Un pareggio che, senza la traversa di Musacci, si sarebbe potuto trasformare in una vittoria esterna pesantissima. Il Messina che esce dallo Iacovone soffre di quella amarezza da beffa, ma pensare che un singolo episodio condanni una squadra invece perfetta sarebbe un grave errore. Il lavoro di Lucarelli in queste prime settimane è lodevole, aiutato anche dalla ritrovata predisposizione al gioco di un gruppo risvegliato dal cambio in panchina. Classico clichè di un mondo che non sa stupirsi. Far finta che tutto stia procedendo per il meglio, col Messina destinato alla gloria, andrebbe a cozzare con tante delle cose viste in campo. La gara di Taranto è sostanzialmente brutta: il primo tempo si accende con la rete di Pozzebon, prima e dopo si vive di brevi fiammate che non rimarranno nella memoria collettiva. Tanto basta, però, per notare alcune pecche del sistema difensivo del Messina. I punti raccolti bastano a Lucarelli più di una qualsiasi lode un tanto al chilo, la consapevolezza che il suo Messina sia ancora lontano da essere una squadra solida lo dimostra l’atteggiamento visto con Casertana e Taranto. Non certamente il classico “prima non prenderle”, più un modo poco sfacciato di affrontare l’avversario. Nelle idee di Lucarelli il suo Messina deve rimanere corto e poco ampio, non strettissimo perché il 4-3-3 tende ad aprirsi in maniera naturale ma la densità interna quando si difende deve essere un’arma. Per mettere in pratica le idee ci vuole un’applicazione scientifica dei movimenti, tutto deve essere fatto con perfezione. Elastico tra i reparti, uscite laterali, raddoppi e scalate non devono mai mancare o essere in ritardo.
DISTANZE PERSE – Passiamo immediatamente alle immagini: siamo nel primo tempo, punteggio ancora di 0-0. Il Taranto gioca una gara col braccino, classico di chi deve vincere ma soprattutto non perdere. Entriamo nel dettaglio: i pugliesi ripartono sulla loro sinistra, il Messina perde le misure e non riesce a scalare nel giusto modo. Riquadro azzurro per Pirrone, il centrocampista di Prosperi è in possesso palla con Foresta e Milinkovic che rincorrono affannati. Già qui vediamo come l’esterno alto sia in profondo ripiegamento, anche e soprattutto per coprire il campo lasciato da Foresta. In giallo vediamo Sampietro completamente libero, questo perché Pozzebon non partecipa alla fase di non possesso rimanendo in pressione solo su Nigro. Parte centrale con copertura, Musacci (cerchio blu) è troppo distante rispetto ai due interni ma ben posizionato rispetto ai centrali difensivi (linea blu). Il grosso del problema arriva sul ribaltamento di Pirrone: in rosso la linea che scorre tra De Vito, De Giorgi e Mancini. Il centrocampista è troppo lontano per il raddoppio, mentre De Vito è troppo basso rimanendo in posizione sostanzialmente inutile. De Giorgi riceverà arrivando al tiro in porta neutralizzato da Berardi, in definitiva il Messina non rischia molto ma il modo in cui il Taranto, schierato comunque malissimo, riesce ad arrivare alla conclusione deve far riflettere.
LUNGHEZZA – Come avrete capito ci concentreremo esclusivamente sulla fase difensiva del Messina. Secondo frame: siamo ancora nel primo tempo, i giallorossi continuano a soffrire la troppa libertà di Sampietro e Pirrone. I due calciatori del Taranto giocheranno una gara ampiamente insufficiente, ma lo spazio loro concesso è imbarazzante. Il pallone parte da Pirrone (freccia blu) in direzione Bollino. Il numero 10 taglia da destra per occupare lo spazio tra le linee, il centrocampo del Messina (evidenza arancio) è nella terra di nessuno: Musacci è troppo alto ed in linea con gli altri due, la difesa difende bassa tanto che Maccarrone prova l’anticipo su Bollino. Il ritardo è fisiologico, giocata di prima verso Viola che tenterà un esterno sinistro velleitario. Nell’occasione il Messina è ancora una volta piazzato male, tutte le distanze sono errate. Manca del tutto l’aiuto degli attaccanti, troppo impegnati a pressare la difesa avversaria e mai in raddoppio sul centrocampo. Musacci sbaglia i tempi dei movimenti, rimanendo in mezzo alla circolazione del pallone. Anche la difesa è troppo bassa, qui però c’è lo zampino dell’esperto Rea che comprende come accorciare sui tre attaccanti sarebbe un rischio dato il mancato filtro. Maccarrone tenterà un anticipo che non piacerà proprio allo stesso Rea, consapevole che gli spazi ampi non permettevano la giocata.
COPERTURA – Ultimo frame per analizzare il pareggio del Taranto, l’episodio che alla fine risulterà decisivo per il risultato finale. Cambio di gioco profondo su Bollino, sulla sua ricezione De Vito è distante e troppo molle sulle gambe. La differenza di baricentro fa il resto, il numero 10 scappa facilmente senza che il raddoppio possa essere utile. In mezzo succede il caos: Rea e Maccarrone sono in superiorità su Magnaghi, sull’accorrente Lo Sicco chiude Grifoni in diagonale mentre alle sue spalle arriva Nigro (riquadro blu). Il numero 4 pugliese è solissimo (cerchio giallo) data la mancata copertura di Foresta, con l’ex Catanzaro che arriverà in colpevole ritardo. Sbagliato gettare, però, la croce addosso al centrocampista calabrese perché tutto il sistema difensivo ha fallito nella circostanza. I due centrali raddoppiano su un solo avversario, lasciando Grifoni nella drammatica situazione di dover scegliere il male minore. Il terzino accorcia sul primo rimorchio, sul secondo spera che il compagno arrivi ma sa già che Foresta è in ritardo per tamponare su Nigro. Il problema nasce sul primo ribaltamento, quello che va a trovare Bollino, dove il Messina è già troppo largo e lungo. La squadra non riesce a mantenere le distanze, non si muove a fisarmonica e lascia una quantità di spazio attaccabile che risulterà letale. La sensazione è che il pari di Taranto sia una beffa, ad incidere è una traversa che fa mordere le mani, in realtà in Puglia il Messina palesa ancora grosse lacune nel sistema più delicato per una squadra.