“Al Torre le emozioni non vogliono finire e torna protagonista il dischetto: corner per il Messina, mischia accesa dove Murolo trattiene Carillo e per Bordin è ancora rigore. Protestano i campani, intanto Balde sistema il pallone per andare a sfidare Baiocco: si calcia, destro incrociato e Messina avanti”.
Era il 28 agosto del 2021 quando raccontavamo – con le frasi di inizio articolo – l’ultimo rigore fischiato in favore del Messina. Prima giornata di un campionato iniziato col pari di Pagani in un 4-4 che vede tra i marcatori Balde dal dischetto. Bordin di Bassano del Grappa è, quindi, l’ultimo arbitro ad aver fischiato un rigore in favore del Messina. Le partite sono diventate 66 (numero valido per le statistiche, 67 se si considera quella cancellata col Catania nel girone d’andata dello scorso campionato) dopo le ultime contro Monopoli e Monterosi che lasciano amarezza ai giallorossi che si lamentano per un fallo di mano di Bizzotto nel match contro i pugliesi. Di eventuali torti arbitrali, però, parleremo in coda. Ma un numero così elevato di match senza penalty non può far capo a una sola motivazione. Gli errori arbitrali sono sicuramente un fattore, ma troppo poco per giustificare una statistica del genere. Diventa doveroso chiedersi se il Messina sia una squadra in grado di guadagnarsi un rigore e perché nonostante ben 4 allenatori diversi, con filosofie di gioco opposte, i giallorossi aspettano un rigore da più di un anno e mezzo. Allenatore per allenatore vedremo come la squadra con interpreti e idee di gioco diverse abbia questo unico comune denominatore.
GESTIONE SULLO – L’ultimo rigore concesso ai giallorossi è proprio sotto la gestione del primo allenatore che ha preso questa squadra dopo la promozione in Serie C: Salvatore Sullo. Prima giornata di campionato, come detto, e primo penalty nel rocambolesco 4-4 sul campo della Paganese. Un inizio che fa ben sperare seppur con una nota di amarezza dovuta al pareggio arrivato nel recupero dopo che i giallorossi erano andati addirittura avanti per 1-4. Un attacco accettabile e una difesa poco impermeabile che saranno una costante nelle 10 partite (Coppa Italia compresa) della gestione Sullo prima che il tecnico napoletano venga esonerato. Il modulo usato il più classico dei 4-4-2 a evidente trazione offensiva quasi a diventare un 4-2-4. Adorante e Balde punti di riferimento centrali con Catania e Simonetti esterni. Una scelta di gioco che non ha dato i suoi frutti, troppa responsabilità ai due di centrocampo e una buona dose di leziosità offensiva che è emersa fin da subito. Ma tornando alla questione rigori, il Messina di Sullo attacca tanto sulle fasce ma entrando poche volte in area con gli esterni e cercando spesso il cross dal fondo del campo. Non un caso che l’unico rigore arrivi sugli sviluppi di una palla inattiva, un corner per la precisione. Quando il pallino del gioco è dei giallorossi si cerca direttamente la punta senza attaccare in modo uniforme l’area di rigore. Serie di ragioni che hanno fatto fallire Sullo nel cercare di improntare la sua idea di gioco a un gruppo poco adatto.
