuto la tela, almeno inizialmente, è quella di Fabio Bertolami – giovane consulente finanziario messinese – che sembrerebbe aver fatto da ponte tra Pietro Sciotto e il Lussemburgo. Un contatto che ha condotto le parti all’inizio della trattativa vera e propria. Tutto prende vita, quindi, nel maggio 2024 quando il direttore di un’importante banca lussemburghese indica nel progetto di Doudou Cisse quello ideale per la cessione del Messina. Il 23 giugno la svolta con l’accordo sulle cifre citate in precedenza. Da quel momento, però, inizia una fase complessa: perché sono trascorsi 5 mesi? Il tema è delicato quando si parla di finanza, per questo la fretta non è mai l’alleata migliore da scegliere. Operazione rallentata da alcuni passaggi bancari obbligati, con svariati tecnicismi portati a compimento solo negli ultimi 20 giorni.
IL BOARD – Chi sono davvero i possibili nuovi proprietari del Messina? Dalle nostre verifiche emerge un quadro complesso ma definito – spiegato perfettamente anche da Pietro Di Paola durante la trasmissione “Contropiede” su TCF lunedì sera e Antonio Sangiorgi ed Emanuele Rigano nella trasmissione “Antenna Giallorossa” su RTP (sempre lunedì) e nell’edizione odierna de “La Gazzetta del Sud” -. A guidare l’operazione ci sono Doudou Cisse – con un passato tra basket e il mondo dell’intermediazione di calciatori – e Alexandre Chateaux. Con loro, Stefano Alaimo: francese di origini palermitane, che muove i suoi interessi lavorativi tra Parigi e il Lussemburgo. Dovrebbe essere lui la figura indicata come nuovo presidente del Messina. Al quadro si è aggiunto, nelle ultime settimane, il noto commercialista Francesco La Fauci. Anche lui potrebbe avere un ruolo nel futuro organigramma. Difficile, invece, comprendere il destino del sopracitato Bertolami, a oggi non ancora sicuro di un posto nel nascente board giallorosso nonostante la sua partecipazione attiva nella genesi della trattativa.
CAPITAL COMMITMENT – Ma da dove arrivano i soldi? Il quadro è complesso ma ormai tipico di certe manovre finanziarie, presenti anche nel mondo del calcio. Il termine chiave – anche in questo caso anticipato dal lavoro di Pietro Di Paola per TCF – è “capital commitment”. Che significa? Nel contesto del calcio si riferisce all’impegno finanziario da parte di investitori, fondi di private equity o altri enti per acquisire partecipazioni in club calcistici o per finanziare progetti legati al mondo del calcio. Negli ultimi anni, il calcio europeo ha visto un crescente interesse da parte di investitori istituzionali, con operazioni significative che hanno trasformato la proprietà e la gestione di diversi club. Attenzione, però, a non confondere con le acquisizioni di club da parte di fondi di investimento o consorzi, che sono principalmente operazioni di investimento o acquisizione e non sempre rappresentano un capital commitment nel senso stretto del termine. Il capital commitment in senso stretto rappresenta un impegno formale da parte di un investitore a fornire capitale a un’organizzazione, progetto o fondo, ma il denaro non viene trasferito immediatamente. Invece, viene versato in base alle necessità, per esempio per finanziare iniziative specifiche (nuovi stadi, infrastrutture, giocatori) o per garantire la sostenibilità finanziaria di un club. Vediamo, allora, alcuni esempi pratici per comprendere le differenze tra acquisizione e capital commitment:
Acquisizione
– Transazione unica per acquisire una partecipazione (equity) o l’intero club.
– Il pagamento è immediato o su breve termine.
Capital Commitment
– Impegno a fornire capitale su richiesta.
– Esempi tipici: un fondo promette investimenti graduali in infrastrutture o piani di sviluppo.
