Messina, urla del silenzio

Pubblicato il 18 Febbraio 2020 in Primo Piano

Il ritorno del Messina alla vittoria regala una piccola scossa all’ambiente e, soprattutto, conferma che questa squadra non è mai stata, fino in fondo… squadra.

ALLINEATI E COPERTI – Pensabene, al suo esordio in panchina, interpreta la crisi partendo dalla base del “primo non prenderle”. La medicina, almeno contro la Cittanovese, si rivela giusta. Tuttavia, specie dopo il primo tempo, appaiono sempre evidenti i limiti di un gruppo il quale, a un certo punto della gara, sembra terrorizzarsi e rischia seriamente di incassare il pareggio. La sostituzione del centravanti con un centrale di difesa, a un certo punto, appare una logica conseguenza dello stato di assoluta paura in cui il Messina, al rientro in campo dopo l’intervallo, era precipitato. L’analisi tecnica finisce qui, anche perché proprio le parole di Pensabene sono il miglior ritratto dell’attuale momento sportivo: intanto abbiamo vinto questa – in sintesi – vediamo cosa accadrà domenica prossima. Dopo 24 partite e 4 allenatori, d’altronde, è assurdo cercare qualsivoglia certezza.

RUMOROSA ASSENZA – Ciò che, però, fa più rumore nella giornata del “S. Filippo” è l’assordante silenzio dei tifosi, i quali per esprimere il loro dissenso rinunciano pure all’ormai usuale colonna sonora di cori contro la società. Gli striscioni esposti, tuttavia, bastano e avanzano per comprendere il loro pensiero. E, in questo senso, non si può non tornare sulle parole di addio di mister Zeman. Intendiamoci, anche lui ha palesato dei limiti. Non si capisce, ad esempio, perché abbia fatto giocare immediatamente e con continuità chi – l’ha detto chiaramente – appena arrivato ha, secondo lui, destabilizzato uno spogliatoio che fino a quel momento aveva seguito il suo allenatore. Perché, poi, ha mantenuto fino all’ultimo una posizione aziendalista, con cui ha validato mosse societarie ai più incomprensibili (in termini di mercato e di gestione sportiva)? Detto questo, tuttavia, la sua rappresenta l’ennesima testimonianza utile a comprendere il fallimento (che non scopriamo certo con la sconfitta di Marsala) del progetto Acr. Confusione di ruoli, assenza di programmazione, difficoltà nei rapporti tra vertici e staff tecnico-squadra, improvvisazione. A Pensabene il compito di salvare il salvabile, alla famiglia Sciotto quello di comprendere come l’ostinazione nel restare al timone stia generando solo perdite economiche e di tempo.

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