E quindi? La domanda nasce spontanea e coinvolge un ambiente tenuto insieme dalla preoccupazione. Uno stato d’animo difficile da smaltire. Superata positivamente la deadline iscrizione, ora torna di moda l’ansia da cessione con le parti impegnate in una sfiancante guerra di posizione.
GLI OSTACOLI – Sono stato ospite in una frizzante trasmissione sportiva tarantina – “Dentro la Rete” edita da CosmoPolismedia -, dove il padrone di casa, Dario Gallitelli, rimpallava opinioni e notizie legate al futuro del Taranto allargando, poi, il raggio con una doverosa parentesi sul Foggia reduce dalla sconfitta nella finale playoff contro il Lecco. Sono stato spettatore a lungo, ascoltatore interessato del futuro di due diverse (per ambizioni) avversarie del Messina. Sapevo, però, che sarebbe toccato anche a me intervenire e piano piano la nebbia prendeva il sopravvento: “Ma io di che dovrei parlare?”, una domanda che mi è rimbalzata in testa per buoni venti minuti. Il momento è arrivato, come in un esame universitario per cui hai studiato pochissimo ma che devi superare. Le parole sono uscite quasi automatiche, ma resto convinto di non aver detto quasi nulla. Forse, proprio nulla. Tramortito dal bagno di realtà. La logica suggerirebbe che sul tema Messina ci sarebbe tanto da dire, ma le soffiate a mezza bocca confessano come non ci sia nulla da condividere. Mentre a Taranto dibattono su chi tenere e chi cedere, mentre a Francavilla, Castellammare e Potenza ufficializzano i nuovi tecnici, mentre in tante piazze si pianifica la prossima stagione a Messina restiamo fermi a osservare. Uno stillicidio inutile, una perdita di tempo e voglia. Lo sport preferito dall’ambiente messinese è diventato quello della “caccia al colpevole”, ma la risposta sembra prendere forma in un bel “chi se ne frega”. La cosa importante – almeno per chi non deve vincere l’intramontabile battaglia contro sé stessi sull’avere ragione – resta la costruzione solida del futuro del Messina. La questione cessione è tornata – come scontato che fosse – al centro del dibattito, con protagonisti sempre il presunto cedente Sciotto e il tentennante acquirente Mannino. L’iscrizione sembrava essere uno dei vincoli per la stesura di un accordo tra le due parti. Nì, perché a quanto pare gli ostacoli insormontabili sembrano diventati altri. O meglio, un passaggio già noto: il debito totale che influirà sul valore finale dell’intero pacchetto. L’argomento sarebbe anche interessante se non fosse oggetto di dibattito da più di un mese. Il club ha inviato la documentazione per l’iscrizione nei tempi e la tagliola della Covisoc del prossimo 30 giugno pare essere una pura formalità. Sciotto ha inviato la richiesta di partecipazione alla prossima Serie C dopo aver garantito un esborso a copertura di scadenze obbligate che hanno limato il monte spese. Chiaro, poi, che questi esborsi debbano far parte della nuova discussione. Argomenti interessantissimi per le parti in causa, ma che l’ambiente debba sopportare un mese di tira e molla sul tema non è così accettabile. Inevitabile, poi, che si finisca per spaccarsi sempre nell’immotivata tentazione di trovare un “colpevole unico”. Non sono cifre che mettono il futuro societario a rischio – quindi notti serene per tutti -, ma possono essere tema per cui chi acquista pretenda maggior precisione possibile. Amen. Problemi loro, li risolvessero in maniera matura e meno infantile rispetto a chiamate spiattellate e conferenze stampa passivo-aggressive.
