Pagani gode e aspetta. Senza pressioni, senza eccessi, senza fretta. Attende la materializzazione di quella promessa: “Vi porterò dove non siete mai stati”, copyright Raffaele Trapani, presidente della Paganese da oltre un decennio. Il capo branco più vincente, più combattivo, più longevo di sempre. Un idolo. Da 12 anni il calcio degli azzurrostellati vive in simbiosi con il suo carisma. Nessuno, nella storia del club, aveva resistito tanto tempo al comando. Nessuno aveva fatto meglio in termini di risultati sportivi. Raffaele Trapani “santo subito”, oggetto vivente di una fede senza cali di tensione, senza tentennamenti.
FEDE CIECA – Un credo che non muore, che non è stato scalfito nemmeno dai cicloni giudiziari che prima nel 2011, e poi nel 2014, hanno coinvolto il patron del club campano. Un imprenditore giovane ma di esperienza, che ha preso in mano la squadra nel 2003 e l’ha riportata tra i professionisti, in C2 nel 2006, e in C1 nel 2007. 19 anni dopo l’ultima volta. Lo dipingono come un inguaribile ottimista. Uno di quelli che se sei due goal sotto, a venti minuti dal novantesimo, crede nel pareggio, finanche nella vittoria. Ci crede sempre. Gestione oculata, mantiene da anni la squadra tra i professionisti e ha sfatato il tabù del derby contro la Nocerina, regalando ai tifosi l’orgoglio di una vittoria che mancava da cinquant’anni. Una maledizione finalmente spezzata. Match a porte chiuse in campo neutro, a Chieti, nell’ottobre del 2012. 4 a 1 il finale. Vittoria storica nella battaglia infinita tra due comuni divisi da una lingua d’asfalto, realtà che prima della scissione del 1851 erano una cosa sola: Nocera dei Pagani, la chiamavano ai tempi. Al confine, oggi, ci sono palazzi che affacciano da una parte su Pagani e dall’altra su Nocera. Anche chi gioca in trasferta, per dire, al derby ci va a piedi.
“Vi porterò dove non siete mai stati”
BINOMIO – Ecco perché Trapani ha già inciso il suo nome sulla roccia della storia di questo club. Trapani, certo, ma anche Gianluca Grassadonia, il tecnico alla guida della Paganese per un biennio, che in seguito è partito in cerca di una fortuna trovata solo in parte a Messina, e che poi è tornato in Campania per esprimere una nuova idea di calcio. Un calcio che convince. Già, perché Pagani strabuzza gli occhi al cospetto del gioco di Grassadonia, che è un upgrade di quello già visto tra il 2011 e il 2013. La versione 2.0 è bella e vincente. È attesa e slanci improvvisi. È sostanza e armonia estetica. È un abbandono del 3-5-2 e una conversione al 4-3-3. La Paganese vince e gioca bene, attende e riparte. Quando vuole fa male. L’organico è buono, nonostante l’estate travagliata e una Lega Pro prima tolta e poi riconsegnata, l’1 agosto scorso. Sarebbe stata una mazzata, per i tifosi azzurrostellati. Che attendono e godono. Consapevoli di trovarsi nella terra di mezzo che separa il miglior momento calcistico di sempre dalla porta di un paradiso che da queste parti nessuno ha mai varcato. Si chiama Serie B, ma meglio non dirlo, o a limite è concesso sussurrarlo. Lentamente.