GESTIONE CAPUANO – A cercare di invertire la rotta del Messina subentra Ezio Capuano. Scelta che non funziona perché nelle 10 apparizioni di Capuano sulla panchina giallorossa il rendimento è identico a quello del suo predecessore. Da aggiungere alle colpe di Capuano quella di aver cancellato ogni residuo di propensione offensiva al suo Messina. La filosofia di gioco del tecnico lucano è tutta improntata sulla compattezza difensiva, compattezza che non ottiene mai. Dopo un avvio che fa ben sperare con il 2-3 sul campo del Potenza, già dal match successivo emergono carenze importanti. Lo 0-0 casalingo contro la Vibonese fanalino di coda con zero tiri in porta da dentro l’area di rigore è il preambolo per le successive partite. Attacco lasciato a se stesso e costruzione della manovra inesistente. Nel match del dicembre 2021 contro il Latina il primo tiro della gara arriva a 15 minuti dalla fine. I pochi gol che arrivano sono frutto di giocate individuali, spesso con tiri da fuori area, e qualche mischia fortunosa. Le possibilità di ottenere un calcio di rigore sono prossime allo zero. I giallorossi non giocano quasi mai nell’area di rigore avversaria e i contropiede non sono accompagnati bene dalla squadra, forse per timore di scoprirsi. I giocatori di maggior qualità, come Catania, sono adattati in posizioni dove non puntano mai l’area di rigore e sono spesso costretti a cercare la conclusione da fuori. Che il gioco di Capuano sia prettamente difensivo lo racconta la sua storia, ma con i giallorossi è venuta a mancare anche la fase difensiva come dimostra il 5-0 subito dalla Turris che fa terminare la sua avventura in giallorosso.
GESTIONE RACITI I – Decisamente positiva, invece, la guida tecnica di Ezio Raciti chiamato a sostituire Capuano. Autentico condottiero di una salvezza diretta che sembrava impensabile a metà stagione. Un Messina che cambia volto anche grazie ai nuovi acquisti, quali Piovaccari e Rizzo. Il calcio secondo Raciti è propositivo e grintoso, incentrato sulle qualità emotive e sulla forza di non mollare mai. Dal punto di vista tattico si ritorna alla difesa a 4, dopo la difesa a 3 sperimentata da Capuano, e ci si affida ad un 4-3-3 capace di sfruttare benissimo le ripartenze grazie alla tecnica e la velocità degli esterni offensivi. Gli uomini che attaccano l’area sono sempre tanti, per questo ci si affida spesso a cross in cerca degli inserimenti di centrocampisti e difensori. Maggiormente predisposta a difesa e contropiede, ma con una qualità che non si era potuta apprezzare nelle precedenti gestioni. La presenza di Piovaccari è essenziale per il Messina che lo cerca con lanci lunghi e filtranti. Dunque un calcio di squadra dove tutti gli interpreti possono andare a rete e meno focalizzato su giocate individuali. La corsa e il ribaltamento di fronte sono preferiti a manovre che portano a giocare a ridosso dell’area di rigore. Tutti fattori che fanno intendere come il non trovare un penalty sia anche qui causa di un modo di gioco che raramente porta i difensori avversari a dover concedere la massima punizione. Pochi gli uno contro uno all’interno dei 16 metri e una quantità di secondi trascorsi in area irrisoria per forzare un fallo avversario. In area, quindi, si transita velocemente e quasi sempre con un uomo liberato al tiro e che non deve affrontare un diretto marcatore. Una filosofia di gioco vincente e che, allo stesso tempo, contribuisce a spiegare un dato così inconsueto.
GESTIONE AUTERI – Va così in archivio la stagione 2021/2022 con all’attivo un solo calcio rigore, per altro ottenuto nella lontana prima giornata di campionato. Chiamato a guidare la seconda stagione in C del Messina è Gaetano Auteri, accompagnato dal ds Pitino, protagonisti di una prima parte di stagione a dir poco disastrosa.