LA BRECCIA – Chissà… forse chi vende non è così convinto, tanto quanto chi dovrebbe acquistare. Smetterla di giocare non sarebbe meglio? Certo, “giocare” sembra un verbo un po’ offensivo o aggressivo, ma se non si è capaci di mettere nero su bianco domanda e offerta di cosa stiamo parlando se non di un gioco al massacro della nostra pazienza? Vincoli, garanzie e poca chiarezza sono ingredienti che buttati nel calderone danno il risultato di “scusa perfetta” per non fare niente. E così sia. La vicenda è diventata davvero paradossale, stancante e intrisa della ferma volontà delle parti di non comprendere le posizioni dell’altro. In una trattativa acquirente e cedente devono trovare un punto che accontenti entrambi, ma partendo dal presupposto che nessuno sarà del tutto felice. Chi vende guadagnerà meno, chi acquista spenderà di più. Un esempio? Il Newcastle per Tonali aveva offerto 60 milioni, il Milan ha risposto 80 e si è chiuso a 70 più un bonus. Insomma, una trattativa. A Messina la trattativa non pare esistere, esistono solo pec e promesse di fare, fare, fare. Fare niente. Sciotto non ha mantenuto la promessa di non iscrivere la squadra (meno male) facendo un favore in primis a sé stesso. Non avrebbe avuto alcun senso, anche se resta atto non dovuto. Nella vita di dovuto c’è poco, nel calcio quasi niente. La mancata iscrizione non avrebbe cancellato alcune spese da saldare e avrebbe indebitamente chiuso ogni possibile trattativa. Logica suggeriva di andare avanti e così è stato. La questione debitoria, come detto, deve rientrare nei colloqui privati tra le parti che dovranno, quindi, trovare un punto di incontro che soddisfi entrambi. Se questo equilibrio si troverà ci sarà la cessione, sennò un bel “nulla di fatto” e via con lo Sciotto VII. Mannino non ha lasciato tracce di grande impressione nella sua conferenza all’Hotel Royal: messe da parte le sue rivendicazioni di carattere personale, il profilo è parso sembrare ancora lontano dall’aver compreso il mondo del calcio. Un ecosistema poco ingessato, ruvido fino a diventare sporco. Il calcio è così, un mondo dove bisogna, appunto, sporcarsi le mani e accettare che una trattativa possa essere meno formale del previsto. Sull’altro fronte c’è un Pietro Sciotto che appare più navigato della controparte nel sedersi al tavolo, anche segnato da una vita imprenditoriale in cui l’obiettivo finale era il risultato e la crescita del proprio brand. Insomma, tra i due non sembrano esserci punti che li possano accomunare. Due mondi paralleli che, come tali, non possono incontrarsi. Per chiudere, però, serve una breccia. Un punto di rottura nei due mondi. Nessun obbligo, sia chiaro, perché che Sciotto debba vendere e Mannino debba acquistare non è scritto da nessuna parte. Potevano, almeno, pensarci un po’ prima.
DENTRO O FUORI – E quindi? La domanda torna al centro del discorso. Di notizie solo i contorni, almeno se legate a passi avanti evidenti. Magari è anche meglio, forse le parti hanno compreso che confrontarsi senza pressioni esterne sia la cosa migliore. Oppure non stanno davvero facendo nulla per chiudere. Che si arrivi all’accordo, come detto, non è scontato e nemmeno obbligatorio. Vero che da una parte c’è una proprietà che ha dichiarato a più riprese la volontà di cedere, vero anche che la stessa volontà non abbia chiuso la porta in faccia all’interessato nonostante i dissidi, ma la controparte deve rompere gli indugi e fare il passo in più. Quanto fatto fin qui non basta per acquistare il Messina. Allo stesso modo, quanto fatto fin qui non basta per cedere il Messina. Impossibile dire il contrario. Tornando al compratore, se Mannino vorrà essere il nuovo proprietario del Messina dipenderà anche – e non solo – da lui, dato che c’è sempre un cedente da accontentare. Il nodo del valore finale è uno scoglio da superare insieme. In più, una mossa definitiva di Sciotto sul tema metterebbe spalle al muro Mannino che a quel punto dovrebbe decidere in un amen se essere dentro o fuori. Velocità obbligata, perché il tempo per giocare a una specie di Monopoly calcistico è finito da tempo. Di modalità legali per portarsi avanti col lavoro ne esistono a bizzeffe, sarebbe volgare suggerirle a chi le conosce benissimo. Repetita iuvant: facciano loro, ma in fretta. Una volta che quanto messo sul tavolo sarà stato analizzato nel dettaglio non ci sarà spazio per ulteriori asterischi. Individuata la cifra bisognerà passare alle cose formali, in caso contrario un bel “arrivederci e grazie”, che vale per ambo le parti. E quindi? La domanda torna. Se finisse con un “nulla di fatto” sarebbe tempo per uno Sciotto VII, eventualità a cui il presidente sembra pensare già da un po’. Non solo come “piano B”, ma anche come prima alternativa possibile. Magari diventata tale negli ultimi giorni. Dopo aver inviato la domanda di iscrizione è impossibile non pensare che una certa eccitazione non abbia pervaso un presidente tanto passionale. I contatti con dg, ds e tecnici ci sono stati e sono vecchi nel tempo. Giusto, perché solo così il Messina cadrebbe in piedi facendosi trovare pronto in caso di mancata cessione. Vendita che, da parole presidenziali, resta la prima opzione. Intanto, Antonio D’Arrigo ha smentito via social la possibilità di ricoprire nuovamente il ruolo di direttore generale. Pippo Bonanno è stato gran consigliere in questi anni, portando in riva allo Stretto alcuni tra i migliori giovani visti in giallorosso. Profilo fidato, come quello di Ezio Raciti che, in caso di permanenza di Sciotto, sarebbe l’assoluta prima opzione per la panchina. Come media punti suggerisce.