La sconfitta del Messina sembra non fare più notizia. La trasferta sul campo della Turris era il primo, difficile, banco di prova per l’esordiente Oberdan Biagioni. Il cambio sulla panchina giallorossa era un destino necessario, quasi logico fin dai primi passi di Pietro Infantino alla guida del gruppo. Impossibile aspettarsi di più di quanto fatto al Liguori, il lavoro di Biagioni non può essere posto neanche al centro del dibattito, va anzi sollevato da qualsiasi responsabilità. A decidere la sfida in Campania sono stati i dettagli, quelli che spesso finiscono nel dimenticatoio fino a quando non tornano a ripetersi. La questione tattica può essere messa tranquillamente in secondo piano, evidente come per Biagioni l’abito giusto debba essere quello del 4-3-3. Una volta scelto il sistema bisogna comprendere la filosofia: la rosa del Messina è un mostro strano. Tanti nomi, poca sostanza e una incapacità di comprendere i motivi di tale rendimento. Porcaro e Cossentino finiscono sul banco degli imputati soprattutto per curriculum, anche se è probabilmente la sopravvalutazione dello stesso il grosso del problema. La stessa cosa potrebbe valere per Gambino o Rabbeni. La cosa più grave, forse, è l’aver già terminato la lista degli uomini chiave eccezion fatta per i sufficienti Arcidiacono e Genevier.
INCONSISTENZA – Il fattore over torna protagonista: già lo scorso anno il tema si spostò, in fretta, sul rendimento di chi avrebbe dovuto fare la differenza. Il paravento degli under crollò: tanto che alla fine furono proprio i Meo, Lia e Bossa a rendere il Messina di Modica una formazione credibile. Un anno dopo la musica non è cambiata, se non fosse per le prestazioni preoccupanti del giovanissimo Meo. Con un campionato in più sulle spalle era lecito aspettarsi di più, invece sono solo gli errori decisivi a legarsi al numero uno giallorosso. A Torre del Greco come con il Marsala, per Meo il problema più evidente sembra essere quello della sicurezza. Un 2000 va aspettato a prescindere: aiutarlo, capire e comprendere cosa turbi un calciatore che lo scorso anno diventò presto decisivo proprio per lo spessore caratteriale. Il tema over, però, è predominante: in difesa il blocco scelto dovrebbe regalare esperienza e stabilità, in realtà il numero di svarioni e pecche grossolane è imbarazzante. L’Acireale ha bivaccato sulle dormite di Porcaro e Russo, in Campania si è rivisto un Cossentino molle e in vena di regali. Un trio che in Serie D, onestamente, non rappresenta nessun lusso ma che ha l’obbligo di figure di una dignità diversa. Genny Russo in riva allo Stretto non aveva lasciato ricordi clamorosi, qualche anno dopo sono cresciute solo le presenze e non le capacità. Probabile che il ragazzo vada inserito in un contesto meno pressante, andrà ritagliato un ruolo da compiti elementari che potrà condurre senza patemi. Le maggiori responsabilità ricadranno su Porcaro e Cossentino: l’ex Rende appare spaesato, mai cattivo in contrasto e impaurito quando la sfera arriva dalle sue parti. Il potenziale è chiaro, va compreso cosa non stia funzionando e aiutare un ragazzo su cui fare sicuro affidamento. Per Cossentino il discorso è diverso: una carriera esplosa da giovanissimo, un lento retrocedere di categoria senza mai lasciare la traccia attesa. La Serie D è probabilmente stretta per lui, ma il rendimento è troppo simile a quello deludente fatto vedere troppo spesso in carriera. In discussione? Mai, anche perché non esistono alternative.
APPARENZA – Il Messina è una rosa ma non una squadra. La confusione sciottiana ha colpito ancora e lo ha fatto nel peggiore dei modi: senza apparire. Il presidente ha pasticciato troppo in fase di scelta, cambiare tante teste ha portato a una costruzione monca della rosa. Il Messina non ha alternative, vive di un gruppo ristretto di titolari e un paio di ragazzi che strappano la maglia per obblighi di regolamento. Porcaro, Cossentino e Russo non hanno alternative, numericamente la difesa non ha soluzioni tanto che tra Dascoli e Cimino si è assistito al “festival dei fuori ruolo”. Spostando l’obiettivo il discorso non cambia: in avanti si è fatta la collezione degli esterni, dimenticando l’importanza di un riferimento centrale. Gambino pascola in mezzo agli avversari, per caratteristiche è un calciatore da comprendere: fisicamente strutturato, non però un cannoniere che attira cross e giocate dei compagni. L’attacco è sterile e così rimarrà se non si troveranno giocate diverse: Gambino potrà lavorare come raccordo, a trovare la porta in maniera maggiore dovranno essere Arcidiacono, Rabbeni e Petrilli. Alle loro spalle c’è ben poco: lo scorso anno Modica si ritrovò un Mascari capace di finire la stagione in doppia cifra, un vuoto incolmabile in questa rosa.
FOSFORO – Le partite si vincono in mezzo al campo. Le stagioni difficilmente saranno brillanti senza una mediana di livello, senza chi costruisce e distrugge. Il Messina a centrocampo vive di adattamenti: Genevier è l’indubbio regista, la coesistenza con Bossa deve trovare concretizzazione per una crescita maggiore del livello tecnico. Il classe ’98 lo scorso anno trovò intesa con Migliorini, dovrà farlo anche adesso. Cocimano e Biondi sono armi tattiche preziose, l’importante sarà capire come e quando sfruttarli senza trovargli posto a prescindere dall’utilità, stante il fatto che Biondi è il ’99 imprescindibile. Anche a centrocampo c’è poco da discutere sulle scelte, anche se qualcosa va detta. Loris Traditi strappa maglie da titolare con una continuità incomprensibile: lento e impacciato già dalle amichevoli estive con Peppe Raffaele, sempre più un problema che un’alternativa. Anche contro la Turris molto male, non possono bastare le sue caratteristiche da calciatore di quantità per giustificarne l’utilizzo. Questo Messina è una sofferenza tattica, tecnica e caratteriale per chi ha il dovere di osservarlo e analizzarlo: i particolari fanno la differenza, vanno inseguiti, compresi e mai sottovalutati. Il quadro generale non è altro che la somma dei passaggi minimi, delle piccole attenzioni, dei dettagli.