Il Messina conquista 11 punti in 19 giornate prima che arrivino delle tardive dimissioni. A Crotone, nella prima di ritorno, la gestione va ricondotta all’ormai storico vice Daniele Cinelli, vero filo conduttore di tutte le gestioni tecniche giallorosse in queste due stagioni. Auteri imposta il suo Messina con un 3-4-3 che con il passare del tempo si rivelerà sempre più inadatto. Filosofia di gioco che cerca il palleggio per arrivare a ridosso dell’area di rigore ma che manca chiaramente di interpreti adatti a questo tipo di gioco. A questo si aggiungono delle carenze numeriche all’interno della rosa che portano i giallorossi a collezionare sconfitte su sconfitte. La lacuna più evidente riguarda il ruolo di prima punta con Curiale e Balde (più il giovane Zuppel) non sufficienti a reggere tutto il peso dell’attacco. Unico faro di questo scorcio di stagione Lorenzo Catania che con le sue galoppate accende la luce in qualche partita dei giallorossi. Risulta evidente, allora, come il non trovare il penalty non sia ancora una volta una sfortunata casualità, ma che, invece, il gioco di Auteri sia una stretta causa. Ali quasi mai incisive e tradizioni offensive che raramente permettono ai giallorossi di trovarsi in superiorità. Mediani troppo responsabili della fase difensiva per inserirsi in area e creare occasioni. Il Messina arriva poche volte a concludere, nella sconfitta casalinga contro il Picerno dello scorso dicembre, i giallorossi registrano una sola conclusione verso la porta. Altro dato le punizioni nella metà campo avversaria, poche in quasi tutte le partite. Il calcio voluto da Auteri avrebbe dovuto riempire l’area con rimorchi e scarichi su calciatori senza palla dopo un veloce possesso. Non si vede nulla di questo e il Messina finisce per giostrare nell’area avversaria per pochissimi minuti totali nelle 19 partite (Coppa Italia inclusa). Come nella gestione Capuano, poi, manca una ripetuta capacità di puntare l’uomo e forzare un fallo. Le difese avversarie, perciò, possono prendere le misure al Messina senza dover ricorrere a interventi estremi.
GESTIONE RACITI II – Arriviamo ai giorni nostri con il ritorno sulla panchina del Messina del duo Raciti-Cinelli. Un Messina nuovo grazie anche ad una campagna acquisti degna del suo nome. Innesti importanti come Kragl, Perez e Ragusa che alzano la qualità della rosa. Si passa al 4-2-3-1 che propone un’idea di gioco predisposta all’attacco unita ad uno spirito di gioco mai arrendevole. Dopo 11 partite dal ritorno di Raciti il Messina tiene un passo da squadra di alta classifica giocandosela contro tutti. Fase offensiva accompagnata da tutta la squadra, prova ne è che ad andare in rete in queste giornate siano 8 giocatori diversi, dalla difesa all’attacco. Una squadra che funziona ma che ancora non è riuscita a conquistare un penalty che in alcuni momenti può essere necessario per risolvere delle partite bloccate, come con la Fidelis Andria o contro il Monopoli due giornate fa. La buona capacità di sponda di Perez potrebbe essere sfruttata anche all’interno dell’area così da mettere in difficoltà i difensori avversari. Uno step in più è richiesto anche da Ragusa, che ha le qualità per cercare il dribbling. Con l’infortunio di Catania che ha tolto una fonte di gioco e capacità di saltare l’uomo. Il gioco di Raciti non si caratterizza per un palleggio attorno all’area avversaria e sicuramente questo non gioca a favore della clamorosa statistica registrata. Ma la sensazione è che qualcosa in più possa essere fatto per trovare un’arma che, alle volte, può valere anche la vittoria. Lo svariare di Perez lontano dall’area andrebbe accompagnato da un attacco della stessa dal resto dei compagni. Accade, ma quasi sempre per calciare direttamente in porta. Insomma, il Messina – ancora una volta – staziona pochissimo in area riuscendo – ed è un pregio – a trovare tiri puliti. Quando questo non è possibile per la buona difesa avversaria, però, non ci sono caratteristiche per puntare l’uomo e trovare un fallo da rigore.
