Qual è l’obiettivo del Messina? Anzi, soggetto sbagliato, perché la domanda va indirizzata diversamente: qual è l’obiettivo del presidente Sciotto? Giallorossi che fanno, troppo spesso, rima con sconfitta; risultando, anche, meno efficaci dal punto di vista del gioco.
AL RISPARMIO – Una sola vittoria stagionale, arrivata dopo una prestazione paradossale visto che quella capace di battere il Giugliano poteva sembrare tutto fuorché una squadra di Auteri. Non si butta via nulla, così i 3 punti contro i campani sono l’ossigeno che tengono in vita un Messina sprofondato proprio nella gare da non sbagliare. Viterbese e Cerignola hanno portato un solo punto, con l’aggravante di non avere sottovalutato la pesantezza della vittoria buttata via con i laziali. Sette partite non sono ancora tantissime, ma non sono nemmeno nulla e non si può sempre archiviare la critica con un “tanto c’è tempo”. Il tempo ci sarà pure, ma il campionato è iniziato e non attende nessuno. Ovvio, la classifica del Messina è simile a quella di altre formazioni e, infatti, dalle parti di Andria, Picerno o Taranto non si va avanti a larghi sorrisi. La storia del “mal comune” non assolve, al massimo rimanda alla sconfitta successiva. Per questo, allora, la domanda torna sulla scena: qual è l’obiettivo di Sciotto? Perché il Messina costruito da Pitino non può essere – in nessun modo – avvicinabile a una reale programmazione sportiva. Al massimo, quello di questa stagione, è un tentativo di salvezza col minimo sforzo economico. Al netto di riuscirci, poi, ci sarebbe da capire su cosa basare il futuro. La progettualità non può passare da calciatori in prestito o in scadenza. I 15 contratti in essere al termine della scorsa annata sono stati spazzati via, rimasti solo Fofana e Fazzi tra i calciatori con mercato, più tutti quelli senza nessuna possibilità di trovare spazio in altri lidi. A loro, poi, sono stati aggiunti ragazzi di ottime speranze e calciatori che reciterebbero in maniera più produttiva parti da comprimari che da protagonisti. Dal punto di vista economico il presidente Sciotto ha tirato la cinghia, i motivi sono notissimi. Ci sono 5 anni (a cui sottrarre il quarto fatto di investimenti vincenti) di sforamenti e spese errate, con correzioni più costose di quanto già bruciato. Così il primo anno, il secondo e il terzo con tanto di nessun risultato sportivo e tante amarezze. Poi, l’avvento di Carmine Del Regno e Cocchino D’Eboli: il loro instant team e la vittoria di una Serie D che non doveva essere fallita. Sbagliando non si impara, così Sciotto ha rilanciato azzerando e confidando nell’esperienza ormai rimasta uno sfumatissimo ricordo di Lo Monaco. Storia contemporanea e nota, amarissima fino al punto da mettere in discussione l’iscrizione. Arrivata sul filo, con un cambio di rotta economico netto e una serie infinita di errori di comunicazione.
DARE E POI AVERE – “Tanto, quanto” è lo slogan che il dg Manfredi lancia nel giorno dell’ufficialità dell’iscrizione. A primo impatto parrebbe un accordo quasi logico: tanto si espone la città e la tifoseria, tanto risponderà la proprietà. Più o meno, perché se vuoi fare impresa il rischio devi metterlo in conto e non è mai accettabile la leva morale del “se non date non avrete”. Una parte, tra l’altro, ha anche risposto in maniera copiosa con un crowdfunding non dovuto ma fortemente voluto come simbolo di puro amore. L’argomento è spinoso, si basa sul difetto atavico di non mettersi mai in discussione. Dai tempi del Lo Monaco proprietario a oggi – ma si potrebbe andare indietro nei decenni -, infatti, la proprietà del Messina è celere nel lamentarsi della poca risposta di pubblico e sponsor, mai nel fare un passo per avvicinare queste due anime vitali per il futuro di ogni club. Tanto, quanto… ma a scatola chiusa? Il Messina cosa ha dato alla sua tifoseria in questi anni? In questa stagione ha dato una squadra che assomiglia a un’ambiziosa under 21 più qualche over a prendersi più responsabilità del dovuto, col paravento di un allenatore come Auteri a fare da ombrellone per tutti. “Il fuoriclasse è il tecnico”, così i problemi sono i suoi. Ovvio, il desiderio di avere una piazza – imprenditori del territorio compresi – che risponda in massa fa parte dei sogni di ogni proprietà, ma partire dall’autocritica sarebbe fondamentale. Perché il Messina non ha appeal? Perché nessuno – o pochissimi, tipo la Coop-Gruppo Radenza – ha mai manifestato l’intenzione di accompagnare Sciotto? Perché questo club è stato in vendita per mesi senza una vera offerta? Oppure, le offerte ci sono state e Sciotto non vuole – o non voleva in un preciso momento storico – vendere? Immenso rispetto per la professionalità dello studio legale incaricato ad accogliere le offerte, ma una cosa sono gli studi legali e un’altra è un advisor specializzato in compravendita di società. Uno riceve, l’altro ricerca. Al netto dell’impegno sono ambiti lavorativi diversi, magari con punti in comune ma diversi. Insomma, la volontà passa dai comportamenti.
