
L’arbitro? Una vittima della società moderna. Nell’era dell’apparenza e della visibilità fare da contorno non piace, affascina di più potersi ritagliare una porzione di palcoscenico. Per il regolamento calcistico l’arbitro avrebbe la stessa importanza di una bandierina, un palo o di un pallone. Fa parte del gioco, se capita di scontrarsi con lui in corsa bisogna accettarlo, proprio come finire in una buca. Purtroppo, però, l’arbitro ha una coscienza: una voce insistente che lo invita ad incidere, a fare parte del gioco non solo come mero portatore sano di fischietto. Da vigile urbano del settore calcistico si trasforma in attore principale, entra nelle dinamiche del gioco e cura una frustrazione tipica di chi non è stato capace di fare un cross neanche con la palla rimbalzante. L’arbitro è così, una figura mitologica: per metà controllore dell’autobus, per l’altra bambino sognatore. Tracotanti, permalosi, bonari, preparati, passivo-aggressivi, loquaci, muti, severi o amiconi: scegliete il modello che vi piace di più, sicuramente ne avrete visti e incontrati di tutti i tipi. Quelli bravi? Quelli che non si fanno notare, quelli che preferiscono essere capaci e non protagonisti. Sono pochi però, sono quelli seri e che rendono il mondo calcistico leggermente migliore. Iacovacci di Latina incrocia la strada del Messina e di Giacomo Modica sul campo dell’Igea Virtus, caccia il tecnico dei giallorossi per qualche parola di troppo. Fin qui nulla di speciale, il capolavoro arriva nella compilazione del referto. Quello è il momento più alto della vita arbitrale: si posa il fischietto e ci si arma di penna. La fantasia supera spesso la realtà, se hai la fortuna di arbitrare in Serie A o B magari uno sguardo veloce alla moviola lo dai, così anche l’eccesso rimane contenuto. Se ti tocca fischiare tra i Dilettanti, invece, devi sperare che la memoria non ti inganni. Quella di Iacovacci è forse annebbiata dalla stanchezza, dalla pioggia o dall’aver visto un portiere urinare in campo. Il motivo poco importa, la certezza è che le immagini non mostrano la violenza di cui Giacomo Modica viene accusato, tanto da meritarsi due mesi di stop dal Giudice Sportivo (che applica in base ai referti, quasi con le mani legate).
STANGATE – Strano leggere della squalifica di Modica. Il tecnico di Mazara ha un carattere acceso, vivace quando guida la sua squadra ma certamente poco incline alla maleducazione. Gli anni accanto a Zeman non sono serviti solo ad apprendere i dettami tattici del 4-3-3, c’è uno stile anche leggermente distaccato che regola il rapporto tra tecnico e tutto quello che non è la sua squadra. Modica non cerca o ha bisogno di difensori, chi come noi è chiamato ad analizzare oltre che raccontare non può però riflettere su una squalifica tanto pesante. Iacovacci sente qualcosa, si avvicina e caccia Modica con atteggiamento altezzoso. Inizia una discussione accesa, all’inizio è evidente il labiale del tecnico: “Non ho fiatato, non ho fiatato”. Iacovacci, ormai trasformatosi in Collina, rimane fermo e sfruttando una fisicità ossuta e sgraziata si allontana sbracciando. Modica lo tocca, non lo trattiene o spinge, il fischietto di Latina scappa via sfuggente e percepisce quello che la confusione gli suggerisce. Banalmente? Iacovacci arbitra in Serie D, vale un campionato di dilettanti. Non sarebbe neanche corretto aspettarsi dei fini interpreti delle regole calcistiche o della psiche umana. Essere scarsi non è mai un male, essere indisponenti e provocatori è grave. Gli arbitri si trasformano in morte personificata e con la loro falce, cartellini gialli e rossi, decidono della vita e della fine di calciatori e allenatori. Giacomo Modica tornerà su una panchina, ricorso permettendo, solo dopo il 30 maggio, un maxi stop che fa arrossire quello che ha fermato Inzoudine per cinque giornate. Altra strana circostanza quella di Gela: rissa da tutti contro tutti, stranamente pagano due ragazzini pescati quasi a caso. Cinque a Inzoudine e quattro a Polito, il resto tutti salvi. Sembrerebbero quasi estratti a sorte, siamo pronti ad essere smentiti con prove concrete dai vertici arbitrali. Sappiamo già che non accadrà.