Il surrealismo giallorosso ha vissuto una della giornate più incredibili della sua breve storia. Nel piovoso sabato messinese, della partita di calcio tra Messina e Juve Stabia sembravano interessarsi davvero in pochi. Colpa anche di chi vi scrive, che ha trascurato il campo per concentrarsi solo su carte bollate, notai e bilanci. La maledetta cronaca ruba tempo e spazio al gioco, ma soprattutto trascura l’immenso lavoro umile e silenzioso di Cristiano Lucarelli e di tutto il suo gruppo. Al fischio iniziale del signor Maggioni ai 22 in campo delle trattative societarie non doveva importarne, assolutamente, nulla. Così è stato anche per cronisti e tifosi, quelli che pur senza mollare per un attimo la contestazione al presidente Stracuzzi, erano presenti per sostenere la propria maglia, quella che alla fine rimane il “bene superiore”. A spezzare il “clima da campo” un’altra pagina surreale: il comunicato sugli intenti societari letto nell’intervallo, come se anche per chi sta alla guida del Messina il campo fosse poco importante. Mentre si pensava a conference call e nuove cordate, c’era Cristiano Lucarelli con un gruppo di trenta ragazzi in giro per la provincia di Messina alla ricerca di un campo dove allenarsi. Al San Filippo, poi, arrivava un avversario come la Juve Stabia di Gaetano Fontana: campani in ascesa e con la sensazione di poter fare un sol boccone di un Messina distratto dall’extra campo. L’avvertimento era partito, però, proprio dal tecnico delle “vespe” perché non esiste partita più difficile di quella che sembra scontata. Lucarelli stacca dai problemi, fa la conta dei disponibili e sceglie un Messina col centrocampo a rombo dove Mancini funge da raccordo alle spalle delle punte. Il numero 33 giallorosso lavora su Capodaglio in fase di non possesso, sui ribaltamenti il suo lavoro si sposta sulle corsie esterne. In mezzo Musacci deve ragionare, Capua e Grifoni mettere intensità. L’infortunio del primo rilancia un Nardini acciaccato, ecco che il dio del pallone ci mette lo zampino.
PERSEVERARE – Chi sbaglia è umano, chi persevera è diabolico. Verbo usato troppo spesso nell’accezione negativa, ma la perseveranza è soprattutto una qualità. Il tratto comune del Messina di Cristiano Lucarelli è la forza sulle palle inattive: da Angelo Rea contro la Casertana fino a Riccardo Nardini contro la Juve Stabia. In mezzo ci sono Maccarrone, Bruno e Palumbo a giustificare l’importante fisicità che il tecnico livornese sceglie sempre di mettere in campo. L’azione del gol potrebbe sembrare rocambolesca, sicuramente non può essere studiato il rimpallo che porta al tiro ma tutto è favorito dall’organizzazione. Partiamo dal principio, useremo due frame per analizzare al meglio la situazione: Madonia batte da sinistra (freccia gialla), la Juve Stabia marca a zona ed ecco che il Messina la punisce con l’uomo che attacca alle spalle. Riquadro blu per Angelo Rea che aggira il blocco difensivo (linea rossa) e corre verso l’impatto col pallone.
Passiamo alla seconda immagine da analizzare: sempre in blu Angelo Rea, ecco che il difensore giallorosso può colpire senza pressione. Lavora di sponda, la ricerca di un compagno nel cuore dell’area è la scelta migliore. Freccia rossa per Luca Bruno pronto ad attaccare il primo palo, con Demiro Pozzebon (cerchio azzurro) che occupa ben due difendenti avversari. Sul secondo palo ecco il taglio di Giulio Grifoni (cerchio giallo), il numero 35 completa la perfetta divisione dell’area da parte del Messina. Il colpo di testa di Rea verrà respinto, sul limite c’è Riccardo Nardini: controllo e destro che batte e schizza in porta per il gol della vittoria. Anche in questo caso nessun caso fortuito, perché l’uomo al limite è una consuetudine però l’ottima lettura di Nardini lo facilita nell’essere al posto giusto nel momento giusto.
ATTENZIONE – Prima l’attacco poi la difesa. Tutto nel primo tempo, perché il secondo è solo un assedio che non ha nulla a che vedere con disposizioni tattiche e giocate, vince la solidità contro una tecnica trita e ritrita ma mai veramente cattiva. Torniamo al primo tempo e al frame da analizzare: la Juve Stabia lavora il pallone sulla fascia sinistra con Lisi, il numero 23 è pronto al cross in mezzo, il Messina è attento. Riquadro rosso per Rea e Bruno che alzano il muro sul possibile inserimento di Paponi, anche sulla fonte del gioco c’è una buona densità anche se manca l’intensità giusta per non far partire il cross. Questo l’unico errore, la pezza ha un nome e un cognome: Andrea De Vito. Il cross di Lisi parte verso Cutolo (freccia gialla), il numero 33 attacca il palo lungo provando a prendere il tempo al marcatore ed al portiere. Berardi non può intervenire visto il bel taglio che Lisi impone al pallone, De Vito sembra scavalcato ma ecco che ritrova il tempo e piazza un tuffo disperato che lo fa arrivare all’appuntamento col pallone. Colpo di testa volante, palla in corner e pericolo scampato. Pensare che questa partita avrebbe potuto giocarla con l’altra maglia, la sua grande professionalità gli ha impedito di subire anche il più piccolo dei contraccolpi psicologici. Lo stesso discorso vale per tutti gli altri, con Lucarelli in testa a guidare un gruppo che per novanta minuti più recupero ci ha fatto dimenticare fideiussioni, prelazioni, accordi e polemiche. C’è stata una partita, il Messina ha vinto. Adesso ricominciano con carte bollate, notai e bilanci.