Frase celebre dello scrittore inglese Julian Barnes, noto per opere come “Il pappagallo di Flaubert”, tra le altre. Un molo guarda l’altra sponda di un fiume: frustrato dall’impossibilità di arrivarci può, al massimo, ingannarsi.
LA PRESUNZIONE – Finale amarissima per il Messina. La Coppa Italia come rifugio dove dimenticare i fallimenti, a Latina i giallorossi si perdono contro un avversario vero che mostra limiti e virtù di un gruppo al suo ultimo atto. Che orrido errore quello di Pietro Infantino (voto 4): il tecnico palermitano si fa travolgere dalla voglia di incidere e schiera un inguardabile 3-4-3, utile solo a buttare un tempo e perdere la sfida. Il Messina ondeggia senza senso per quarantacinque minuti, senza ordine e logica tattica. La difesa non trova mai le distanze, tanto che il più furbo risulta un Sambinha bravo a non strafare. Crolla Ferrante che non indovina mai i tempi di uscita, fa peggio Zappalà che viene battuto sul suo campo quando Dorato gli prende posizione e tempismo per il vantaggio decisivo. La vera forza di questo Messina, la difesa, viene meno per le scelte scellerate di Infantino capace, come sempre, di appigliarsi alla sua professionalità (che nessuno discute) e all’arbitro. Risibile, come tutto quello che riguarda questo Messina ormai.
CONFUSIONE – Le partite non sono mai solo tattica, questa non doveva esserlo ma lo diventa quando si prova a incidere in maniera inutile. Proseguire sulla strada conosciuta sarebbe stato ovvio, ma di coerente non c’è nulla e il Messina sacrifica se stesso con una mediana che non trova mai posizione e pallone. Traditi nuota nel mare in tempesta, Pirrone soffre la personalità del compagno che limita il suo rapporto col pallone e ne rende inutile la presenza. Selvaggio lavora da mediano, ma il giocatore resta limitato. Fallisce Tedesco, velo pietoso e nulla più. Sorprende di più la prova di Catalano: spento nel primo tempo, episodico nella ripresa. I singoli incidono poco e male, ma per una squadra senza spartito gli assoli sono vitali; ci prova solo Cocimano ma predica nel deserto e nella confusione totale. Il Matelica è squadra vera: forse strappa poco l’occhio, anche perché resta pur sempre una formazione di Serie D e non il Bayern Monaco; la differenza però è evidente sia dal punto di vista tattico che tecnico. Tra percepito e reale ci passa un mondo: il Messina pare esserci, ma è il Matelica a contare le occasioni. Un peccato, perché i giallorossi inciampano sulle mancate prestazioni dei suoi leader e sulla follia tattica di un allenatore che prova a decidere e non gestire più.
NESSUN REGALO – I migliori restano i tifosi: una retorica che non ci appartiene, ma l’eccezione va fatta perché la partita di Latina è davvero un gesto d’amore incondizionato nonostante le ultime settimane. A loro non arriva il regalo di un viaggio di ritorno con la soddisfazione di un trofeo, resta almeno l’idea di aver visto la squadra lottare, indubbio merito anche se la sconfitta resta scritta. La vigilia raccontava di una sfida sbilanciata verso le Marche, la squadra di Tiozzo vince sul campo e ai punti, al Messina rimarrà impressa l’amarezza di aver giocato col fuoco mischiando le carte proprio nel momento meno adatto. Le assenze pesano sempre: Lourencon e Arcidiacono sono leader emotivi, il secondo soprattutto anche se la condizione fisica non lo accompagna. Cosa sarebbe cambiato non è dato saperlo, certamente sarebbe stato un altro Messina vista anche la necessità di diversi incastri under con la presenza dei due squalificati.