ROSA LACUNOSA – Tornando alla programmazione sportiva, tornando al campo. Non è lecito pretendere che una proprietà spenda più del possibile – sempre per scelta, perché la proprietà Sciotto non è una di quelle coi conti in crisi -, come non è lecito pretendere (o anche solo pensare) che una piazza risponda a prescindere. Il problema, semmai, resta quello di spendere il giusto e bene per non dover spendere il triplo per mettere toppe in ogni buco. Quanto sia, quindi, il budget concesso a Pitino non è dato saperlo, ma come sia stato speso va analizzato. L’infinito pacchetto under presenta buonissimi profili: alcuni più pronti di altri e, quasi tutti, troppo acerbi per prendersi responsabilità eccessive. Vanno centellinate anche quelle, al massimo da integrare a quelle del pacchetto over. Ecco, a quei calciatori va chiesto il vero cambio di passo. Il tempo ci sarebbe, ma – come detto in precedenza – il campionato è già iniziato e le sfide dirette sono alle porte. Le prime già giocate hanno detto che il Messina è squadra ondivaga, endemicamente discontinua e inferiore per rosa. Il Cerignola non è il Bayern Monaco, ma calciatori come Blondett, Ligi, Bianco, Sainz-Maza e Malcore rientrano nel tipico profilo di Serie C. Ovvio, i pugliesi dovranno lottare come altre per non retrocedere, ma il possibile per poter lottare è stato fatto. Al Messina è stato fatto? Presto per le sentenze, ma che manchi terribilmente qualcosa è palese. Se già nel mese di ottobre si parla di mercato degli svincolati il problema non può essere nascosto sotto il tappeto. Se un intero reparto – quello offensivo – non convince in alcun protagonista non può solo essere per i gusti eccessivi di chi critica. Curiale ha una carriera di livello alle spalle, ma fossilizzarsi su di lui come se fosse l’unico centravanti possibile o prendibile sembra davvero eccessivo. A lui, comunque, andava affiancato un profilo già pronto per la Serie C. Qualcuno ha detto Adorante? Non lui nello specifico, ma il modello è quello. Zuppel, Napoletano, Piazza – prima del bruttissimo infortunio – rappresentano facce della stessa scommessa. Iannone e Catania – in questa fase di carriera – sono più vicini a calciatori di complemento che protagonisti. Balde, beh… Balde deve essere lui a dimostrare di non essere il giocatore perennemente insufficiente visto fin qui. L’attacco del Messina rappresenta l’esempio plastico di quello che non va, perché sul lavoro di Pitino pendono le scelte di una mediana risicata e di corsie difensive con soli due protagonisti più l’esperimento Konate. “I soldi erano quelli” si dirà, ma le scelte potranno sempre essere messe in discussione. Il campionato del Messina non è certo finito, non ha nemmeno emesso sentenze, può ancora raccontare di una squadra capace di salvarsi soffrendo o meno, ma è carico di gravi carenze. Presenti e future, perché vista questa rosa senza prospettive – durata dei contratti alla mano – la domanda torna al centro della scena: qual è l’obiettivo di Sciotto?