Esempi di acquisizione diretta di fondi nel calcio:
Acquisizione del Chelsea FC: nel 2022, il Chelsea è stato venduto per circa 3 miliardi di euro dall’oligarca russo Roman Abramovich a un consorzio guidato da Todd Boehly, co-proprietario dei Los Angeles Dodgers e fondatore di Eldridge Industries.
Acquisizione dell’AC Milan: nel 2022, il Milan è stato venduto per 1,2 miliardi di euro a RedBird Capital Partners, un fondo di private equity con sede negli Stati Uniti.
Acquisizione del Newcastle United: nel 2021, il Newcastle United è stato acquistato per 350,6 milioni di euro da un consorzio guidato dal Fondo per gli Investimenti Pubblici (PIF) dell’Arabia Saudita.
Acquisizione dell’Atalanta BC: nel 2022, un consorzio guidato da Stephen Pagliuca, co-presidente dei Boston Celtics, ha acquisito una quota di maggioranza nell’Atalanta per 275 milioni di euro.
Investimenti di CVC Capital Partners: il fondo di private equity CVC Capital Partners ha investito 2 miliardi di euro per acquisire l’8,25% della società che detiene i diritti audiovisivi della Liga per i prossimi 50 anni. Inoltre, ha investito 1,5 miliardi di euro per il 13% dei diritti della Ligue 1 francese e della Ligue 2.
Esempi di capital commitment nel calcio:
Fondo CVC nella Serie A: CVC Capital Partners aveva proposto un piano da 1,7 miliardi di euro per acquisire il 10% di una nuova società che avrebbe gestito i diritti TV della Serie A. Non era un pagamento immediato ma un impegno graduale, legato a determinate condizioni e obiettivi.
PSG e Qatar Sports Investments (QSI): l’acquisizione del club parigino da parte di QSI è stata seguita da impegni finanziari continui (capital commitment) per costruire un progetto di lungo termine: miglioramenti infrastrutturali, mercato giocatori e rafforzamento del brand globale.
Glazer Family e il Manchester United: gli azionisti hanno talvolta approvato impegni di capitale (oltre i normali introiti) per finanziare investimenti strutturali, come l’espansione dello stadio di Old Trafford.
Investimenti per il nuovo stadio del Tottenham Hotspur FC: quando il club ha costruito il suo nuovo stadio, ha ricevuto finanziamenti da investitori che avevano assunto un capital commitment per supportare la costruzione nel corso di vari anni.
GEM – Tutto questo come si traduce per il Messina? Già nel resoconto di quanto accaduto negli uffici del notaio Magno e del successivo annuncio, avevamo citato uno dei partner principali dell’AAD Invest Group: la Global Emerging Markets (GEM), un gruppo di investimento alternativo con un portafoglio di 3,4 miliardi di dollari. Che, sull’intero progetto sportivo di AAD Invest, sarebbero pronti a versare una cifra iniziale di 75 milioni di euro. Un progetto che, come detto, prevederebbe uno sviluppo multi-club sul modello del City Group o RedBull. Proprio sullo stile degli austriaci, poi, si prefigurerebbe l’ipotesi di affidare la supervisione dell’area sportiva a Frankie Rijkaard, come avvenuto per Jurgen Klopp alla RedBull. Cosa può significare tutto questo per il futuro del Messina? L’inserimento in un network internazionale aprirebbe scenari finora impensabili per il club giallorosso. Sinergie tecniche, scambio di giovani talenti, know-how gestionale: il modello multi-club – se ben applicato – può rappresentare un volano di crescita importante. Gli investimenti, infatti, potrebbero riguardare vari comparti – come quelli delle infrastrutture o immobiliari – che aumenterebbero il valore patrimoniale dei club legati al gruppo. Il progetto c’è ed è ambizioso, ma manca ancora l’ultimo decisivo passaggio: quello in scadenza il prossimo 15 dicembre. Se l’AAD Invest verserà la cifra pattuita di fronte al notaio Magno, l’80% del Messina diverrà di sua proprietà. In caso contrario saremo di fronte all’ennesimo nulla di fatto. Di certo, il dado è tratto.