RITARDO – Discorsi inutili, come sarebbe poco importante pensare che dalla lite tra Sciotto e Biagioni nascano le ultime settimane di sofferenza in campionato e una finale tatticamente sperimentale. Cose già dette, già conosciute e probabilmente stancanti. Il domani è oggi, perché Paolo Sciotto non sembra intenzionato a mollare: la sua volontà va sempre più verso un terzo tentativo. Lecito, forse ridicolo ma comunque lecito. Il lavoro deve cominciare immediatamente, però, perché il ritardo è già tanto. Troppo tempo speso a pensare a complotti e cazzate varie; nel comodo viaggio in aereo magari si sarà riflettuto su quale strategia adottare per mostrare una società seria e organizzata (falsa speranza). Se il tempo e la fatica persi a costruire strategie social e mediatiche fossero stati impiegati nell’organizzare il Messina avremmo visto ben altro. Il tempo è già scaduto: per la prossima stagione si è già in ritardo, visto che ancora oggi si lavora per evitare future vertenze, vicenda disgustosa ma che questa pseudo-gestione sbandiera come una vittoria e non come l’ennesima volgare sconfitta. È tardi anche per cedere e dare ai successori il tempo per costruire, non che non si possa farlo ma ancora una volta staremmo a contare i giorni persi per motivi sconosciuti, esercizio tipico dalle parti dello Stretto. È tardi, è sempre tardi per la famiglia Sciotto, una continua rincorsa verso un obiettivo che corre al triplo della velocità.
Meo 5,5: incolpevole sul gol di Dorato, trasmette però la solita insicurezza quando c’è bisogno di presenza fisica sulle palle inattive.
Sambinha 6: gara ordinata e di esperienza. La difesa a tre lo mette in difficoltà, cresce col passaggio a quattro.
Zappalà 5,5: travolto da Dorato in occasione del gol, non regge fisicamente lo scontro anche perché in ritardo nella posizione. Gara sotto le aspettative.
Ferrante 5: esce male su Angelilli nell’azione del vantaggio, apre la difesa che poi non trova le distanze. Sempre in ritardo, ammonito, la sua gara dura un tempo. (dal 1′ s.t. Marzullo 5,5: il solito impegno, una sola palla da sfruttare, come sempre cala dal punto di vista della personalità)
Biondi 6: spinge con intelligenza, probabilmente il migliore per applicazione tattica, dal suo lato si soffre pochissimo.
Traditi 6: cerca ordine dove ordine non c’è, il modulo iniziale lo costringe a un extra-lavoro, poi cede alla stanchezza.
Pirrone 5: Infantino lo mette in difficoltà col centrocampo a due, fatica a dividere il campo con Traditi. (dal 1′ s.t. Selvaggio 5,5: tanto fumo, pochissima sostanza se la cosa migliore è un destro che esce alto sopra la traversa)
Aldrovandi 5,5: passa un tempo a non capire dove piazzarsi, quando si torna a quattro diventa più ordinato. (dal 37′ s.t. Ba sv)
Catalano 6: troppo spento nella prima frazione, cresce lento e ci prova con un bel sinistro deviato da Avella. Troppo poco, sufficienza strappata a fatica.
Tedesco 5: nessuna sorpresa, il ragazzo ci prova ma come sempre non incide. (dal 29′ s.t. Carini sv)
Cocimano 6,5: il migliore per voglia e grinta. Prova sempre a saltare l’uomo e lavorare per la squadra, non viene mai accompagnato se non stancamente. Il suo impegno si spreca, quando ci prova da solo manca un po’ di forza.
MATELICA Avella 6; Visconti 7 (dal 42′ s.t. Arapi sv), Cuccato 6,5, De Santis 6,5, Riccio 6; Pignat 6, Lo Sicco 7; Angelilli 6,5 (dal 30′ s.t. Bittaye 6), Melandri 6 (dal 21′ s.t. Florian 7), Bugaro 5 (dal 17′ s.t. Mancini 5); Dorato 6,5 (dal 23′ s.t. Margarita 6). All. Tiozzo 6,5