ERRORI ARBITRALI – Abbiamo ripercorso a grandi linee tutte le gestioni degli allenatori del Messina nell’ultimo anno e mezzo, ma sarebbe scorretto attribuire a quest’ultimi tutte le cause della mancanza di un rigore da 66 partite. Ci sono situazioni in cui, certamente, i giallorossi possono recriminare, alcuni dei quali proprio nell’ultimo periodo. Una delle circostanze, al netto dello stile di gioco, è quella delle palle inattive. Anche in questo caso contano le caratteristiche: in questi due anni il Messina ha garantito sempre una fisicità limitata, così sugli sviluppi di corner e punizioni le squadre avversarie hanno sempre qualche vantaggio. Qualcosa in più si è visto nella passata stagione grazie a calciatori come Carillo – l’unico ad aver conquistato un penalty -, Celic e Morelli. Entriamo, però, nel dettaglio di alcune decisioni arbitrali che possono essere classificati come torti o, quantomeno, dubbie. Il racconto fatto fin qui, chiaramente, limita anche i presunti errori dato che, come abbiamo visto, il Messina stesso fatica a invogliare i fischietti a decidere per un calcio di rigore. Ultimi due episodi vissuti sono quelli con Andria e Monopoli: la spinta di Borg su Curiale presenta tutte le modalità del fallo dato che il difensore della Fidelis non ha possibilità di giocare il pallone, si appoggia sull’attaccante giallorosso e finisce per franargli addosso. Non c’è una trattenuta di Curiale su Borg, per questo la caduta del difendente è ascrivibile a una sua spinta vigorosa. Rigore netto. Altra circostanza quella vissuta contro il Monopoli: batti e ribatti con Bizzotto che ferma i tentativi di Balde e Fofana.
C’è un tocco di mano abbastanza evidente, ma quello che manca è la volontarietà del gesto. Nella foto abbiamo allegato la parte di regolamento inerente la fattispecie dei falli di mano: l’avverbio “deliberatamente” diventa decisivo per la valutazione di qualsivoglia circostanza. Altra nota “verso il pallone”, perché il concetto base resta quello del movimento del difensore verso il pallone e non del pallone verso il braccio del difensore. Nel caso di Bizzotto il tutto pare essere casuale, seppur ripetuto e incidente sullo sviluppo del gioco dato che la sfera viene stoppato. Da notare l’ultima parte del regolamento che riguarda una rete segnata di mano e che recita come la rete vada annullata anche quando il tocco è accidentale. Se si difende conta la volontarietà, ma se si attacca è fallo sempre. Stranezze, anche figlie di rivoluzioni regolamentari continue sul fallo di mano. Tornando al caso: la posizione dell’arbitro invita a pensare che non ci sia reale contezza di quanto accaduto, il fallo resta limite e può essere punito con un calcio di rigore. Nelle 66 partite prese in considerazione di episodi così eclatanti non se ne riscontrano tantissimi. Qualche protesta arriva per un contatto tra Martinelli e Catania nella sfida persa a Catanzaro nello scorso settembre. Casistica ampia quella dei contatti: salto all’indietro e passiamo al Messina-Fidelis Andria perso al San Filippo per 2-3 dello scorso campionato. Squadra allenata da Capuano che passa con Catania e poi va sotto per 1-2 prima di impattare con Adorante per poi perdere nel finale. Prima, però, c’è una fuga di Balde in campo aperto con lo spagnolo che entra in area allungandosi un po’ il pallone, viene anche toccato alle spalle da De Marino. Per il signor Monaldi il contatto è veniale e vale un rigore. Sulla decisone pesa l’errore in fase di controllo di Balde che influenza l’arbitro. Altro salto all’indietro e andiamo al 26 settembre 2021 nella sfida contro il Picerno in casa dei lucani: ai padroni di casa viene assegnato un rigore per fallo di mano di Damian che pare, però, ancora fuori area. Ribaltamento di fronte e su un’azione simile il braccio di D’Angelo su cross dello stesso Damian viene considerato fuori area. Sembrava sulla riga, sarebbe stato calcio di rigore, ma De Angeli di Milano decide diversamente. Tutto qui? Sì, sono questi gli episodi davvero critici su cui fondare un dibattito. Un numero non elevato, ma che avrebbero potuto regalare una manciata di rigori al Messina che, in alcuni casi, sarebbero stati utili per modificare nettamente il risultato (Picerno e Andria su tutti). Ne viene fuori che i torti arbitrali ci siano, ma che la cosa che pesa maggiormente è uno stile di gioco poco propenso alla presenza in area avversaria e poco adatto all’uno contro uno. In più, una fisicità limitata non costringe l’avversario di turno a fare gli straordinari in occasione delle palle inattive.